Movimento Indigeno

Letture per accrescere se stessi...

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view post Posted on 15/1/2014, 16:03

Guida Spirituale

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Per Capire la Mente Dobbiamo Capire il Cervello
Guido Brunetti

La condizione necessaria per studiare la mente e la coscienza secondo la metodologia delle scienze è la loro “riduzione” a eventi fisici, neurali, cioè a fatti elettrochimici. Vita mentale, pensieri, idee, fatti consci e inconsci sono “prodotti” dal cervello. Che cosa sono io? Sono ciò che il cervello mi fa essere. Per le neuroscienze dunque mente e coscienza “coincidono” con il cervello (Hagner).

Il mondo appare alla nostra mente non nella sua realtà, ma in ciò che il cervello “trasmette” al nostro io, elaborando i dati degli organi di senso e coinvolgendoli dentro le aree cerebrali. Coscienza, autocoscienza, mente, conoscenza, emozioni, affettività, memoria, volontà, linguaggio sono tutti eventi dell’attività cerebrale. L’uomo è homo cerebralis (Hagner). Niente “senza il mio cervello” hanno dichiarato di recente in un Manifesto undici neuroscienziati tedeschi, aggiungendo- non senza un moto di ingenuità- che fra 20-30 anni sarà possibile chiarire ciò che ora è oscuro: mente, coscienza, libero arbitrio ( H. Monyer et al.).

Finora le neuroscienze hanno fornito un’imponente quantità di dati di notevole interesse senza tuttavia essersi avvicinate alla comprensione di come dalla materia emerga l’immaterialità della coscienza e della mente, cioè dello spirito. Sarà possibile alla mente- prodotto del cervello- “capirsi” fino in fondo? Punto di partenza è che per capire la mente, cioè noi stessi, “dobbiamo capire- scrive Francis Crick- il cervello”, ovvero come si comportano le cellule nervose e le loro molecole, e come interagiscono. Noi, dice, non siamo altro che “un involucro di neuroni”. La domanda di fondo, che secondo noi scandirà per sempre la ricerca in materia, è se la mente che studia se stessa sia capace di comprendere come “emerga” dal cervello, dal momento che essa stessa conduce l’indagine. Autorevoli neuroscienziati sono consapevoli dei limiti dello studio della coscienza e ritengono che il cervello umano, la “scatola nera”, “non potrà mai spiegare completamente le sue stesse operazioni” (F. A. von Hayek).

Le neuroscienze descrivono e identificano quali aree del cervello sono attive quando, ad esempio, agiamo, pensiamo o ascoltiamo un brano musicale. Ma la realtà di quegli stati d’animo, chiamati qualia, e la loro causa rimangono ancora oscure. Come sorga la coscienza dall’attività neurale permane ancora un mistero. In ciò secondo noi sta il grande fascino della ricerca neuroscientifica: il cervello proteso alla esplorazione di se stesso e della mente indotto dalla sua inesauribile e irrefrenabile sete di sapere. “Non ha colonne d’Ercole il pensiero” ha scritto Maria Luisa Spaziani. Dentro il cervello “dormono interi continenti”, il mondo “ è da creare”. Per Kandel il riduzionismo o fisicalismo delle neuroscienze non è una filosofia sulla quale discettare, ma un metodo.

Che serve a chiarire il rapporto fra la materia del cervello e la vita mentale. Idee, stati d’animo, valori, progettualità, sensazioni, qualia: tutto è riportato a meccanismi fisico-chimici. Presupposto infatti delle neuroscienze, per Kim, è che “ci deve essere un’esplicita corrispondenza fra ogni evento mentale e i suoi correlati neurali (NCC). La riduzione degli eventi mentali a eventi della materia cerebrale comporta quindi l’identità fra mente e cervello. I correlati neurali della coscienza e della mente (Neural Correlates of Consciousness) sono eventi- nota Gary- in parte genetici, in parte ambientali e in parte stocastici. Ogni esperienza modifica il cervello e la mente (Steiner). Il nostro io è un “divenire in perpetuo cambiamento”. Anche la visione del mondo che abbiamo cambia. L’uomo- rileva Plessner- vive “l’immediatezza di quanto fa l’impulsività dei suoi stimoli, tutti gli aspetti primordiali della sua presenza vivente, la possibilità di scelta, ma anche l’irragionevolezza dell’affetto e dell’istinto”.

Un meccanismo cerebrale “determina” una scelta, un altro “fa sentire” il rimpianto per l’errore o la gioia della conferma. Il cervello umano finora risulta l’oggetto “più problematico che esista al mondo (James) e fa di noi quello che siamo. Tutti possediamo- scrive LeDoux- i medesimi sistemi cerebrali e anche il numero di neuroni è pressoché lo stesso in ognuno di noi. Ciononostante, il particolare modo in cui quei neuroni sono connessi è diverso. E questa “unicità” è in sintesi ciò che ci rende quello che siamo. Un errore nella distribuzione dei neuroni può portare a ritardi mentali, epilessia, paralisi. Stati d’ansia, uso di farmaci e droghe, malattie infettive o metaboliche della madre possono poi influire sulla neurogenesi e sulla migrazione dei neuroni nel cervello del feto. Progressi importanti si sono fatti attraverso il metodo della visualizzazione di aree cerebrali, che consente di “localizzare” la coscienza dentro il cervello, ovvero permette di studiare il cervello nel momento in cui è attivo. Il limite della tecnica è quello di non rivelare ciò che nelle aree attive avviene.

Le neuroscienze sono concordi nel ritenere che il cervello è strutturato già al momento della nascita e che con le strutture cerebrali è trasmessa geneticamente la conoscenza innata. Fu una scoperta rilevante che le scimmie hanno paura dei serpenti già la prima volta che li vedono. La percezione tuttavia è più un processo di “creazione che di conoscenza, perché – chiarisce Edelman- “seleziona” e “rinforza” le strutture nervose congruenti con l’ambiente. Il quale, come abbiamo detto, “modifica” la struttura del cervello (plasticità del sistema nervoso). Uno dei meccanismi dell’interazione con il mondo esterno e con la nostra vita interiore è costituito dai neuroni specchio ( neuroni che si attivano sia quando osserviamo un’azione che quando siamo noi a compiere la stessa cosa) e dall’empatia, che è partecipazione emotiva a quello che accade attorno a noi, come ad esempio gioire o soffrire. Si ritiene poi che un’insufficienza dei meccanismi dei neuroni specchio sia all’origine dell’insorgenza dell’autismo. Il cervello perciò crea il mondo in cui viviamo. Vita mentale e coscienza sono “accessibili” alla nostra introspezione nella forma dell’autocoscienza, ma della maggior parte dell’attività cerebrale non siamo consapevoli.


Giunti a questo punto, ci troviamo di fronte a sfide incredibili. Qual è la natura del cervello che pensa? Come può la materia (il cervello) “generare” individualità diverse le une dalle altre? E’ possibile chiarire in termini neurali fisico-chimici che cosa significhi essere “coscienti”? A quali meccanismi è dovuta l’autocoscienza. E di che natura è la mente? Diciamo anzitutto che le neuroscienze, identificando mente e coscienza con il cervello, evitano di affrontare e portare a definitiva soluzione l’antico, fastidioso problema del rapporto mente-cervello, cercando di capire mente e coscienza in una realtà fisica. Una volta che la mente sia stata inclusa fra gli eventi del mondo naturale, “dobbiamo- sostiene McGinn- trovarle un posto”. Ma se la mente è un meccanismo elettro-chimico non è libera di “scegliere” tra opzioni diverse. E se le decisioni sono prese dal cervello, che è per l’appunto un oggetto fisico che obbedisce pertanto a leggi fisiche, la volontà non è libera. E allora in che senso si è responsabili?

Come si può dedurre, ricadiamo nell’annoso, complesso dilemma della causalità mentale e del libero arbitrio. Il problema- commenta Nozick- “ è così intrattabile, così refrattario a una soluzione chiara che dobbiamo affrontarlo da molte direzioni diverse”. E tuttavia, nessuno degli approcci e nemmeno l’insieme di tutti gli approcci possibili- aggiunge- “ si dimostrerà del tutto soddisfacente”. Secondo Gazzaniga, le basi su ciò che è lecito e ciò che non è lecito sono “innate” e trasmesse dal cervello che ha una struttura “preformata”, ma che tuttavia è anche capace di modificarsi con l’esperienza. Su questo modello euristico è nato un fecondo campo di studio, che ha come fondamento il concetto di “neurotihics”, termine introdotto nel 2003 da W. Safire. La sua concezione si basa su questi presupposti: 1. Il senso morale è “legato” alla fisiologia dei centri cerebrali ed è “regolato” da “una moralità universale” connessa con strutture cerebrali comuni a tutto il genere umano; 2. Con l’evoluzione del cervello è emerso il senso del bene e del male.

Studi recenti effettuati con la visualizzazione cerebrale hanno mostrato che nell’eseguire decisioni di carattere etico sono attive aree non solo frontali e orbito-frontali, ma anche temporali e parietali. Queste decisioni poi sono influenzate più dall’area emotivo-affettiva che da quella logica. La moralità- scrive Hauser- sarebbe perciò un insieme di istinti morali , “una grammatica morale universale” comune a tutti gli uomini. Concetto che corrisponde al Daimonion di Socrate e Platone, alla conoscenza innata della morale e della matematica di Leibniz, alla legge morale dentro di noi di Kant e al linguaggio universale di Chomsky. Sennonché l’uomo- rileva Gazzaniga- è anche capace di “immoralità orribili”, in quanto “intrinsecamente violento, amorale e dissennato”, fornito com’è di un “cervello rettiliano” (Mac Lean), una pulsione distruttiva e di morte (Tanathos) come corrispondente anatomo- fisiologico dell’Es di Freud, cioè degli istinti primordiali. Una realtà che Paul Mac Lean, uno dei maggiori studiosi della neurofisiologia moderna, ha scientificamente verificato e che Platone aveva intuito. Un’altra testimonianza- scrive Raffaello Vizioli- che “la vicenda umana (il cervello) è diacronica e sincronica”.

Le attuali conoscenze non hanno ancora dimostrato che dall’attività elettrochimica dei neuroni e delle aree cerebrali sia possibile dedurre quali siano i contenuti della mente e della coscienza. “Voi non siete che un pacco di neuroni” ha scritto Crick. Ma egli tralascia di chiedersi – osserva Benini- chi siano i noi che dovrebbero capire come funziona il “pacco di neuroni” che noi siamo, se non cellule nervose, altri pacchi di neuroni, in una regressione all’infinito. Di qui, l’impossibilità di chiarire la “contraddizione fra la natura rigidamente “determinata” della volontà secondo la concezione naturalistica delle neuroscienze, il nostro sentirci liberi e il sentirci costretti se la scelta ci è imposta. Il libero arbitrio, come aspetto della causalità mentale, è un evento che “sfugge alla mente che indaga” (de Caro). Il problema, irrisolto e verosimilmente irrisolvibile, verte insomma su come la mente sorga dalla materia del cervello. Ridurre la spiritualità alla materia è una questione per noi senza tempo destinato a impegnare duramente neuroscienziati, scrittori e poeti.

Nonostante i neuroni mirror , le neuroscienze rilevano che non è possibile raggiungere l’Io di un altro come è impossibile raggiungere il proprio. La ricerca sulla mente infatti è basata sull’ introspezione e dunque- dicono i neuroscienziati- non potremo mai “comprendere” e “penetrare” la nostra coscienza e quella degli altri, e cioè i qualia, gli stati d’animo con i loro correlati neurali, fisici. Misteri destinati a restare finora nascosti a noi stessi. Chi è la persona, anche la più cara, che ci sta di fronte forse non lo sapremo mai. In realtà, proprio perché la soglia della mente e della coscienza è ben lontana dall’essere stata “sfondata” è crescente l’interesse dei neuroscienziati a superare quegli ostacoli che appaiono ora insormontabili. Neuroscienziati americani di recente hanno sottoscritto un documento per far seguire al Decennio del cervello, chiusosi nel 1999, un Decennio della mente, poiché si sarebbe vicini a “capire” come la mente pensa, percepisce e agisce. Le neuroscienze hanno di fronte sfide incredibili e meravigliose. Sostenute dall’inesauribile sete di sapere del cervello, il quale dà vigore al fascino della ricerca. Il cervello non ha confini, è illimitato, non ha colonne d’Ercole il pensiero…

da www.altrogiornale.org/news.php?extend.8987

fonte www.neuroscienze.net/?p=3753

orso in piedi
 
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view post Posted on 16/1/2014, 17:15

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GIORDANO BRUNO
di Diego Fusaro (Filosofico.net)

Ho fatto quel che un vincitore poteva metterci di suo: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa a un'imbelle vita.

LA VITA E LA CONDANNA

Giordano Bruno (il suo vero nome era Filippo Bruno, ma assunse quello di Giordano entrando nell'ordine domenicano), ebbe una vita piuttosto movimentata: nato nel 1548 a Nola, presso Napoli (dove studiò e ricevette una prima formazione di stampo aristotelico), prese i voti, ma ben presto i suoi dubbi sulla dottrina trinitaria e su quella dell'incarnazione lo misero in contrasto con gli ambienti ecclesiastici. Allontanatosi da Napoli nel 1576, iniziò a peregrinare per l'Europa: prima a Ginevra, poi a Tolosa e a Parigi (ove godè il favore di Enrico III), dove ebbe inizio la sua produzione filosofica; quindi in Inghilterra (ove fu anche accolto dalla regina Elisabetta), dove insegnò ad Oxford e in questo periodo effettuò la stesura dei dialoghi italiani e di alcune opere latine. Ritornato a Parigi, nuovi contrasti con gli ambienti universitari legati alla tradizione aristotelica lo costrinsero a trasferirsi in Germania, dove insegnò a Marburgo, Wittemberg e Francoforte e completò le opere latine.

Accettata infine l'ospitalità del nobile veneziano Giovanni Mocenigo, nel 1592 fu da questi denunciato all'Inquisizione e fatto arrestare per i suoi dubbi sulla funzione della religione e i sospetti di eterodossia gravanti sulle sue dottrine. In un primo tempo riuscì ad evitare la condanna con una parziale ritrattazione, ma nel 1593 fu trasferito all'Inquisizione di Roma e, dopo sette anni di carcerazione, fu condannato a bruciare sul rogo a Campo dei Fiori (Roma) il 17 febbraio del 1600: l'imputazione mossagli fu di dubitare della trinità, della divinità di Cristo e della transustanziazione, di voler sostituire alle religioni particolari la religione della ragione come religione unica e universale e di affermare che il mondo é eterno e che vi sono infiniti mondi. Giordano Bruno é uno di quei pensatori diventati famosi per via di vicende in parte estranee alla loro filosofia; é uno di quelli che ha avuto vicende "disgraziate", é un martire del pensiero, un pò come Socrate: fu infatti processato dalla Chiesa cattolica e infine condannato a bruciare sul rogo. Giordano Bruno fu di carattere particolarmente irrequieto e, come detto, fin dall'inizio non si sentì convinto da alcune verità dogmatiche della chiesa cattolica e finì per abbandonare i voti e distaccarsi dalla chiesa cattolica.

Durante le sue peregrinazioni arrivò a simpatizzare per la causa calvinista per ovvi motivi: gli sembrò essere una protesta ai danni della chiesa cattolica nella sua dimensione istituzionale; del calvinismo colse quindi soprattutto il messaggio "liberatore". Comunque poi abbandonò questa simpatia per il calvinismo e, paradossalmente, tornò indietro sui suoi passi accettando alcuni valori della dottrina cattolica. Da notare che il suo processo é durato diversi anni, il che testimonia che l'inquisizione romana non era poi così efferata e malvagia come si può pensare, a differenza di quella spagnola. Dove e quando potevano i giudici della chiesa romana cercavano delle vie di compromesso: c'era una "buona volontà" nella chiesa cattolica che trovava qualche appiglio nelle posizioni di Giordano Bruno: fu lui che non ebbe alcuna intenzione di rinunciare ai principi di fondo della sua "dottrina" e quando si trovò al momento della decisione finale preferì morire ma mantenere le sue posizioni. Ci doveva pur essere qualcosa che poteva dare adito a un confronto e a un dialogo con la chiesa cattolica se ci misero quasi otto anni a ucciderlo: la parziale accettazione del cattolicesimo, sulla base essenzialmente di posizioni averroistiche: anche con la fede si può raggiungere la verità, sebbene si tratti di una verità di second'ordine rispetto a qella filosofica, una verità insomma destinata alla massa, al volgo.

Giordano Bruno, comunque, era convinto che le religioni potevano essere buon strumento per far acquisire alla "massa" alcune verità, magari meno precise e più discutibili, e soprattutto potevano essere strumento di controllo delle masse; é evidente che Giordano Bruno rientra pienamente nell'aristocraticismo intellettuale propugnato da Averroè. E'ovvio che questo per i giudici dell'inquisizione non bastava per salvarlo, ma in fin dei conti poteva essere un buon punto di partenza per una sorta di trattativa. Dovendo poi scegliere tra le religioni, quella che maggiormante si confaceva alle istanze di Giordano Bruno era il cattolicesimo e non certo il calvinismo, per vari motivi: innanzitutto quella di Calvino era essenzialmente una protesta e non solo intellettuale (come voleva Giordano Bruno), ma anche "fisica": il calvinismo divenne vero e proprio strumento di guerra e di disordine ed é quindi comprensibile che Giordano Bruno preferisse il cattolicesimo, che se non altro si prefigurava come strumento di pace. In più Giordano Bruno non poteva accettare l'idea della predestinazione tipica del calvinismo: principio ispiratore della filosofia di Bruno é proprio la libertà e l'idea di essere predestinati dall'eternità non lasciava ad essa grande spazio.
Fatte queste premesse, é ovvio comunque che la Chiesa si comportò con Bruno (e con molti altri) in modo subdolo e riprovevole, condannando a morte una persona solo perchè sostenitrice di idee diverse; qualunque cattolico non può non riconoscere la meschinità di questa condanna, di questo gesto che ben sintetizza l'atteggiamento della Chiesa nel corso della storia; altri fulgidi esempi di questo scempio cattolico sono il Savonarola e il pugliese Cesare Vanini, in un certo senso precursore dell'illuminismo. Ben diverso é poi l'esito del processo di Bruno rispetto a quello di Galilei: Bruno é condannato, Galileo abiura, ossia firma un documento dove c'é scritto che le sue teorie sono false e viene così salvato. Galileo é stato più volte criticato perchè pur di salvare la pelle ha fatto per così dire "marcia indietro", rinunciando alle sue teorie. In realtà c'é una questione di fondo: la diversità degli atteggiamenti di questi due intellettuali, Giordano Bruno e Galilei, nasce non solo da diversità caratteriali, ma anche dagli ambiti di interesse dei due. Galilei é uno scienziato più che un filosofo: questo é significativo perchè la filosofia può aver bisogno di martiri perchè in qualche modo é una verità soggettiva, che va vissuta, non é un fatto meramente teoretico; non é la verità matematica, inconfutabile e solida: detto in altri termini, di Galilei ci ricordiamo malgrado la sua figura, ma Bruno, se avesse abiurato, avrebbe senz'altro avuto meno importanza nella storia del pensiero. Non a caso questi personaggi "martiri" come Socrate, Anassagora sono tutti personaggi per i quali la testimonianza che hanno dato diventa un elemento della loro filosofia:

Socrate aveva ben ragione a suo tempo a dire di non poter fare "marcia indietro ", perchè sarebbe stato come negare tutto ciò che per una vita intera aveva sostenuto. Invece ha ugualmente ragione Galilei a dire il contrario, tant'é che si racconta che uscito dal tribunale dove aveva firmato il documento di abiura scalciasse contro la terra dicendo: "eppur si muove!", che é come dire: "io ho firmato il documento, sono salvo e posso proseguire i miei studi, però la verità da me sostenuta continua ad essere vera: la Terra continua a muoversi anche se io ho effettuato questa scelta!". In un certo senso Galilei ha fatto bene ad agire così perchè tanto le sue verità sono emerse nonostante la condanna e inoltre, dopo il documento di abiura, ha scoperto nuove verità che non avrebbe potuto scoprire se messo sul rogo. Questo non sarebbe certo stato valido per Socrate o per Bruno; egli é diventato simbolo della libertà di pensiero, un simbolo strano si dovrebbe aggiungere, in quanto c'é spesso stato chi di lui ha fatto un eroe laico, il che é vero fino ad un certo punto: é vero che é andato contro alla chiesa cattolica, però poi il contenuto della sua filosofia é tutto fuorchè laico. In modo simile a Socrate, Bruno preferì terminare la propria esistenza in modo eroico e coerente piuttosto che rinnegare i suoi ideali e condurre una vita che avrebbe perso di significato: "Ho lottato, é molto: credetti poter vincere (ma alle membra venne negata la forza dell'animo), e la sorte e la natura repressero lo studio e gli sforzi. E'già qualcosa l'essersi cimentati; giacchè vincere vedo che é nelle mani del fato. Per quel che mi riguarda ho fatto il possibile, che nessuna delle generazioni venture mi negherà; quel che un vincitore poteva metterci di suo: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa a un'imbelle vita. "(De monade, numero et figura).


L'INFINITA' DELL'UNIVERSO
Esaminiamo ora i contenuti veri e propri della sua filosofia: Bruno é uno strenuo sostenitore della infinità dell'universo; uno degli aspetti della rivoluzione scientifica fu la rivoluzione astronomica, ossia le nuove teorie sulla struttura dell'universo. Con Copernico dalla teoria geocentrica si passò a quella eliocentrica, un radicale cambiamento di punto di vista: certe cose non potevano essere spiegate guardando dalla Terra, e così Copernico passò ad esaminare dal Sole, cambiando appunto il punto di vista. E'importante l'impatto che ebbe sul mondo questa teoria: ci fu chi la rifiutò perchè faceva letteralmente paura perchè dava il senso di perdita di punti di riferimento: da Aristotele in poi si era abituati all'idea di un mondo finito posto al centro dell'universo con punti di riferimenti assoluti. Con Copernico non si arriva ad affermare l'infinità del mondo, ma si vengono a "scardinare"alcuni punti di riferimento, primo fra tutti la centralità della Terra. Molte persone videro subito nelle teorie di Copernico qualcosa che faceva traballare non solo la Terra ma anche l'uomo, che non era più il centro; con Copernico i centri di rotazione diventano due: il Sole é centro di rotazione dei pianeti e la Terra é centro di rotazione della Luna; per la prima volta non c'era più un centro assoluto e ammettere due centri é un primo passo per arrivare a dire che di centro non ce n'é proprio nessuno!

Son tutte cose che psicologicamente fan paura alla gente comune. Ci fu anche chi accolse positivamente l'ipotesi copernicana, essenzialmente per due motivi: scientificamente era più vera e quindi Galilei non tarderà ad accettarla, poi chi la accettò, come Bruno, non per motivi scientifici (basti pensare che quando Bruno ne parla nelle sue opere pare avere le idee un pò confuse a riguardo: ha sì compreso le linee essenziali del pensiero di Copernico, ma non perfettamente), bensì per motivi sociologici: gli interessa esattamente ciò che impauriva gli altri; prende la teoria copernicana come punto di partenza e non di arrivo, cioè a differenza di Copernico stesso che (ricordiamolo) aveva negato l'infinità dell'universo, Bruno accetta la teoria come punto di partenza per ammettere l'infinità dell'universo. Ma come faceva la teoria copernicana a consentire l'infinità dell'universo? Ammettere due punti di rotazione é un primo passo verso l'ammissione di più punti di riferimento assoluti e in qualche modo già questo lascia intravedere la possibilità di una infinitezza: quale era il ragionamento di Aristotele per dire che il mondo é finito? Diceva: se prendo una penna e la lascio cadere va per terra, verso il suo luogo naturale; dalla presunta constatazione dell'esistenza di moti e di luoghi naturali allora deve esistere un centro assoluto: perchè ci siano un alto e un basso assoluti ci deve essere un mondo finito; se il mondo fosse infinito non ci sarebbero alto e basso, diceva Aristotele.

Copernico quindi aveva posto le premesse per dimostrare la infinitezza del mondo. Poi c'é un'altra faccenda: l'universo aristotelico é finito e piuttosto piccolo: la distanza tra la Terra e il cielo delle stelle fisse (la "pelle" del mondo) era circa due - tre, magari anche dieci volte quella che separa la Terra dal Sole. Invece Copernico deve fare i conti con un'obiezione, quella dell'inesistenza dell'effetto di parallasse: supponiamo di ammettere la teoria aristotelica che vuole la Terra ferma: il cielo delle stelle fisse si muove e la Terra sta ferma. Se ci muoviamo nell'ambito della teoria Copernicana la Terra si muove intorno al Sole: i rivali di Copernico lo criticavano perchè se fosse stato vero ciò che diceva lui noi dovremmo vedere (per l'effetto di parallassi) le stelle in modo diverso a seconda delle stagioni, ossia a seconda di come é orientata in quel momento la Terra intorno al Sole, ma visto che ciò non accade, allora la Terra é ferma: a quei tempi infatti si era arrivati a capire che il cielo delle stelle fisse fosse fermo e se quindi la Terra fosse stata in continuo moto si sarebbe dovuto vedere il cielo delle stelle fisse "muoversi", o meglio, cambiare di posizione. Copernico fu quindi costretto a dire che l'effetto di parallassi c'era ma era talmente piccolo che non si vedeva e quindi dovette aumentare la grandezza dell'universo, la distanza Terra-stelle fisse: la Terra si muove, diceva Copernico, e l'effetto di parallassi c'é, solo he il cielo delle stelle fisse é così distante da noi che manco ce ne accorgiamo.

Copernico continuava sì a riconoscere finito l'universo, ma esso diventava comunque enormemente più grande, in altre parole apriva la strada per il mondo infinito. Bruno non fa altro che sfruttare queste considerazioni per dire che il sistema copernicano é giusto e per sostenere positivamente l'infinità dell'universo. Quello che per i più era segno di smarrimento e perdita di riferimenti, per Bruno diventa punto di partenza per una visione liberatoria dell'universo: l'universo finito per lui sarebbe stato troppo piccolo per lasciare spazio alla libertà dell'uomo: l'universo finito fisicamente per Bruno é una casa ma anche una gabbia, quello infinito non può più essere una casa ma neanche più una gabbia e questo a Bruno piace. L'idea del mondo infinito dà l'idea di un'infinita libertà umana. Comunque Bruno propone anche argomentazioni scientifiche a supporto dell'infinitezza del mondo, che ricalcano quanto già avevano detto Ockham e Cusano: Ockham aveva detto che il mondo é finito, ma che nella sua onnipotenza Dio avrebbe potuto farlo infinito; Cusano in modo un pò ambiguo (doveva essere compatibile col cristianesimo) diceva che la causa infinita non può che estrinsecarsi in un effetto infinito e diceva anche che il mondo é infinito nel senso che é somma infinita di enti finiti.

Invece Bruno dirà una volta per tutte che l'universo é infinito proprio perchè effetto di una causa infinita; non solo, ma se esaminiamo la questione in termini cusaniani, ossia se il centro dell'universo può essere identificato con qualsiasi punto dell'universo stesso (dato che la concezione dell'universo come contrazione di Dio conduce Cusano a vedere in esso la stessa infinità di Dio), la sua circonferenza, cioè il suo confine, non può essere determinato ed esso si estende in misura ugualmente indeterminata da ogni lato: quindi la caratteristica principale dell'universo non é il suo confine, ma la sua illimitatezza, e se esso si estende all'infinito, così anche la vita che in esso pullula si propaga all'infinito: per Bruno ci sono due generi di corpi nel cosmo, i soli e le terre: i primi luminosi ed ignei, le seconde cristalline o acquee e lucide: il fatto che noi vediamo solo i soli (ossia le stelle) e non le terre, dipende esclusivamente dal fatto che gli uni son grandi e le altre, molto minori, son rese invisibili dalla distanza. Non c'é altra diversità di natura e di dignità tra gli astri: "si noi fussimo ne la luna o in altre stelle, non sarreimo in loco molto dissimile a questo, e forse in peggiore "(La cena de le Ceneri). Comuni a tutti gli astri sono il movimento, i motori, la materia e lo spazio in cui si muovono. Il loro moto é circolare. Infiniti sono i soli e infinite le terre: credere che esistano solo i pianeti che già conosciamo é come credere che esistano solo gli uccelli che passano davanti alla propria finestra!

Con le sue affermazioni Bruno sapeva bene di andare a finire nel panteismo (ossia che Dio e il mondo sono la stessa cosa), ma il suo rapporto con la religione era ben diverso da quello di Cusano, che lavorava all'interno della Chiesa stessa. Se Bruno nutre grandi simpatie per la teoria copernicana, che apre le porte all'infinitezza del mondo, egli non può che disapprovare le dottrine di Aristotele per diversi motivi: in primo luogo Bruno é un umanista e tipica dell'Umanesimo é l'avversione nei confronti dello Stagirita in quanto filosofo preferito dei Medioevali; in secondo luogo Aristotele aveva strenuamente sostenuto la finitezza dell'universo; nel De immenso, composto in Inghilterra nel 1583, Bruno, difendendo l'infinitezza dell'universo, designa Aristotele come "il Sofista", anzichè "il Filosofo" come erano soliti chiamarlo i Medioevali: proprio come i sofisti, che partendo dal presupposto che la parola può tutto, dimostravano le cose più strampalate e distanti dal vero, così Aristotele (che sempre nel "De immenso "Bruno definisce" ministro della stoltezza") dimostra la finitezza dell'universo. Nella Cena delle ceneri (Inghilterra, 1584) Bruno critica le tesi del teologo luterano Osiander, che, nella prefazione anonima al De revolutionibus orbium coelestium, sostiene che il modello astronomico eliocentrico non ha valore fisico e cosmologico, essendo soltanto un’ipotesi astronomica, modello geometrico utile per spiegare congetturalmente i fenomeni celesti. Questa interpretazione, sostenuta dai professori inglesi calvinisti, riduce il contrasto della teoria con la lettera della Sacra Scrittura.

Contro di essa Bruno afferma la verità fisica e cosmologica dell’eliocentrismo, tentando di mantenersi su di un piano esclusivamente filosofico, non volendo affrontare la questione (teologica) della concordanza tra eliocentrismo e Bibbia. Nella Cena la critica si indirizza innanzitutto contro le premesse filosofiche del geocentrismo. Vengono presi di mira i capisaldi della fisica aristotelica, allo scopo di confutare gli argomenti tradizionali contro il movimento della terra: Bruno perviene a principi quali quello di relatività dei movimenti e di inerzia. Detto questo, Bruno cerca di spiegare che rapporto c'é tra universo e Dio: si serve dell'esempio della statua, già usato da Aristotele. Il rapporto tra Dio e il mondo é lo stesso rapporto che c'é tra lo scultore e la statua: se io guardo la statua, essendo essa effetto dello scultore, io conoscendo la statua conosco in qualche misura anche lo scultore; ma non lo conosco totalmente perchè nella statua ci mette una parte di sè, non tutto se stesso: rimane una parte che é inconoscibile. Bruno fa anche una distinzione tecnica tra due parole, nella sua opera "Della causa principio ed uno".

C'é differenza tra dire causa e dire principio: causa é quando qualcosa produce restando fuori dalla cosa prodotta ("ciò che concorre alla produzione delle cose esteriormente, ed ha l'essere fuor de la composizione"), principio é quando qualcosa é parte di ciò che ha prodotto ("ciò che intrinsecamente concorre alla costituzione della cosa e rimane nell'effetto"): per esempio nelle famose quattro cause di Aristotele, la causa materiale e quella formale sono principi perchè generano la cosa e ne fanno parte; quella efficiente no perchè sta fuori dalla cosa prodotta. Lo scultore in questo senso é causa e principio contemporaneamente perchè agisce dall'esterno, ma qualcosa di sè all'interno della statua lo lascia. Lo stesso discorso vale per il rapporto Dio - mondo: il mondo é l'effetto di Dio. Dio ha prodotto nel mondo e in qualche modo é quindi presente nel mondo, nulla impedisce tuttavia di pensare che Dio non si sia "esaurito" nel creare il mondo: mantiene una sottile distinzione Dio-mondo.

Il mondo é sì un'estrinsecazione di Dio, ma ciò non significa che Dio sia tutto solo nel mondo. Però Bruno faceva questa aggiunta: come filosofo posso conoscere solo ciò che Dio ha messo di sè nel mondo: nel mondo colgo la presenza di Dio. Non posso però, come per la statua, conoscere tutto Dio, posso conoscere come Dio si é espresso nell'universo. Non posso conoscere Dio in sé, ma posso conoscerlo come presente nel mondo: si parla di "Deus super omnia " e "Deus insitus omnibus": l'idea di un Dio che sta sopra all'universo ma che vi sta anche dentro. Allora Bruno diceva che quello che é Deus super omnia l'uomo non può conoscerlo (a meno che Dio non glielo voglia far sapere tramite verità rivelate, alle quali peraltro Bruno non pare dare molto peso); come filosofo posso conoscere Dio solo nella misura in cui si é calato nell'universo: questo consente a Bruno di poter dire che non si può parlare del Dio che non si é calato nell'universo: non può (perchè la ragione non può arrivare a tanto) e non vuole (perchè non nutre interesse per la questione). Bruno ammette che Dio esista come super omnia, ma fino a che punto il suo discorso era sincero? Probabilmente era solo una scusa quella che il Dio super omnia non lo si può conoscere e quindi non se ne può parlare perchè forse Bruno credeva solo in quello insitus omnibus.

BRUNO, PLOTINO, CUSANO E GLI STOICI
Esaminiamo le differenze tra gli atteggiamenti di alcuni pensatori in qualche modo "vicini"a Giordano Bruno per quel che riguarda le idee filosofiche: quella di Plotino, quella di Cusano, quella degli Stoici e quella di Bruno sono infatti tutte filosofie con forti tendenze immanentistiche o addirittura panteistiche, pur con varie differenze e sfumature tra loro. La filosofia di Plotino si reggeva su un equilibrio tendenzialmente instabile perchè aveva aspetti sia trascendenti (le idee), sia immanenti (le cose sensibili, riflesse dall'anima): egli per descrivere il rapporto Dio-mondo si serviva della metafora della fonte: Dio é la sorgente che genera le cose sensibili (che sono il corso d'acqua): la fonte é radicalmente altra cosa dal ruscello e quindi c'é la trascendenza, ma il legame ruscello - fonte é davvero stretto, indisgiungibile: per qualche verso la fonte si identifica nel ruscello, é presente in esso: non c'é il rapporto creazionistico che separa creatore e creatura (e che é il fondamento stesso del Cattolicesimo) e ciò che viene "emanato" dalla fonte é sempre legato alla fonte stessa. Il risultato é che c'é un equilibrio instabile tra immanenza e trascendenza. Cusano, dal canto suo, riprendendo queste teorie, accentua la trascendenza perchè insiste sul concetto di "contrazione", ossia il concetto che gli serve a mantenere netta la distinzione tra mondo (massimo contratto) e Dio (Massimo assoluto); in altre parole Cusano rende Plotino compatibile al cristianesimo e al creazionismo, introducendo il concetto di contrazione.

Giordano Bruno fa in un certo senso lo stesso lavoro, ma in senso contrario: certamente recupera parecchi elementi cusaniani, per esempio la coincidentia oppositorum con tutte le sue articolazioni; però c'é una grande differenza tra i due: mentre Cusano, infatti, porta Plotino in una direzione (la trascendenza), Bruno lo porta in quella opposta, ossia verso l'immanenza. Per dirla con uno slogan, Bruno é Cusano senza la contrazione, cioè tende a ridurre al minimo, fino ad eliminare la differenza tra creato e creatore e a creare il rapporto di creazione: Dio é causa ma é anche principio, ossia é una causa che resta "dentro" a ciò che causa. C'é sì in Bruno sullo sfondo l'idea di un Dio trascendente, come detto, ma lui di fatto non se ne occupa perchè convinto che per l'uomo sia impossibile occuparsi di un qualcosa che non può assolutamente conoscere (con la ragione). Questo, tra l'altro, permette di effettuare un collegamento Bruno - Telesio: Telesio scrisse l'opera "La natura spiegata secondo i suoi principi" dove diceva che é vero che ci sarà un Dio che crea la natura, ma non importa: a lui interessava studiare la natura e non Dio. E'esattamente il discorso che fa Bruno, in chiave più religiosa: può darsi che ci sia un principio soprannaturale, ma io non me ne occupo. Magari c'é un Deus super omnia, ma non é oggetto di filosofia, tutt'al più di fede.

L'unico Dio che veramente c'é per l'uomo, e ancora di più per il filosofo, é il mondo, il Deus insitus omnibus. Cusano diceva "in Dio ci sono determinate cose, nel mondo ci sono ma in maniera diversa, non più assoluta": la Trinità c'é in Dio e c'é anche nel mondo sotto forma dei tre momenti in cui si articola il moto. Bruno invece dice che tutto ciò che si può affermare di Dio lo si può affermare anche del mondo, perchè essi finiscono per essere la stessa cosa. In Bruno poi c'é anche qualcosa di stoico: é infatti il tipico autore umanista che recupera tutto ciò che non sia aristotelico e che quindi recupera pure gli stoici. La sua, infatti, é certamente come quella stoica una concezione immanentistica; c'é anche nella tradizione stoica l'idea che libertà e necessità coincidano: la vera libertà umana per loro non é il libero arbitrio, ossia il poter scegliere questo invece di quello, ma la capacità dell'uomo di adattarsi alla razionalità del tutto (il Logos), farsi governare dalla propria natura intrinseca. Gli stoici ammettono la coincidenza degli opposti, perchè dire che necessità e libertà, che sono due concetti antitetici, coincidano significa proprio effettuare una identificazione degli opposti. Ma ci sono anche diversità tra Bruno e stoici: la posizione stoica é panenteistica (Dio é dappertutto), ma non panteistica: il mondo non si identifica totalmente con Dio, é la forma del mondo che si identifica con Dio; per loro la forma e la materia sono uniche e la forma é proprio il Logos, o Dio che dir si voglia: Dio é dappertutto perchè in ogni cosa c'é la forma, la quale é espressione del Logos.

Invece in Bruno questa distinzione é assente: in Bruno non c'é Dio che si identifica con la forma e accanto la materia; in Bruno non c'é opposizione materia - forma e quindi la sua attenzione é totalmente rivolta al mondo, che si identifica con Dio; quella di Bruno é quindi una concezione radicalmente panteistica perchè tutto il mondo é Dio, non solo nei suoi aspetti formali, ma anche in quelli materiali. Motivi plotiniani sono anche coglibili nel De umbris idearum: egli muove dal presupposto neoplatonico dell'inconoscibilità dell'essenza divina, a cui tuttavia l'uomo si avvicina, come l'ombra, partecipe della luce e delle tenebre, si avvicina alla luce: dal quale presupposto si svolgono i due processi opposti del descensus da Dio all'uomo e del conseguente ascensus mistico dall'uomo a Dio: nel De umbris idearum compare la famosissima asserzione "umbra profunda sumus"; le idee vengono analizzate in rapporto alle ombre e in se stesse. Di qui si sviluppa un’arte della memoria. La conoscenza umana è strutturalmente umbratile, non può conoscere la verità, guardare in faccia Dio (questo tema verrà ripreso e ribadito nel De la Causa, per cui della divina sustanza nulla possiamo conoscere se non per modo di specchio, ombra o enigma; e nei Furori: non possiamo vedere Dio se non come in ombra e specchio).

Vediamo platonicamente la realtà come l’ombra che si proietta sul fondo della caverna, alla quale volgiamo le spalle sin dalla nascita. Le idee umane, ombre dell’eterna idea, possono essere pensate, e ricordate, solo se rivestite di forme sensibili, adeguate ai nostri sensi. Esse sono un ponte tra luce e tenebre, e consentono di cogliere l’unità della realtà e gli intimi legami da cui essa è permeata. Dal punto di vista delle idee, non vi è alcun aspetto della realtà che non abbia valore, esse connettono infatti i massimi e i minimi. Si dà così (contro i peripatetici) scienza del singolare e del particolare. Bruno stravolge qui la tradizione filosofica occidentale attraverso il tema dell’ombra: in ambito gnoseologico, ontologico, cosmologico. Dal nesso ombra-luce, nei dialoghi italiani scaturiscono l’universo, la differenza tra Dio e universo, tra infinità e infinità. Sul piano etico della natura umbratile si svilupperà, attraverso il tema del limite, l’eroico furore. Nel De Umbris compare anche il tema ermetico dei Mercuri inviati dagli dei, con i quali Bruno finirà per identificarsi. L’ars memoriae si concentra sull’idea secondo cui nell’universo è presente e operante una trama di intrecci, combinazioni, acquisibile tramite un sapere operativo in grado di conoscere e trasformare. Vi è un profondo nesso tra mnemotecnica e magia. Questa stessa ars memorie ricompare poi nel Cantus Circaeus, in forma di compendio (e che con alcuni tagli ricompare nell’Ars reminiscendi pubblicata in Inghilterra).

È inoltre alla base del rinnovamento religioso e politico dello Spaccio e della Cabala. Una crisi della memoria, in rapporto all’umbratilità, si sviluppa come scissione all’interno della natura, tra essere e apparire.. Nel Cantus circaeus affiora il tema della crisi che travaglia il mondo. Circe osserva come si siano rotte le leggi della natura, la giustizia e la virtù siano venute meno. Si è spezzato alla radice il nesso tra essere e apparire (nesso che verrà ristabilito nel De la causa in senso ontologico e cosmologico, e nello Spaccio in senso storico e “religioso”), tra l’essere e i caratteri con cui l’essere si manifesta. Circe si accinge a ristabilire l’armonia tra essere e apparire, tra anima e corpo. Trasforma dunque gli uomini in quello che essi effettivamente sono, e li priva delle armi essenziali al loro malefico dominio. Ridotti a bestie, restano senza lingua e senza mano, senza gli strumenti con cui avevano spezzato le leggi naturali e l’armonia: ciò che appare (i caratteri) coincide con ciò che è. Dall’analisi dei caratteri manifesti è quindi possibile individuare l’uomo (il tipo) che si cela sotto le forme animali. L’esempio del porco (che, secondo il Mocenigo, durante il processo a Bruno rappresenta il papa), è comprensibile tramite una presentazione mnemotecnica dei suoi caratteri. Ma questa forma di neoplatonismo, acquisito dalla tradizione e scevro di importanti novità, é la parte meno originale del pensiero bruniano.

Interessante é invece la commedia il Candelaio, nella quale Bruno avvia una riflessione generale sulla civiltà umana. Come ciascun mondo nell'universo é centro e circonferenza, così per similitudine ogni uomo é strumento di un unico infinito che lo condiziona, ma che é a sua volta condizionato dalla realizzazione all'infinito di ciascuna potenzialità umana. L'uomo cosciente di ciò realizza con successo le sue capacità infinite nella creazione artistica, o nell'azione finalizzata al bene comune. Nell'idea di civiltà umana guidata da Dio, sono infiniti anche i possibili sviluppi di ciascun uomo verso una rinnovata convivenza pacifica ed é "infinitamente infinito" il bene che l'uomo può raggiungere imitando nel mondo le operazioni di Dio nella natura. Inoltre il Candelaio riprende il motivo del tempo, della crisi e delle idee. Qui Bruno scrive: "Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa s’annichila; è un solo che non può mutarsi, un solo è eterno, e può perseverare eternamente, uno, simile e medesmo". Questa è la filosofia che “aggrandisse” l’animo. La vicissitudine universale è un alternarsi di luce e tenebre, di ignoranza e sapienza. Emerge ancora il ruolo dell’ombra. In essa è radicata la felicità del sapiente, non quella del furioso. L’eroico furore è invece il rovesciamento esatto di questa consapevolezza dello scioglimento della crisi, di questa felicità e sapienza. Il furioso si pone infatti su un estremo, su un oltre, forzando il limite entro cui si salda la virtù del saggio.


IL SUPERAMENTO DEI DUALISMI
Stabilito che Bruno é più panteista di tutti gli altri filosofi esaminati e che di Plotino accentua soprattutto l'immanenza della realtà, dobbiamo ora vedere il rapporto tra Dio e cose, tra l'infinito e il finito: é il classico problema presente fin dalle origini della filosofia del rapporto uno - molti. In Bruno uno e molti finiscono per essere la stessa cosa perchè il principio é tutto interno al mondo; ma allora che rapporto intercorre tra il principio e le cose che da esso si articolano? Per capirlo possiamo fare riferimento ad un'immagine che propriamente é di Spinoza, il quale é un filosofo che si richiama palesemente al panteismo bruniano; si capisce che non é un'immagine di Bruno perchè é "matematica" e in fin dei conti l'uso che fa Bruno della matematica é puramente "magico": non a caso il suo processo comincia con l'accusa da parte del nobile veneziano che lo ospitava e pare che egli lo abbia denunciato per dispetto, in quanto Bruno gli aveva promesso di insegnargli la magia - matematica, ma lui era insoddisfatto degli insegnamenti. Al di là di questa vicenda personale, é interessante notare l'interessamento di Bruno per la magia, ossia la capacità di trasformare la realtà.

Nel De Monade numero et figura tra numeri e figure si stabilisce un nesso organico che permette di conoscere la realtà trasformandola: tramite caratteri immagini e sigilli, tramite le strutture che regolano il ritmo. Conoscere i rapporti numerici e le figure geometriche significa individuare le proprietà delle cose, capire il loro significato nell’ordine del mondo, poter agire (e agire effettivamente) sulle cose. Però da un passo di Bruno emerge che cosa egli effettivamente intendesse per magia; il passo dice: "grande magia sarebbe quella di uno che fosse in grado di passare dall'unità alla molteplicità e dalla molteplicità all'unità". La magia é da lui intesa come capacità di cogliere i meccanismi secondo i quali l'unità si articola nella molteplicità, e la molteplicità é tutta "ricomposta"nell'unità. Si tratta del vecchissimo problema che risale alle origini della filosofia: già Talete diceva che il principio fosse l'acqua e in qualche modo doveva spiegare in che senso essa poteva diventare tutte le cose e in che senso tutte le cose erano acqua: come possono l'uno e il molteplice collegarsi tra loro?

Bruno affrontava la questione sfruttando teorie pitagoriche, ma questo non riusulta particolarmente interessante. Torniamo ora all'immagine di Spinoza che ben spiega la questione: é un'uso metamatematico, alla Cusano: "il mondo e tutte le sue articolazioni (i modi) derivano dall'unica sostanza divina come le proprietà del triangolo derivano dall'essenza del triangolo": questa immagine che di non bruniano ha solo l'uso metamatematico é particolarmente significativa perchè fa capire come il passaggio dall'uno al molteplice non implichi un "uscir fuori" del molteplice dall'uno: il passaggio dall'uno ai molti era sempre stato visto come un esteriorizzarsi dell'uno: per esempio, in Plotino quando l'essere usciva dall'Uno manteneva pur sempre un legame con esso, un "peduncolo", tuttavia la fonte non era il ruscello; stesso discorso valga per Cusano; invece pensiamo al triangolo e alle sue proprietà e ai suoi teoremi: ragionando sull'essenza del triangolo, per dire, posso arrivare a dimostrare che la somma degli angoli interni vale 180 gradi.

Allora é chiaro che dall'unica essenza del triangolo faccio venir fuori cose che erano implicite; in fondo é l'idea cusaniana dell'esplicazione e della complicazione: tutto é complicato nell'essenza del triangolo e poi si esplica sotto forma di teoremi, proprietà, ecc. Però una diversità rispetto a Cusano c'é: la contrazione di fatto non c'é, non c'é un uscir fuori, un distaccarsi del mondo rispetto a Dio: i teoremi non stanno mica fuori dal triangolo, mica escono fuori da lui; in Cusano invece era come se con la complicazione ci fosse quasi un'altra cosa, diversa dal massimo assoluto. Gli enti singoli e finiti che compongono l'universo (che poi é Dio) non sono altro che manifestazioni individuali dell'unica sostanza divina: già per gli stoici le cose erano modi di manifestarsi dell'unica forma, sostanza divina (il Logos). Quella di Bruno é quindi, in modo radicale, una concezione monistica: non ci sono tante sostanze, ma una sola, che di fatto é Dio e si identifica con il mondo. Quelle che noi chiamiamo comunemente sostanze sono solo "articolazioni" interne dell'unica sostanza (così come le proprietà del triangolo sono articolazioni del triangolo stesso): é il triangolo che esiste, non le sue proprietà; esse esistono solo come proprietà del triangolo, hanno cioè esistenza "parassitaria" proprio come gli accidenti aristotelici (il giallo, il bello, il grosso) che per esistere hanno bisogno di una sostanza alla quale riferirsi (un libro, un cavallo, una casa).

Solo che per Aristotele gli accidenti erano riferiti alle singole sostanze, mentre per Bruno sono le cose ad essere accidenti, singole manifestazioni dell'unica sostanza. Il che implica, tra l'altro, la negazione della morte, che non esiste: Bruno riprende le posizioni eleatiche, che vedevano la morte come aggregazione e disgregazione: la morte esiste solo come trasformazione dell'unica sostanza. Uno potrebbe dire che magari sarà anche vero che la morte é solo disgregazione, ma comunque questo non ci garantisce due cose: il permanere della vita e della coscienza. Per Bruno però il mondo non é un mondo inerte e meccanicistico, bensì é un mondo vivente: é vero che per lui non esiste la sopravvivenza individuale, ma in realtà propriamente non é morto perchè ciascuno di noi di fatto non é una sostanza, é solo un manifestarsi dell'unica sostanza, in secondo luogo perchè la materia di cui siamo fatti quando moriamo si trasforma in altro: nessuna materia é inerte e quando moriamo lasciamo comunque spazio ad una materia che continua ad essere viva, perchè tutto é vivo. Bruno crede, da buon platonico, al concetto di anima del mondo: il mondo é un grande essere vivente, anzi, in fin dei conti é l'unico essere vivente: infatti tutti quelli che noi chiamiamo enti non esistono come sostanze, ma come manifestazioni dell'unica sostanza che é il mondo e quindi Dio.

In altre parole, noi non consideriamo un dito come essere vivente, ma lo consideriamo come organo facente parte di un unico essere vivente, il corpo umano. Questo é il nostro modo di pensare: in un certo senso Bruno concepisce tutta la realtà come viva e tutti gli enti come manifestazioni dell'unica sostanza, come se ciascun ente fosse un dito dell'unico corpo vivente che é il mondo. Perchè queste manifestazioni della realtà, che noi chiamiamo enti, si chiamano invece modi? Perchè dovendo dire quale é la differenza tra il Dio - universo (l'unica vera sostanza) e le singole cose, Bruno dice questo: "sia l'universo sia le singole cose possiedono tutto l'essere": le cose per Bruno propriamente rispetto all'universo sono qualcosa di più che una parte, sono un modo di manifestarsi di essa: non é che l'universo ha tutto l'essere e che le cose ne abbiano "pezzetti"; Bruno insiste che ogni cosa ha in sè tutto l'essere, ciò che ogni singola cosa non possiede in sè sono tutti i modi di manifestarsi dell'essere, che invece sono posseduti dall'universo (da Dio). In altri termini non ci sono cose con più essere e altre con meno essere: l'essere o c'é o non c'é; in ogni singola cosa c'é tutto l'essere: é una concezione parmenidea; c'é infatti una frase nel poema di Parmenide in cui si dice: "l'essere non é di più qua e di meno là; l'essere che c'é c'é tutto".

Per non cadere nell'eleatismo più totale, che finisce per bloccare tutto quanto (perfino il movimento, la molteplicità) Bruno arriva a dire: se ogni ente ha in sè tutto l'essere (come l'universo stesso), é altrettanto vero che ogni ente ha solamente un modo dell'essere, mentre tutti i modi sono presenti solo nell'universo che é appunto somma di tutti i modi. L'universo ha tutto l'essere e tutti i modi di essere, ogni ente ha tutto l'essere, ma non tutti i modi di essere: un ente é solo una manifestazione particolare dell'essere. Esaminiamo ora meglio la questione del monismo bruniano, monismo che innanzitutto significa avere a che fare con un'unica sostanza (l'universo); però significa che oltre ad essere una numericamente, la sostanza é una qualitativamente: é un monismo qualitativo strettamente connesso alla differenza che c'é tra la filosofia bruniana e quella cusaniana: il rapporto Bruno - Cusano abbiamo visto che in fin dei conti consiste in una presa da parte di Bruno della filosofia cusaniana e nella estirpazione del concetto di contrazione (cosa che porta Bruno ad eliminare ogni differenza tra Dio e il mondo), per cui ciò che Cusano poteva attribuire a Dio, Bruno può attribuirlo al mondo, che infatti si identifica con Dio; la definizione tipicamente cusaniana di coincidenza degli opposti che attribuiva a Dio, Bruno la allarga all'intero mondo, il che significa che tutta una serie di dualismi che nella tradizione aristotelica era particolarmente forte, tende a sparire; é quindi un monismo anche nel dire che le coppie di aspetti opposti caratteristici della realtà vengono superati.

Il dualismo più caratteristico era sempre stato quello materia - forma, che a sua volta dava vita a quello potenza - atto; sono proprio loro ad essere superati: gli apparenti opposti non sono più tali e materia e forma finiscono per essere la stessa cosa: vuol dire che in Bruno la materia cessa di essere realtà inerte per diventare un qualcosa di vivo e produttivo; in Aristotele la materia era totalmente inerte e per assumere aspetti e per muoversi doveva assumere la forma: la materia era passiva, la forma attiva. In Bruno invece la materia diventa attiva e le forme non sono cose che si aggiungono alla materia per trasformarla; le forme per Bruno emergono dalla materia stessa; ricorda vagamente i logoi spermatikoi degli stoici, con questa differenza però: i logoi spermatikoi erano forme particolari che di volta in volta emergevano dall'unica forma generale (il Logos); per gli stoici é vero che esiste un'unica forma e un'unica sostanza (e quindi sono anche loro monisti quantitativamente), ma sotto l'aspetto dei dualismi sono fedeli ad Aristotele: c'é materia e forma; in Bruno invece non é così, non c'é più differenza materia-forma: é la materia stessa che fa emergere le forme perchè non é statica, ma é "viva" (infatti é Dio stesso): la materia é già forma di per sè perchè é vita, é sensibilità. Il mondo di Bruno é un mondo vivente e Bruno in fin dei conti é un ilozoista (ule, materia, + zoo, vivere, = materia vivente): é ilozoista anche più dei presocratici, perchè essi concettualmente non vedevano distinzioni tra vita e materia, ossia non erano ancora riusciti a distinguere effettivamente e due cose.

L'idea di attribuire vita alla materia é quindi tipicamente bruniana. La materia é viva e divina; Bruno si richiama ad un pensatore minore del Medioevo, Davide di Dinantes, il quale fu condannato dalla Chiesa perchè sosteneva l'identificazione tra Dio e materia, tramite un ragionamento: se la materia é potenza (con la confusione di potenza come forza al posto di potenza come poter essere, come di fatto intendeva Aristotele) allora essa é Dio stesso, che per definizione é potenza (la prima persona della Trinità é infatti la Potenza). Anche potenza e atto in Bruno finiscono per essere lo stesso: la potenza diventa lei stessa capace di creare l'atto (come la materia si dà la forma): Dio é la materia e la materia é Dio. Questa idea della materia viva e divina fa tra l'altro cadere la distinzione tipicamente aristotelica tra motore e mobile: per Aristotele tutto ciò che si muove deve per forza essere mosso da altro (omne movens ab alio movetur) perchè la materia é pura passività; con Bruno invece la materia diventa viva e quindi i motori non sono estrinseci, ma intrinseci: ogni corpo é mosso dal principio intrinseco "che é l'anima propria".

Che l'universo non abbia un estrinseco motore risulta dalla considerazione che esso é infinito; quindi il moto compete solo alle sue parti, cioè ai singoli astri, ma non al tutto, che é immobile: l'universo, che guardato dal punto di vista dei particolari infiniti esseri che lo compongono é sede del movimento e del divenire, in sè invece é unico, immobile; una cosa per essere in moto si deve spostare da un punto A ad uno B, ma l'universo nel suo insieme non potrà muoversi perchè non ha luogo in cui trasferirsi in quanto é già lui l'insieme di tutti i luoghi; esso accoglie, nella sua identità impassibile e immutevole, i contrasti e le vicende degli esseri: il mondo non ha divenire, ma le cose divengono nel mondo. Viene quindi a mancare ogni ragione di porre un motore unico nel mondo. E'questa un'innovazione importantissima sul piano metafisico perchè in questo modo viene tolto a Dio, il tradizionale motore immobile dell'aristotelismo, il compito di imprimere dall'alto e dall'esterno il movimento al mondo e viene invece l'idea della divinità a trasformarsi in un principio intrinseco e immanente dell'animazione cosmica.

Tra l'altro il riconoscere che Dio e il mondo sono lo stesso e che la materia e la forma, in un certo senso, sono lo stesso, implica anche il superamento del dualismo libertà - necessità: assumono per Bruno come per gli stoici lo stesso significato; in Bruno c'é l'idea che ciò che l'uomo deve fare é riconoscere la sua appartenenza al tutto. E'particolarmente evidente questo in una filosofia come quella di Bruno: esistiamo come aspetto di un'unica sostanza e l'errore clamoroso che può commettere l'uomo é di credere di esistere come realtà staccata e indipendente dalle altre: si deve cercare di concepirsi come parte del tutto, o meglio, come manifestazione del tutto. E'un modo particolare per realizzare quella cosa che da Platone in poi é stata definita la "omoiosis theo" che significa "diventare simile a Dio", assimilarsi a Dio: é il tentativo dell'uomo di diventare un Dio; per Bruno l'uomo, come ogni altro ente, é già Dio (perchè manifestazione dell'unica sostanza che é proprio Dio), deve solo riconoscerlo: diventare Dio non é altro che riconoscere di essere Dio per Bruno. Come per gli stoici, si deve riconoscere ciò che già si é: Nietzsche diceva "come si diventa ciò che si é" e ciò che insegna Bruno é proprio questo: basta sapere ciò che si é.

C'é un ultimo dualismo importantissimo che viene da Bruno superato: si tratta del dualismo mondo celeste - mondo sublunare, mondi che per Aristotele erano in netta contrapposizione. Questo dualismo Bruno lo nega, Copernico lo afferma: questo, tra l'altro, spiega come la filosofia tenda sempre ad arrivare prima della scienza: fino al 1800 la teoria atomistica, per esempio, non era scientifica, ma era già stata elaborata in termini metafisici da Democrito e da Epicuro; l'infinità dell'universo é stata prima pensata da Bruno, che é un filosofo, e poi riconosciuta scientificamente (ed oggigiorno é stata messa in dubbio). Un'immagine che ben spiega l'infinitezza dell'universo e la sensazione di finitezza che tuttavia ne deriva é quella della foresta, di cui Bruno si avvale nel De immenso: se mi trovo in una foresta immensa (diciamo pure infinita) in qualunque luogo io mi trovi ho l'impressione di essere al centro, perchè nell'infinito il centro é dappertutto. Al parziale superamento scientifico del dualismo mondo sublunare-mondo celeste si arriverà dopo qualche decennio, Bruno ci é arrivato in senso metafisico, con la coincidenza degli opposti.

Dire che ci sono due materie radicalmente diverse che compongono l'una il mondo terrestre e l'altra quello celeste, vuol dire che esiste una materia corruttibile e una materia incorruttibile; per Aristotele poi le stelle erano attaccate al cielo delle stelle fisse. Bruno nega i dualismi e l'intero universo é fatto dalla stessa materia, da Dio. E'poi interessante notare il fatto che Bruno recuperi oltre a Parmenide anche Eraclito, perchè vede la materia come un continuo divenire, in continuo moto. L'immagine della foresta poi va vista come duplice dimostrazione: in primis dimostra la non certezza dei punti di riferimento; poi fa capire che pure l'idea del cielo delle stelle fisse é un'illusione ottica: ci pare che oltre il cielo delle stelle fisse non ci sia più niente, ma in realtà il mondo continua all'infinito; proprio come nell'immensa foresta ci sembra sempre di essere al centro e in una realtà finita perchè all'orizzonte per via di un'illusione ottica ci sembra che gli alberi finiscano, ma in realtà continuano; in questo modo la "molesta turba del Sofista potrà ritenere che ciò che é espresso dai sensi sia la verità", ossia penserà che l'universo sia finito facendo lo stesso ragionamento di quando ci si trova in un'immensa foresta: si pensa sempre di essere al centro. Allo stesso modo se noi fossimo su un altro pianeta ci sembrerebbe di essere al centro dell'universo. Il mondo di Bruno é assolutamente omogeneo nella sostanza e le stelle stesse non sono collocate tutte alla stessa distanza, ma in profondità: nella foresta infinita, guardando all'orizzonte, ci sembrerà che tutti gli alberi siano allineati sul fondo e non disposti in profondità; la stessa cosa vale per le stelle, che per lo stesso effetto ci sembrano tutte allineate sullo stesso piano, ma che in realtà sono disposte in profondità. Quelle che noi chiamiamo costellazioni perdono allora di significato perchè ai nostri occhi risultano stelle allineate, ma in realtà sono disposte in profondità le une rispetto alle altre.


LA MORALE E IL MITO DI ATTEONE
Esaminiamo ora la morale di Bruno, cui gira intorno tutta la sua filosofia: sia la concezione cosmologica (l'infinità del mondo) sia quella metafisica (l'unità e il superamento dei dualismi) sono tutte cose funzionali all'atteggiamento etico bruniano, che viene ben riassunto in una famosa espressione: l'eroico furore. Che cosa significa quest'espressione? Traduce e reinterpreta la concezione dell'amore platonico, che era piuttosto diffusa all'epoca. Il termine "furore" va inteso come "pazzia" (pensiamo all'"Orlando furioso" di Ariosto all'incirca di quegli stessi anni) e Platone stesso aveva insistito sul fatto che l'eros fosse una follia, anche se positiva. Se furore vuol dire follia, eroico va letto in un duplice significato: anche qui Bruno riprende un gioco di parole e una falsa etimologia di cui si era già servito Platone: questi aveva notato l'analogia tra eros ed eroe. Nel mondo greco classico, poi, eroe era non solo l'uomo valoroso, ma anche la semi-divinità (gli eroi in fondo erano anche dei semi-dei); Platone nel Simposio insisteva sul fatto che Eros fosse un semi-dio; eroico vuol quindi dire sia eroico nel senso di valoroso ma anche nel senso di erotico per Bruno. Ma cosa sono gli eroici furori? Sono la tendenza mistica propria dell'uomo, che ha compreso certe realtà, all'omoiosis theo (assimilazione a Dio). In Bruno l'omoiosis theo assume caratteri differenti rispetto a quelli assunti in Platone nel Teeteto: Bruno riprende dalla tradizione platonica l'idea dell'avvicinarsi sempre di più a Dio fino ad "indiarsi", come dice Dante, diventare quasi una sola cosa con Dio; riprende poi da Platone (pensiamo alla biga alata, che per muoversi necessita dell'auriga ma anche del cavallo bianco) l'idea che lo strumento di questo "indiarsi" sia contemporaneamente un fatto di ragione e di intelligenza da un lato ma anche di volontà e di amore dall'altro.

Quello che é nuovo in Bruno é la concezione di quel Dio a cui l'uomo é invitato ad assimilarsi; é ovvio che l'assimilazione vari a seconda di come si intenda Dio: questo slancio di amore e di intelligenza (ma anche di libertà, visto che l'universo é infinito) naturalmente Bruno lo intendeva in modo diverso da quello in cui potevano intenderlo i cristiani, con la loro concezione di divinità ben diversa da quella bruniana. Da notare che accanto agli "Eroici furori" Bruno scrive un'altra opera, forse meno famosa, intitolata "Lo spaccio della bestia trionfante", dove spaccio sta per "cacciata": la bestia rappresenta il più grande dei vizi che l'uomo possa avere, l'accidia (l'agire poco, l'essere inattivi): per Bruno quest'atteggiamento va dissipato. Lo Spaccio della bestia trionfante è costituito da cinque dialoghi che si svolgono tra gli dei convocati da Giove per liberare i cieli dalle bestie che hanno dato il nome alle costellazioni e che simboleggiano le false virtù, vecchi valori da trasvalutare. Giove colloca al primo posto tra le virtù la dea Verità, accanto alla quale sta una dea dal duplice nome: Provvidenza e Prudenza. Provvidenza in quanto propria del divino, Prudenza in quanto umana capacità di concordare e conciliarsi col divino.

L’Ocio - l’Ozio e la rassegnazione sono i vizi più gravi, che rendono l’uomo simile ai bruti, sono i mali, la “bestia” che deve essere spacciata, cioè scacciata, dal mondo - scacciato dai cieli per far posto alla Sollecitudine, esalta se stesso e l’età dell’oro. All’ozio Giove preferisce però, facendo l’elogio dell’attività umana e dello sviluppo della civiltà, la Sollecitudine. Essa ha due volti: l’intelletto e le mani, strumenti attraverso i quali l’uomo può affiancare Dio nella sua opera di trasformazione e vivificazione della natura. Si tratta di un elogio dell’ homo faber, dell'uomo come artefice del proprio destino. Ritornando agli Eroici Furori, c'é un pò un paradosso nell'omoiosis theo di Bruno perchè il suo é un discorso di radicale immanentizzazione (é panteista) e di conseguenza é come se Dio fosse il mondo intero (deus sive natura) e quindi già noi fossimo Dio: come facciamo ad identificarci con un Dio che siamo già noi? Allora che cosa significa identificarsi in Dio se già lo siamo?

Significa un qualcosa di piuttosto simile a ciò che intendevano gli stoici: in sostanza il problema é "diventare ciò che si é", rendersi conto di essere Dio perchè finchè non ce ne rendiamo conto é come se non lo fossimo. Non a caso Bruno arrivava a far coincidere, sulla scia degli stoici, libertà e necessità, facendo così venir meno il libero arbitrio (cosa che può sembrare strana in un autore che tanto esalta la libertà nell'infinitezza del mondo); la verità é che per lui la libertà coincide con la necessità, e si identifica in essa: la libertà che dà Bruno é quella che rende l'uomo filosofo praticamente identico a Dio. E'evidente che lo stato di libertà e necessità presente nella divinità come coincidenza degli opposti ci deve essere anche nell'uomo (che é un modo di essere della divinità); ma il problema é prendere atto di ciò che é già vero in noi e solo quando ce ne renderemo conto raggiungeremo l'omoiosis theo: é un amore intellettuale verso Dio, ma anche intelligente. La vera differenza tra Bruno e stoici é che per loro la passione va eliminata (apatheia) mentre invece Bruno é il filosofo della passione, é platonico a tutti gli effetti. Naturalmente la filosofia di Bruno é fortemente religiosa (fu condannato proprio perchè la sua filosofia era religiosa) ma di che tipo di religiosità si tratta? Bruno nutre grande simpatia per la religione egizia, sebbene ai suoi tempi se ne sapesse ben poco (i geroglifici non erano ancora stati interpretati correttamente).

In particolare Bruno, che é un umanista a tutti gli effetti, descriverà il Rinascimento servendosi dell'immagine di una pianta amputata, ma non ancora morta; il tronco é ancora vivo e dopo secoli bui (il Medioevo) ricomincia a germogliare: le radici per Bruno non sono tanto costituite dal mondo latino e greco, quanto piuttosto da quello egizio. Bruno era attratto dal mondo egizio soprattutto perchè le divinità egizie erano terioantropomorfiche (nello stesso tempo umane e animali); lui vedeva ciò come una rappresentazione simbolica delle sue stesse idee: era convinto dell'identità Dio - natura, ma anche natura - uomo e quindi Dio - uomo: questi tre aspetti sono quindi ai suoi occhi la stessa cosa e l'omoiosis theo realizza proprio questa identità. Questa idea é poi ben espressa nell'interpretazione che Bruno dà dell'antico mito di Atteone; era una mania piuttosto diffusa ai suoi tempi quella di rileggere in chiave filosofica con interpretazioni allegoriche i miti antichi, cambiandone anche la gerarchia assiologica: il significato del mito di Atteone era fortemente negativo, ma Bruno lo stravolge e lo rende positivo. Bruno compone un sonetto immaginato scritto da un personaggio del dialogo e dopo il sonetto prova a raccontare il mito: racconta di questo cacciatore, Atteone, che inoltrandosi in una selva fitta e difficile da percorrere arriva ad un laghetto e vede la dea Diana nuda che fa il bagno; per questo motivo viene punito e trasformato in cervo e a questo punto i suoi cani, non riconoscendolo, lo inseguono e lo sbranano.

Evidentemente il significato originario del mito era fortemente negativo: ben emerge il tema dell'"ubris", ossia della tracotanza, dell'uomo che fa un qualcosa che lo colloca su un piano che non é il suo, su un piano eccessivo: per uno sfondamento dei limiti viene punito. Invece Bruno lo legge diversamente perchè nulla é più positivo che lo sfondare i limiti, espandersi liberamente all'infinito: legge ogni elemento del mito reinterpretandolo: Atteone é l'uomo (più precisamente il filosofo); i cani sono di due tipi, alcuni più agili ma meno forti, altri più forti ma meno agili, e rappresentano due aspetti delle facoltà umane, la volontà e l'intelletto; la metafora della caccia é poi tipica per descrivere la filosofia, quasi come se si andasse a caccia del sapere (già Platone l'aveva usata). Atteone (il filosofo) insegue la preda (che é la natura): é il filosofo che ricerca l'essenza della natura; ma la selva non é facile da attraversare e non tutti possono farcela (emerge la concezione aristocratica che Bruno ha del sapere, derivatagli dall'averroismo); ad un certo punto il filosofo incontra la dea Diana, che incarna la natura e che si rispecchia nello stagno: la dea che si rispecchia simboleggia la divinità che si rispecchia nella natura: Bruno riprende un'espressione già usata da san Paolo secondo la quale la divinità può essere letta "per speculum", come attraverso lo specchio della natura.

Il filosofo avendo inseguito la natura la vede nella sua nudità, nella sua essenza e lui stesso ne é trasformato (infatti il cervo incarna anch'esso la natura). I cani si rivolgono contro di lui, cioè i suoi pensieri prima rivolti ad una natura concepita come esterna finiscono per rivolgersi contro lui stesso finchè non viene da essi catturato, l'uomo arriva cioè a capire che lui, la natura e la divinità sono la stessa cosa. In altre parole significa che l'uomo che ricerca la natura trova la divinità e alla fine scopre che questa natura - divinità non é altro che lui stesso. Il mito rappresenta tutta la filosofia bruniana, l'identità Dio - natura - uomo che c'é sempre stata e sempre ci sarà, ma spetta alla filosofia portare l'uomo a rendersene conto, quasi come se non si realizzasse pienamente se non scoperta dall'uomo. Il mito diventa quindi fortemente positivo, perchè rappresenta l'uomo che arriva al traguardo del processo conoscitivo. Come accennato, si tratta di un percorso non per tutti fattibile, nel quale bisogna attraversare luoghi "visitati e perlustrati da pochissimi, e però dove non son impresse l'orme de molti uomini"; solo gli uomini superiori alla massa potranno farcela.

Tuttavia, in contrasto con questa posizione antidemocratica é l'intuizione bruniana del progresso umano: é un'intuizione che, congiunta alla sua rivendicazione della libertà di pensiero costatagli la vita, fa dell'antidemocratico Bruno un uomo nuovo e lo eleva a simbolo della democrazia, della libertà. Egli infatti, in toni fortemente umanistici di passione per la società presente, afferma in risposta a quelli che svalutano il presente rivendicando una fantastica età dell'oro: "ne l'età de l'oro per l'ocio gli uomini non erano più virtuosi che al presente le bestie... Or essendo tra essi... nate le difficultadi, risorte le necessitadi, sono acuiti gli ingegni, inventate le industrie, scoperte le arti; e sempre di giorno in giorno, per mezzo de l'egestade, dalla profundità de l'intelletto umano si eccitano nove e maravigliose invenzioni. Onde sempre più e più per le sollecite ed urgenti occupazioni allontanandosi dall'esser bestiale, più altamente s'approssimano a l'esser divino" (Spaccio de la bestia trionfante). Non l'autorità degli antichi regge gli uomini nei loro ordinamenti e li "approssima a l'esser divino", ma la loro volontà di avanzare, di progredire: la tematica del progresso affiora anche ne "La cena delle ceneri" in cui compare un vivace dialogo tra il passatista Prudenzio, sostenitore della superiorità degli antichi, con Teofilo, che invece sostiene che il sapere stia nel presente più che nel passato e nel futuro più che nel presente; egli é un alter ego di Giordano Bruno e, come si può evincere dal suo nome, ha dalla sua la divinità (teofilo vuol dire "caro alla divinità"), ossia l'intero universo.

In modo opposto allo Spaccio de la bestia trionfante, la Cabala del cavallo Pegaseo, incentrata nel concetto di asinità, rovescia l’idea della praxis, del rinnovamento come valorizzazione delle opere e della magia. Essa è uno specchio deformante. Bruno propone (sullo stile dell’ erasmiano Elogio della follia) un elogio dell’asinità, il preciso rovesciamento dei valori presentati nello Spaccio. Si rovescia il nesso tra sapienza e “stoltizia”, tra scienza e fede, tra tenebre e luce, tra età dell’oro e civiltà. Le tesi dell’Ozio vengono osannate, tramite un lessico cristiano e riformato in un testo intrecciato alle citazioni bibliche. L’allegoria è piegata a sostenere le tesi di chi l’aveva criticata in virtù della “lettera”. In un gioco di specchi, la prospettiva dello Spaccio è capovolta. Si passa al primato dell’ignoranza. Ma di un’altra ignoranza si farà l’elogio (non di quella ociosa) nei furori, dell’ignoranza che si oppone alla sapienza. Qui l’asinità si rovescia, con una tecnica erasmiana, in una sua critica, e delle filosofie asinine. In effetti si rovescia in un aspetto costitutivo della vicissitudine.

da www.altrogiornale.org/news.php?extend.8991

fonte www.filosofico.net/bruno.htm

orso in piedi
 
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Lo sviluppo spontaneo della conoscenza negli organismi viventi: unità di funzione e struttura

Emilio Del Giudice
già Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) sezione di Milano
Centro Studi Eva Reich, Milano

Alberto Tedeschi
WHITE Holographic Bioresonance, Milano www.acquainformata.eu/archivio/white-therapy/

Sommario
Le interazioni intermolecolari all'interno degli organismi viventi avvengono non come eventi individuali indipendenti ma come parte di una rete collettiva di eventi interconnessi. Il problema dell'emergenza di questa dinamica collettiva e della biocomunicazione ad essa correlata può essere affrontato nell'ambito della Teoria Quantistica dei campi (QFT). Si scopre in questo contesto che le biomolecole acquistano la capacità di muoversi in modo correlato in fase tra essi e con un campo elettromagnetico autoprodotto. Questa dinamica dà luogo ad un insieme di segnali oscillatori. E’ interessante osservare che questo insieme presenta una struttura frattale.

In questa struttura le frequenze dei vari modi oscillatori presentano accordi simili a quelli rinvenibili in una partitura musicale. L'insieme di segnali alla base dell'ordine biochimico nella materia vivente è perciò, da un lato un prodotto spontaneo della dinamica fisica delle molecole, dall'altro presenta un significato intrinseco. Struttura e funzione vengono perciò a coincidere. Uno stimolo oscillatorio preveniente dall'esterno entra all'interno di questa struttura dinamica e ne stimola un'evoluzione la cui natura non è determinata univocamente dalla struttura del segnale fornito ma dipende anche dalla struttura dell'ambiente a cui il segnale è fornito e dalla sua storia. Il segnale esterno non fornisce perciò un'informazione nel senso della teoria convenzionale formulata da Shannon ma è uno stimolo allo sviluppo della dinamica spontanea dell'organismo.

Introduzione
La differenza tra materia vivente e materia non vivente è chiara intuitivamente. Fino ad epoca recente non è stata però chiara la dinamica che dà luogo a questi due tipi di materia. Lo studio degli organismi viventi ha però messo in rilievo un numero di loro caratteristiche peculiari che li rendono differenti dai sistemi fisici non viventi anche se altamente organizzati. L’organismo vivente – che è una struttura in cui la maggior parte dei componenti è costituita da molecole d’acqua - è capace di catturare, immagazzinare ed utilizzare energia in modo coordinato in tutte le parti dell’organismo il quale dall’altra parte mantiene nel corso del processo un elevato grado di organizzazione.

L’utilizzazione dell’energia avviene attraverso processi ciclici caratterizzati da ritmi biologici i cui periodi di oscillazione possono variare da secondi ad anni. Questi processi ciclici sono mutuamente correlati e passaggi di energia avvengono tra essi. Dal punto di vista termodinamico questi processi ciclici avvengono ad un valore piccolo e costante dell’entropia, consentendo perciò al sistema di mantenere la sua organizzazione. Il valore molto basso della componente entropica garantisce che la maggior parte dell’energia totale assuma la forma di energia libera, cioè capace di produrre lavoro. Una dettagliata discussione dei suddetti aspetti può essere trovata nel rif. (1).

Questo risultato implica che esiste una correlazione tra i componenti dell’organismo vivente anche se separati da grandi distanze. Questa correlazione non è però mantenuta da un flusso di energia, cosa che implicherebbe il pagamento di una elevata bolletta energetica da parte dell’organismo. La correlazione all’interno dell’organismo vivente è invece mantenuta da un campo quantistico, chiamato nel gergo dei fisici campo di gauge ( nel caso specifico dell’organismo vivente è il potenziale elettromagnetico), accoppiato con le fluttuazioni quantistiche dei componenti; queste fluttuazioni sono la conseguenza dei principi primi della fisica quantistica che prescrive che ogni oggetto fisico (particella materiale o campo di forze) non possa non fluttuare. L’insieme delle fluttuazioni quantistiche dei componenti di un insieme di corpi materiali può presentarsi in due modi differenti.

In un primo modo queste fluttuazioni non sono reciprocamente sintonizzate, restano non correlate, dando luogo a un risultato globale molto piccolo caratterizzato da piccole oscillazioni attorno allo zero. Esiste però anche la possibilità che queste fluttuazioni si sintonizzino tra di loro producendo un campo di gauge non nullo, che svolge il ruolo di agente di correlazione tra i componenti. Questa correlazione non è connessa ad una trasmissione di energia ma alla messa in comune di un ritmo di oscillazione ( denominato fase nel gergo dei fisici) (2). Una metafora per descrivere il suddetto stato ( chiamato dai fisici stato coerente) del sistema fisico è quello di una orchestra formata da numerosi orchestrali, ognuno dotato di uno strumento specifico.

In assenza di coordinazione l’insieme delle emissioni sonore degli orchestrali produrrebbe un rumore il quale diventa una musica soltanto in presenza di un direttore d’orchestra che sintonizza le emissioni dei differenti orchestrali. Per produrre questo risultato il direttore d’orchestra non trasmette nessuna energia agli orchestrali, i quali sono responsabili della produzione di tutta l’energia dell’orchestra. La quantità fisica trasmessa all’orchestra dal suo direttore non è l’energia ma la fase. Questa metafora non è tuttavia completamente adeguata a descrivere quello che accade in un sistema fisico coerente. Infatti nella metafora il direttore è un soggetto diverso dagli orchestrali mentre in un sistema fisico coerente la formazione di una fase collettiva ben definita è un processo spontaneo prodotto dalla auto-organizzazione del sistema (3). Nell’ambito della teoria quantistica dei campi è stato possibile dimostrare il seguente teorema (4) : un insieme di componenti microscopici ( atomi e/o molecole) dotate di una molteplicità di configurazioni interne transita dallo stato in cui i componenti sono indipendenti ad uno stato di energia più bassa in cui si stabilisce tra di essi una correlazione coerente, quando la temperatura è al di sotto di un valore critico e la densità eccede una soglia.

Una visione intuitiva di questo teorema è fornita nel rif. (5) e può essere così riassunta. Un atomo (o molecola) la cui taglia è dell’ordine dell’ Angstrom ( cioè 1 centomilionesimo di centimetro) richiede una energia dell’ordine di alcuni elettronvolt (eV) per transire da una configurazione all’altra. Questa transizione può essere indotta da una fluttuazione del campo elettromagnetico del vuoto, sotto forma di un fotone virtuale la cui energia coincida con l’energia necessaria per il salto di configurazione. La taglia di questo fotone è data dalla sua lunghezza d’onda che, nel caso citato, è dell’ordine del migliaio di Angstrom. In altre parole la taglia dell’oggetto (il fotone) capace di mutare la configurazione di un atomo è mille volte maggiore della taglia dell’oggetto (l’atomo) da trasformare. Alle normali densità dei gas nelle condizioni fisiche esistenti alla superficie terrestre il fotone emerso dal vuoto può contenere all’interno del suo volume molte migliaia di componenti microscopici del gas.

Chiamando N tale numero e P la probabilità di cattura del fotone emerso dal vuoto da parte dell’atomo (numero valutabile attorno a 10^-5 sulla base dell’elettrodinamica quantistica) la probabilità che il fotone sia catturato da almeno uno dei componenti materiali è PxN. Quando N è abbastanza grande per cui questo prodotto diventa 1, il fotone diventa permanentemente prigioniero dei componenti microscopici e non può essere riemesso all’esterno. L’insieme delle particelle materiali diventa perciò una trappola per le fluttuazioni elettromagnetiche del vuoto, che danno luogo a un campo elettromagnetico intrappolato nella materia e oscillante in fase con essa.

Si genera perciò un sistema risonante in cui tutti i componenti microscopici contenuti nella regione corrispondente al volume del fotone (denominata nel rif (4) dominio di coerenza) oscillano collettivamente tra due configurazioni individuali al ritmo del campo elettromagnetico intrappolato. In accordo con un teorema di elettrodinamica (4, 5) ogni particella capace di risuonare con questa frequenza comune di atomi e campo elettromagnetico viene attirata fortemente all’interno del dominio di coerenza. I campi elettromagnetici intrappolati svolgono perciò un ruolo ordinatore degli incontri tra molecole che danno luogo alle reazioni chimiche.

L’ordinamento avviene attraverso un codice di frequenze per cui soltanto le molecole risonanti tra di loro e con il campo elettromagnetico intrappolato si attraggono fortemente anche a grandi distanze, purchè interne al campo elettromagnetico. Il meccanismo diffusivo degli incontri molecolari, basato sul moto casuale delle molecole e sui loro incontri fortuiti, finora considerato dai biochimici, è perciò sostituito da un meccanismo in cui gli incontri molecolari sono guidati dal campo elettromagnetico. Lo stato coerente ha un’energia minore di quella dell’originario stato non coerente e la differenza è nota nel gergo dei fisici come energy gap. Questa quantità deve essere confrontata con l’energia delle collisioni termiche tra atomi, la quale, al di sopra di una soglia calcolabile con i metodi della meccanica statistica, rompe la concordanza di fase tra i componenti microscopici, tipica dello stato coerente. SI comprende perciò perché la coerenza può sussistere solo al di sotto di una certa temperatura.

Tra tutte le specie atomiche e/o molecolari, l’acqua assume un ruolo peculiare poiché nel suo caso specifico le due configurazioni tra le quali avviene l’oscillazione coerente sono quella di minima energia in cui tutti gli elettroni sono fortemente legati ai nuclei ed una configurazione eccitata in cui un elettrone per molecola è quasi libero. Il dominio di coerenza dell’acqua è perciò un reservoir di elettroni quasi liberi capaci a causa della coerenza di compiere oscillazioni collettive di plasma (vortici) quando si abbia apporto di energia dall’esterno. E’ stato possibile calcolare lo spettro degli stati eccitati corrispondenti alle oscillazioni collettive degli elettroni quasi liberi. Emerge la possibilità di una ulteriore coerenza a più larga scala in cui il ruolo dei componenti microscopici è assunto dai domini di coerenza dell’acqua, un cui insieme avente la taglia della lunghezza d’onda del campo elettromagnetico responsabile della correlazione creatasi tra i domini viene ora a formare un “superdominio” di coerenza tra domini di coerenza (supercoerenza).

L’insieme di elettroni quasi liberi del superdominio dà luogo ad un ulteriore spettro di stati eccitati capace di generare un ulteriore grado di coerenza e così via. Si viene perciò a creare una struttura gerarchica di domini di coerenza, formata da livelli ognuno contenuto nel precedente, che ricopre un vasto intervallo di scale caratteristiche spazio-temporali, che vanno nell’ambito spaziale dal decimo di micron dei domini di coerenza tra molecole ai metri delle correlazioni più elevate e nell’ambito temporale dalle vite molto lunghe dei domini di coerenza più piccoli, alimentati dalle fluttuazioni quantistiche del vuoto, alle vite molto più brevi delle correlazioni più elevate, alimentate dalle fluttuazioni elettromagnetiche ambientali. Ogni componente elementare dell’organismo è perciò coinvolto in una sequenza ordinata di oscillazioni coerenti, il cui insieme ricopre una scala molto ampia che corrisponde all’insieme delle taglie e dei ritmi di oscillazione delle strutture macroscopiche in cui il componente dato è incluso. Nasce perciò (6) una struttura complessa verticale di domini di coerenza, ognuno contenuto nel precedente, che dà luogo ad una gerarchia parallela a quella riscontrabile negli organismi viventi (organelli, cellule, organi, apparati, tessuti, individui, specie).

E’ stato possibile preparare in pratica, a partire da acqua normale, esposta agli stati coerenti presenti nei processi fotosintetici acqua supercoerente in cui è possibile osservare i fenomeni suddetti ( metodo WHITE Holographic Bioresonance, rif.7). L’osservazione delle oscillazioni del potenziale elettromagnetico all’interno di acqua resa permanentemente coerente ha permesso di rilevare la struttura delle oscillazioni. E’ stato riscontrato che questa struttura presenta le caratteristiche dei frattali (8). Questo risultato è estremamente importante alla luce di un teorema dimostrato da Vitiello (9) per cui una struttura frattale corrisponde sempre ad uno stato coerente. L’esame dei segnali frattali rinvenibili nei sistemi acquosi mette in rilevo l’esistenza di correlazioni tra le frequenze dei vari livelli coerenti in cui il sistema si articola. L’insieme di queste frequenze diventa simile ad una partitura musicale. Perciò l’insieme delle oscillazioni elettromagnetiche dei domini di coerenza assume un aspetto duplice.

Da un lato esso governa gli incontri tra le molecole presenti nel campo e determina in conseguenza la costruzione della struttura. Dall’altro lato esso, considerato in se stesso, è una musica avente un significato intrinseco, un meaning, un significato il cui contenuto è appunto la procedura di costruzione della struttura, la quale si presenta all’esterno proprio attraverso questa sua musica interna. Funzione e struttura vengono perciò a coincidere (10, 11). Un segnale elettromagnetico fornito dall’esterno alla struttura coerente non ha bisogno di avere un contenuto informativo corrispondente al mutamento che esso induce nella struttura. Infatti un segnale capace di modificare un qualsiasi elemento della struttura gerarchica coerente induce al suo interno una dinamica complessiva che determina mutamenti molto più vasti del suo particolare contenuto; questo accade perché la struttura coerente ha un significato intrinseco capace di dialogare con lo stimolo esterno portato dal segnale. Perciò quella che si usa chiamare informazione biologica ha una natura diversa dall’informazione di cui si occupa la teoria di Shannon (12).

Nella teoria di Shannon sia l’informante che l’informato sono oggetti passivi incapaci di auto-organizzazione per cui il messaggio informativo deve contenere tutti i dettagli dell’operazione da compiere in quanto l’informato non può intuirli sulla base base della propria dinamica interna. Una conferma di quanto ora detto viene dagli esperimenti condotti dal gruppo diretto da Luc Montagnier (13), premio Nobel per la Biologia e Medicina nel 2008. In questi esperimenti segmenti di DNA estratti da micro-organismi sono sospesi in acqua. Quando il grado di diluizione, cioè la quantità d’acqua presente, eccede una soglia, segnali elettromagnetici di bassa frequenza sono registrati, confermando l’intreccio tra dinamica molecolare ed elettromagnetismo esposto in precedenza.

Questi segnali possono essere registrati e inviati per via telematica ad un altro laboratorio distante, in modo da evitare il pericolo di contaminazione molecolare. Nel laboratorio di arrivo i segnali sono forniti ad un recipiente contenente acqua pura. Dopo un congruo tempo di esposizione nell’acqua così trattata è immerso un kit PCR, cioè l’insieme dei monomeri di cui il DNA è composto, insieme all’opportuno catalizzatore (polimerasi). Il risultato sorprendente è che in capo a un breve tempo appare proprio il DNA di partenza. Il sistema acquoso finale ha perciò ricostruito una struttura molto complessa come il DNA sulla base della somministrazione di un segnale elettromagnetico avente una complessità molto minore.

Si deve perciò concludere che il sistema fisico fondato sull’acqua può generare una dinamica spontanea capace di costruire sulla base di stimoli relativamente semplici strutture altamente complesse, è cioè un sistema capace di generare conoscenza. Siamo allora forse alle soglie della comprensione della dinamica capace di fare emergere una psiche all’interno della materia?

Bibliografia

1) Ho Mae-Wan 2013, Circular thermodynamics of organisms and sustainable systems, Systems 2013, 1, 30-49; doi:10.3390/systems1030030
2) Del Giudice E., Tedeschi A., Vitiello G., Voeikov V,, 2013, Coherent structures in liquid water close to hydrophilic surfaces, Journal of Physics.: Conference Series 442, article ID 012028
3) Del Giudice, E., Pulselli, R.M., Tiezzi, E., 2009. Thermodynamics of irreversible
processes and quantum field theory: an interplay for the understanding of
ecosystem dynamics. Ecological Modelling. 220, 1874–1879
4) Preparata G 1995, QED Coherence in Matter, World Scientific, Singapore-London-New York
5) Del Giudice E, Spinetti PR, Tedeschi A, 2010, Water dynamics at the root of metamorphosis in living organisms, Water, 2, 566-586
6) Del Giudice, E.; Tedeschi, A. 2009 Water and the autocatalysis in living matter. Electromagnetic Biology and. Medicine., 28, 46-54
7) Tedeschi A. 2010, Is the living dynamics able to change the properties of water?. Journal of Design & Nature and Ecodynamics, 5, 60–67
8) Capolupo A., Del Giudice E., Elia V., Napoli E., Germano R., Tedeschi A., Vitiello G., 2014, Self-similarity properties of nafionized and filtered water and deformed coherent states, International Journal of Modern Physics B 28 article id (in corso di stampa)
9) Vitiello G., Fractals, 2012, Coherent states and self-similarity induced noncommutative geometry Phys. Lett. A 376, 2527-2532, arXiv:1206.1854 10) Vitiello G., 1998,, Structure and function,in "Toward a Science of Consciousness" S.H.Hameroff et al. Eds., MIT Press, Boston 1998, p.191-196.
11) Vitiello G, 2012, Struttura e funzione. Una visione ecologica integrata. Rivista di filosofia neoscolastica, num. 4, 625-637.
12) Shannon C.E., 1948, A mathematical theory of communication, Bell system Technical Journal, vol 27, numeri di luglio e ottobre
13) Montagnier L., Aısa J., Del Giudice E., Lavallee C., Tedeschi A., and Vitiello G., 2011, DNA waves and water, Journal of Physics: Conference Series, 306, 1, Article ID 012007

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SPAZIOTEMPO COME INFORMAZIONE - UN PRINCIPIO ORDINATORE PER SISTEMI VIVENTI?

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Il paradigma scientifico dominante non considera l'Universo come un sistema vivente. Ciò deriva dalla prospettiva che l'Universo sia disconnesso e meccanico. Qual è la differenza tra una concezione meccanicistica dell'universo (che agisce come ingranaggi e ruote dentate di una macchina) rispetto a un sistema di auto-organizzazione dinamica?
Informazione.

di William Brown & Nassim Haramein


L'informazione è il tessuto connettivo del nostro Universo. Cosa sono i processi dinamici? Sistemi con operazioni di feedback delle informazioni (come un frattale), che si traduce in evoluzione non lineare e imprevedibilità locale. L'interattività (intercomunicazione) di un tale sistema con elementi generativi e innovativi, si traduce in integrazione esponenziale e sintropia. Lontano dai processi casuali e meccanici immaginati come la legge dell'entropia - che di per sé è uno scenario altamente teorico di isolamento e disconnessione. La visione del mondo disconnesso e meccanicistico, non percepisce il potenziale di intercomunicazione non locale (una rete di informazioni universale) che può generare specifiche influenze ordinanti alla base di tutti i processi fisici. Tale potente orchestrazione deterministica è in gran parte al di là della competenza di una visione del mondo così miope.

La natura stocastica della meccanica quantistica - la teoria di consenso del comportamento fondamentale della materia - è un riflesso della frammentaria visione isolazionista. Tuttavia, anche in questa teoria, si riconosce che un dispositivo di misurazione di dimensione infinita potrebbe accertare con assoluta precisione deterministica gli stati quantistici e le coordinate spazio-temporali di ogni particella in una stanza. Purtroppo, un tale dispositivo è impossibile, perché collasserebbe in un buco nero. Eppure, c'è un buco nero di tale portata che sta misurando lo stato di ogni quanto fondamentale in ogni momento - è l'Universo, da quando la massa del nostro universo osservabile è considerata nell'attuale raggio misurato - il nostro universo obbedisce alla condizione di Schwarzschild o la condizione di un buco nero.

“It from bit”
- John Archibald Wheeler


Come le informazioni sarebbero il tessuto connettivo del cosmo? E' solo una dichiarazione astratta? Difficilmente. John Archilbald Wheeler, uno dei fisici più autorevoli del 20° secolo e collega di Einstein, ha sviluppato equazioni geometriche che descrivono l'origine delle caratteristiche più fondamentali della materia - come la carica e la massa di una particella - una delle zone più attive della ricerca anche oggi (con le nozioni artificiose di un bosone di Higgs ) . Le sue formulazioni produssero queste caratteristiche puramente dalla geometria dello spazio-tempo, quindi derivando 'carica senza carica' e 'massa senza massa' - come caratteristiche emergenti della struttura e della dinamica dello spazio-tempo. Mentre Wheeler è colui che, insieme a Einstein, comprese il primato della geometria - poi ha capito che esiste una fonte ancora più fondamentale e cioè le informazioni - coniando così il termine ‘it from bit’. Come in 'esso' tutto deriva da 'bit' - unità base di informazione. (Coincidentalmente, Wheeler ha anche formulato una soluzione per la gravità quantistica, chiamata equazione Wheeler-DeWitt - ma dal momento che non ha richiesto il tempo, i fisici l'hanno considerata come irreale - non rendendosi ancora conto che ciò che noi sperimentiamo come tempo è una evoluzione localizzata di un sottosistema attraverso la struttura dello spazio, ma non un cambiamento nella struttura dello spazio su scala globale dell'Universo - tempo da entanglement quantistico http://arxiv.org/pdf/1310.4691v1.pdf ).

La struttura geometrica dello spazio-tempo è un mezzo di codifica dell'informazione- pixel di Planck. La dinamica dello spazio-tempo trasmette ed elabora le informazioni. E la struttura dell'evoluzione dello spazio-tempo determina e genera le caratteristiche fisiche della materia e delle forze nell'Universo. Fisicamente, cosa sono i pixel di Planck? Cioè, di cosa è fatto lo spazio-tempo? La risposta è quanti elettromagnetici di punto zero. Si tratta di un campo elettromagnetico che comprende tutti i modi possibili. Che cosa ha a che fare con la biologia? A parte l'inferenza ovvia che siamo fondamentalmente fatti di quanti elettromagnetici (lo spazio stesso) - ha un'incidenza diretta sulla natura dei processi biologici informativi (sistemi di auto-organizzazione) e molto probabilmente sulla fonte della coscienza. Poiché siamo ciascuno una unità funzionale di un mezzo di elaborazione delle informazioni che è il tessuto di collegamento dell'universo.

http://www.altrogiornale.org/images/newspo...nformation2.jpg


Che cosa è questa l'immagine? Una sezione di cervello che mostra la vista microscopica dei neuroni? Una simulazione al computer della distribuzione della materia e delle galassie nell'Universo (basata sui valori osservati della cosiddetta materia oscura ed energia oscura)? O forse la schiuma quantistica del vuoto (spazio-tempo)? Fate la vostra scelta. La forma mostra la funzione a queste scale (che si ripresenta in tutte le 4 dimensioni spaziali dell'Universo osservabile)?

http://www.altrogiornale.org/images/newspo...nformation3.jpg

L'immagine qui sopra dà un senso della rete in scala di Planck dello spaziotempo. Proprio come i filamenti di "materia oscura" che collegano superammassi galattici o le dendriti che connettono miliardi di neuroni - punti nodali reticolari (Il Mondo di Cristallo Planck-Kleinert http://users.physik.fu-berlin.de/~kleinert...planckklcZN.pdf ) sono collegate da filamenti costituiti da ponti di Planck-Einstein-Rosen (Costruire lo Spaziotempo con l'entanglement quantistico http://arxiv.org/pdf/1005.3035v1.pdf ). Proprio come la propagazione dei segnali elettrici attraverso la rete sinaptica del cervello - fasci di linee intense di flusso elettrico e magnetico attraverso la rete di Planck dello spazio-tempo (campi vortex Poynting ).

Esiste una reiterazione frattale per tutta la magnitudine della dimensione. Proprio come un transistor può funzionare come unità binaria (tramite la presenza o l'assenza di una carica elettrica), possono farlo anche un singolo atomo o una particella subatomica - o, come Wheeler ha postulato - oscillatori armonici di Planck del vuoto quantistico, lo spazio stesso. Questa non è una novità, è noto come il Principio Olografico. Tuttavia, ciò che viene sottolineato è che questo mezzo di codifica dell'informazione può essere collegato da una rete di wormhole continua - consentendo la trasmissione non locale, cioè superluminale, delle informazioni. Ciò significa che tutti i settori della spaziotempo agiscono come un unico volume di codifica dell'informazione - non sono isolati - si tratta di una rete di elaborazione delle informazioni.

Quello che il lettore può trattenere da questa discussione, è che la nostra struttura biologica e l'ambiente della nostra biosfera, sta emergendo come qualcosa di diverso da un risultato isolato di qualche fluttuazione casuale (un colpo di fortuna) e più come parte di un incredibile autostrada dell'informazione che collega tutti i punti del nostro Universo e multiverso, generando strutture altamente avanzate e complesse di auto-organizzazione da cui le informazioni stanno continuamente guidando la trasformazione attraverso tutte le scale in una evoluzione coordinata e sorprendentemente rapida. Da questo punto di vista, allora, non solo la fisica del nostro Universo è unificata con la complessità biologica di cui siamo parte, ma tutta la struttura è una manifestazione di ciò che siamo venuti a descrivere come coscienza o se volete, una retro-azione di informazione in tutte le scale che produce auto-consapevolezza.

di William Brown & Nassim Haramein
Fonte: http://resonance.is/spacetime-as-informati...living-systems/

da www.altrogiornale.org/news.php?extend.9028

orso in piedi
 
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view post Posted on 3/4/2014, 09:43

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Tempo: realtà o illusione?
Le teorie del Vuoto Quantistico e della Gravità Quantistica stanno rivoluzionando i concetti tradizionali di tempo, spazio e della realtà, aprendo scenari scientifici e filosofici inattesi e sorprendenti

di Luigi Maxmilian Caligiuri

Che cos’è il tempo? È reale o è soltanto un prodotto della nostra immaginazione? Esiste un inizio ed una fine del tempo? Perché il tempo scorre sempre in avanti? Perché ricordiamo il passato e non il futuro? Può il concetto di tempo fornire la base per la tanto agognata Teoria del Tutto?

Sant’Agostino, nelle Confessiones, afferma: “Allora che cosa è il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so più” e, più recentemente, il fisico Julian Barbour: “possiamo riconoscere e misurare il tempo ma non lo comprendiamo” ed è “significativo che c’è un così debole accordo su cosa esso sia realmente e su come cercare una soluzione a tale domanda”.La scienza moderna ha sinora adottato, nei confronti del tempo, un approccio sostanzialmente “operazionale”, limitato cioè alla sua misurazione, relegando ad un livello secondario il problema della comprensione profonda del suo significato. In effetti le leggi del moto di Newton, la relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica non richiedono la conoscenza della natura del tempo per fornire previsioni corrette. Nondimeno è possibile individuare una caratteristica fondamentale del tempo sulla quale tutti non possiamo che concordare e che ci può fornire un indizio sulla direzione in cui cercare una risposta alle nostre domande: la possibilità di misurare il tempo esiste solo ove vi sia “cambiamento”, ossia in corrispondenza alla variazione dello stato di un dato sistema.

Se esaminiamo il funzionamento di un generico orologio, notiamo che questo è basato sulla presenza di parti mobili (le oscillazioni di parti meccaniche o le vibrazioni di cristalli di quarzo negli orologi tradizionali, l’emissione di una particella da parte di atomi radioattivi, etc.) e sul cambiamento di una qualche configurazione fisica. Ma la possibilità di misurare il tempo da sola non fornisce indicazioni sul suo significato più profondo e soprattuto sulla questione se il tempo sia reale (a livello fondamentale) o se sia soltanto un’illusione o una costruzione della nostra mente. Nella fisica classica il tempo è assoluto ed indipendente dai fenomeni fisici che avvengono nell’Universo e dalle caratteristiche dell’osservatore, esso pertanto ha un’esistenza propria e costituisce una proprietà fondamentale dell’Universo. Come noto, la teoria della relatività di Einstein (TR) rivoluziona tale concezione non solo generalizzando il principio di relatività galileiana ma privando di autonomia ed assolutezza il concetto stesso di tempo che diventa, al pari dello spazio, una variabile dello spaziotempo (ST), ossia dell’arena all’interno della quale avvengono tutti i fenomeni fisici e che dipende sia da questi ultimi che dallo stato dell’osservatore.

Una delle conseguenze più rilevanti della TR è che il ritmo con cui il tempo “scorre” cambia a seconda del sistema di riferimento utilizzato e che solo lo ST stesso può fornire un utile sistema di riferimento rispetto al quale descrivere i fenomeni fisici. Tuttavia, sebbene privato di assolutezza, lo ST conserva una propria esistenza fisica fondamentale.
Un punto di vista alternativo è basato sull’idea che in realtà il tempo non abbia una realtà autonoma, essendo reale soltanto il cambiamento, e che esso emerga dunque semplicemente dal tentativo della nostra mente di descrivere ed interpretare tale cambiamento. Entrambe tali concezioni, tuttavia, sono caratterizzate da profondi problemi interpretativi e da conseguenze radicalmente differenti rispetto alla descrizione della realtà, in particolare l’assumere l’uno o l’altro approccio può avere, come vedremo, effetti determinanti sulla possibilità di elaborare una cosiddetta Teoria del Tutto (TDT), in grado di spiegare l’esistenza ed il comportamento di tutte le particelle, le forze, lo ST ed, infine, la nascita ed il destino dell’Universo.

L’origine del tempo
Nella cosmologia del Big Bang (BB), basata sulla Relatività Generale (RG) e la Meccanica Quantistica (MQ), l’origine del tempo, dello spazio e della materia (quantomeno di quella osservabile) viene fatta risalire ad un evento “esplosivo” avvenuto da dieci a venti miliardi di anni fa. Nella teoria del BB, dunque, non ha senso chiedersi cosa sia avvenuto prima di tale evento o in corrispondenza ad esso, essendo questo un evento singolare (ossia caratterizzato da densità, temperatura e curvatura spazio-temporale teoricamente infinita) in corrispondenza del quale le leggi stesse della fisica perdono di significato. Per poter affrontare la questione dell’inizio del tempo è dunque essenziale la formulazione di una teoria che sintetizzi la RG e la MQ, ossia della cosiddetta teoria della Gravità Quantistica (GQ) che dovrà costituire una parte essenziale di qualsiasi TDT. Una delle candidate più quotate quale TDT è la Teoria delle Stringhe (TDS), di particolare eleganza e complessità matematica, in grado di interpretare lo “zoo” di particelle elementari che originano particelle e campi, inclusa la gravità, come vibrazioni di stringhe infinitesimali.

Tuttavia essa pone dei seri problemi: il primo è che la TDS prevede la presenza di 10 o 11 (a seconda delle versione della teoria) dimensioni spazio-temporali extra (oltre alle 4 dello spazio-tempo visibile) non direttamente accessibili; il secondo è che non è in grado di spiegare la natura stessa dello ST. Infatti, se la RG interpreta la gravità come curvatura dello ST, una teoria della GQ, che possa spiegare l’origine del tempo, deve essere in grado di dedurre il comportamento dello ST, inteso come sistema quantistico (caratteristica essenziale in ambito cosmologico). Pertanto diverse TDT alternative sono state recentemente proposte, la più importante della quali è certamente quella della gravità quantistica ad anelli (loop quantum gravity o LQG) secondo la quale lo ST avrebbe, a livello fondamentale (ossia su scale inferiori della cosiddetta lunghezza di Planck pari a cm), una struttura “granulare” composta da “atomi di spaziotempo” in cui sia lo spazio che il tempo risultano quantizzati e non più continui.

Nell'articolo integrale si parla di:

freccia del tempo
entropia e secondo principio della termodinamica
universo inflazionario
teoria del multiverso e stati coerenti di gravità quantistica
evento quantistico singolo e ipotesi del tempo termico
la fine del tempo e la realtà delle leggi della fisica

fonte http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/...a-illusione.php
vedi anche www.altrogiornale.org/news.php?extend.9080
http://www.boloji.com/index.cfm?md=Content...&ArticleID=2170

da www.altrogiornale.org/news.php?extend.9117.7

Creare una teoria che provi n altra teoria ecc.ecc..
Mi sembra che la natura proceda in maniera molto piu semplice,senza tanti voli pindarici.

orso in piedi

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La realtà fisica come un tutto indivisibile
Negli anni cinquanta del Novecento il fisico David Bohm propose un'affascinante interpretazione olistica della meccanica quantistica, che faceva da contraltare alla visione ortodossa, la cosiddetta Interpretazione di Copenhagen. Basil Hiley, assistente e collaboratore di Bohm, racconta perché non si può fare a meno di confrontarsi con questa teoria

di George Musser

Una notte del 1952 – come racconta Louisa Gilder nel suo brillante volume sulla storia della meccanica quantistica – Richard Feynman e David Bohm stavano girando per i bar di Belo Horizonte, in Brasile. Feynman era a Rio per un anno sabbatico e, esuberante come sempre, commentava entusiasta le birre locali, le lezioni di batteria che stava prendendo e le ragazze brasiliane. Bohm, che insegnava all'Università di San Paolo, invece non si adattò mai al Brasile. La caccia alle streghe maccartista l'aveva appena buttato fuori dalla Princeton University e dagli Stati Uniti. Si sentiva in esilio non solo dal suo paese, ma dalla fisica che contava. Bohm si rianimò solo quando Feynman espresse interesse per il suo originale modo di concepire la meccanica quantistica.

Bohm aveva sviluppato la prima alternativa globale alla “ortodossia” quantistica, nota come Interpretazione di Copenaghen. Basandosi sul precedente lavoro di Einstein e de Broglie, Bohm aveva dimostrato che non è necessario concepire la casualità quantistica come intrinseca alla natura per compiere una riflessione sul nostro modo indagare il mondo microscopico. Nella formulazione originaria di Bohm, le particelle hanno sempre posizioni ben definite e sono spinte da un “potenziale quantistico”, simile, nelle sue linee generali, alle forze elettriche e gravitazionali. Poiché questo potenziale opera istantaneamente, collegando tra loro tutti gli elementi dell'universo, anche quando sono a grande distanza, Bohm arrivò poi a concepire la fisica quantistica come un'apparizione fenomenica superficiale di una realtà olistica più profonda.
I fisici tendono a non gradire la teoria di Bohm, per ragioni sia sociologiche sia scientifiche, ma per lo meno essa ruppe l'incantesimo di Copenhagen. Léon Rosenfeld, partigiano particolarmente pugnace dell'interpretazione di Copenhagen, lo attaccò e tramò nell'ombra perché le riviste rifiutassero i suoi lavori, come se cercasse di completare l'opera iniziata dai maccartisti. Eppure fu il lavoro di Bohm a spingere il fisico irlandese John Bell a rivoluzionare il modo di pensare alla fisica quantistica negli anni sessanta.

Qualche settimana fa, ho incontrato Basil Hiley, a lungo collaboratore di Bohm e co-autore del suo ultimo libro, The Undivided Universe. Hiley è un fisico teorico del Birkbeck College dell'Università di Londra, dove Bohm finì quando non riuscì più a sopportare il cibo brasiliano. Come il suo defunto maestro, ha un modo non convenzionale di pensare la fisica, al punto che sinceramente non sono riuscito a capire molto di ciò che mi ha detto. In questo scritto, mi sono preso la libertà di spostare interi blocchi di testo, omettendo i passaggi matematici più tecnici, per cercare di dare un senso complessivo al tutto. Se ho risvegliato il vostro interesse, un buon punto di partenza è la pagina di Wikipedia su Hiley. Se non altro, la teoria di Bohm è un buon argomento per fare due chiacchiere con una birra in mano.

GM: Quando incontrò David e come iniziò la vostra collaborazione?
BH: Stavo finendo il mio dottorato di ricerca, che aveva come argomento la fisica dello stato solido. Avevo un paio di articoli pubblicati ma non avevo ancora finito la tesi e mi è stato guardando in giro, chiedendomi che cosa avrei fatto alla fine dell'estate. Non conoscevo David Bohm, non avevo letto i suoi lavori. In quel momento, stava tenendo due seminari e quando lo sentii parlare pensai: “Wow, questo è quello che avrei voluto studiare all'università”.

Sono sempre stato molto interessato alla meccanica quantistica e alla relatività, anche ai tempi della scuola. Arrivato all'università, speravo che sarei stato in grado di discutere quelle idee. Ma mi sentivo dire: “Non devi perdere tempo a pensare a queste cose”. Era una situazione veramente molto frustrante. Dopo la laurea, organizzai alcuni seminari informali tra studenti post-laurea, e mi convocarono per chiedermi che cosa stessi facendo. Una cosa pazzesca. E poi arrivò David, con tutte le sue interessanti idee, a sostenere che la meccanica quantistica era un buon vino che stavamo mettendo in vecchie bottiglie. L'idea era di fare nuove bottiglie, in modo che il vino desse il suo meglio. Ma non è affatto facile riflettere profondamente sulla natura della realtà.

GM: Che cosa facevi in quel periodo?
BH: Quando diventai suo assistente al Dipartimento di matematica c'era Roger Penrose e poi c'eravamo io e Bohm. Studiavamo le algebre, la relatività generale, il pre-spazio. Quest'ultimo è un concetto simile a quello di pre-geometria, ma David e io non volevamo dare l'impressione che stessimo pensando allo stesso modo di John Wheeler. Penrose formulò la teoria dei twistor (o dei torsori) e delle reti di spin. Entrambi risolvevano il problema di come costruire lo spazio-tempo a partire da oggetti fisici. Ha avuto alcune idee belle con i twistor. Voleva concepire uno spazio in cui non c'erano punti: il fondamento era costituito dai raggi di luce, mentre i punti erano definiti come le intersezioni dei raggi di luce.

Il mio contributo ai twistor si limitò al nome... Penrose una volta venne nel mio studio, parlando della sua idea. “Sono indeciso se chiamarli twister o twistor”, disse. E io risposi: “Twistor”.

GM: “Twister” è un nome da gioco di società, “twistor” dà l'idea di un concetto complesso
BH: [ Ride] In ogni caso, questo mi iniziò allo studio delle diverse algebre. Io venivo dalla fisica dello stato solido, e avevo lavorato molto sui reticoli. Lo spazio-tempo non potrebbe essere strutturato come un reticolo, a una scala molto piccola? Considerate le dislocazioni a spigolo distribuite in un cristallo: si tratta di una geometria riemanniana. Così feci un sacco di queste cose, studiando la possibilità che lo spazio possa avere una struttura discreta (una dislocazione a spigolo è un difetto all'interno di un reticolo in cui uno strato di atomi aggiuntivo, introdotto nel cristallo, deforma gli strati vicini, NdT).

GM: Quindi, per i primi 10 anni, cioè per tutti gli anni sessanta, non ha nemmeno sfiorato un'onda pilota... (l'idea su cui si basa l'interpretazione della maccanica quantistica di Bohm, NdT)
BH: Avrei potuto occuparmene ma non lo feci, semplicemente perché non avevo letto l'articolo di Bohm! E se mi chiedevano perché, rispondevo: “Perché non l'ho letto? Perché è sbagliato”. Avevo assorbito il pregiudizio che la teoria delle variabili nascoste era spazzatura (la teoria delle variabili nascoste sostiene che la meccanica quantistica offre una descrizione incompleta della realtà, NdT). Non solo: avevo la strana sensazione che se avessi letto l'articolo ne sarei rimasto in qualche modo infettato. Ora, guardando indietro, posso dire che era straordinario.

Quando finalmente lo lessi, rimasi stupito, perché utilizzava solo matematica standard. Tirava fuori il concetto di potenziale quantistico e di traiettorie. Allora dissi a uno studente, “Proviamo a calcolare le traiettorie”. Ed è così che Chris Philippidis e Chris Dewdney iniziarono il loro lavoro, calcolando i potenziali quantistici per il problema delle due fenditure e per la particella in una buca di potenziale (due situazioni esemplari che solo la meccanica quantistica riesce a trattare correttamente, NdT). Ed è così che la teoria ha iniziato a crescere. Quando la mostravamo ad altri, ci dicevano: “Sì ok, ma non si può fare così e così”. Ce ne andavamo e cercavamo un metodo per fare così e così. Tornavamo a confrontarci e ci dicevano: “Ma non si può fare...” Tutto quello che ho fatto per anni è stato chiedere a questi ragazzi di svolgere i calcoli per dimostrare che potevamo fare tutte quelle cose. Pertanto, il mio problema era: cosa c'è che non va? Funziona. Se le particelle seguono effettivamente traiettorie o no, non lo so. Ma ci sono le formule, basta applicarle.

GM: E queste hanno iniziato a interessare David?
BH: Sì, David riprese a interessarsi alla cosa. Abbandonammo gli aspetti più speculativi ed esoterici, come il pre-spazio, che rimase sullo sfondo. Ma poi vi siamo arivati sempre più vicini. David era molto eccitato; quando mostrammo le traiettorie, disse "Oh, possiamo ricavarle dalla teoria?” Dal mio punto di vista, e anche da quello di David, questo era solo una sorta di comportamento medio, frutto di un processo più profondo sottostante. Ed è quello che cercavamo di capire. Ma non siamo andati molto lontano, temo. Sai, è una cosa difficile. Abbiamo messo alla prova un sacco di idee diverse, e nessuna sembra davvero funzionare. Manca ancora qualcosa.

GM: Parlami delle idee che avete elaborato.
BH: Eravamo interessati a un concetto di “tutto indiviso”. Come si fa a descrivere l'interezza senza romperla in pezzi? Bohr diceva che non è possibile procedere oltre con l'analisi: non si può fare una distinzione tra il soggetto e l'apparato di osservazione, perché formano un tutt'uno, e appena si divide in pezzi hai fallito, perché hai influenzato il fenomeno. Ho fatto mie un sacco di idee profonde di Bohr. Chi legge il nostro libro, vede che non diciamo mai che Bohr sbagliava, considerando che molti altri dicono che l'interpretazione di Copenhagen è una sciocchezza. Il punto su cui eravamo in disaccordo con Bohr è che l'analisi non possa procedere oltre, e per questo siamo andati avanti. La nostra idea era dire: “Si può fare”. Si può parlare dei singoli elementi, ma è il potenziale quantistico che mette in primo piano ciò che era stato lasciato fuori, perché contiene l'informazione sulle condizioni ambientali, le condizioni al contorno, e la immette in questa entità locale, che così è parte del tutto.

Come questo avviene, non è dato saperlo. Ma ciò che David e io abbiamo ipotizzato è che il potenziale quantistico sia in realtà un potenziale d'informazione, e per questo abbiamo introdotto il concetto di “informazione attiva”. Ero molto preoccupato per l'uso della parola “informazione” perché chiunque avrebbe pensato immediatamente all'informazione di Shannon (Claude Shannon è uno dei padri della moderna teoria dell'informazione, che definisce le basi teoriche dell'informatica, NdT). L'informazione di Shannon non è informazione, è solo capacità di informazione, separata dal significato. Il punto cruciale è stato quello d'introdurre un significato, ciò che per la particella è l'informazione. Poi, naturalmente, tutti pensarono che ci fossimo dati al misticismo. Ma ciò che voglio ribadire è che il potenziale quantistico non è una forza classica. Non è un potenziale classico. È qualcosa di straordinario, di molto strano. Non viene propagato, per quanto possiamo sapere. Ma quello era il mio modo di riconciliare interezza e divisibilità. Se dividiamo, dobbiamo avere qualcosa per mettere tutto di nuovo insieme.

GM: Suona ironico che Bohr e alcuni suoi colleghi reagissero con veemenza contro la teoria di Bohm.
BH: Sì, ma non dimentichiamo che se si guarda alla teoria di Bohm nella sua forma più semplice, non si vede nulla di tutto questo. Ora ti sto parlando della teoria di Bohm alla luce di questi concetti più profondi. A lezione, avevo l'abitudine di spiegare la teoria di Bohm, perché non si può ignorare, che piaccia o no. Ma poi la gente credeva che ciò rispecchiasse il mio concetto della natura. E non è ciò che spingeva David e me a continuare le ricerche. Si tratta di livelli di astrazione diversi. Concludendo, io non sono un seguace di Bohm, nel senso che non sostengo la meccanica di Bohm. Chris Fuchs una volta venne da me dopo una conferenza e mi disse: “E' bello conoscere un bohmiano”. “Prego?”, risposi. “Io non sono bohmiano: non stiamo parlando di meccanica. Nel suo libro sulla teoria quantistica, quello originale, Bohm dice che meccanica quantistica è un termine improprio. Si dovrebbe parlare invece di non-meccanica quantistica”.

GM: Nel senso che non si dovrebbe pensare in termini di un moto meccanicistico delle particelle?
BH: Sì, non è niente di simile. Non si tratta di meccanicismo, ma di organicismo. La natura è più organica di quanto pensiamo. Solo allora si può capire perché la vita ha avuto origine: solo se la natura è organica, in essa vi è la possibilità di una vita. Seguimi in questo ragionamento. Stiamo cercando una particella fondamentale. Così dividiamo la materia in atomi, e pensiamo: ecco dove si trova la vera essenza della natura. Rutherford spaccò l'atomo e trovò il nucleo. OK. Il nucleo è dove risiede la materia. Poi si guarda all'interno del nucleo e si trovano i neutroni. OK, ora ci siamo! Ma poi troviamo i quark, ma i quark non si lasciano afferrare. Prendiamo un protone, un anti-protone, li facciamo collidere e... puf! Compare la radiazione. Allora, dove è la solidità della materia? Dove si trova? Perché comunque cerchiamo di afferrarla...

GM: ...ci sfugge tra le dita.
BH: OK, supponiamo di iniziare con qualcosa di diverso dalle particelle, parliamo di processi, solo attività, solo energia. Allora la prima obiezione è: “Ma che cosa diavolo intendi?” Se leggi Grassmann, per esempio, lui diceva che la matematica non riguarda cose nello spazio e nel tempo, ma il pensiero, l'ordine del pensiero. E ha ottenuto l'algebra che porta il suo nome da questo tipo di considerazioni. Io ho letto i libri e gli articoli originali di Clifford, ed è tutto basato sui processi. Due per tre fa sei, e non vuol dire “due volte tre oggetti”, ma si tratta del raddoppio di tre oggetti. Ecco un processo.

GM: Come entra questo nella meccanica quantistica?
BH: Tramite la non-commutatività. Anche nella vita quotidiana, dobbiamo sempre stare attenti all'ordine. Hai una tazza nell'armadio. Devi aprire la porta dell'armadio prima di tirare fuori la tazza. Tutta la nostra esperienza consiste nel fare le cose nel giusto ordine: per questo, tutta la nostra attività è non-commutativa. Cercando di spiegare i livelli energetici degli atomi, Heisenberg ha scoperto che aveva a che fare con oggetti che non commutano tra loro. L'ordine è di vitale importanza: c'è una differenza tra misurare prima la quantità di moto e quindi la posizione, oppure prima la posizione e poi la quantità di moto. Questa è la base del suo principio d'indeterminazione. La mia impressione è che lui stesse in realtà discutendo un processo. Parlava di come una cosa potesse essere trasmessa da un corpo all'altro, introducendo il concetto di transizione della quantità di moto, e di spostamento da una posizione all'altra. In altre parole, non si parla di x e p, p e x, ma di passaggi da x0 a x1, da p1 a p2, e così via. La sua scoperta essenziale è il “gruppoide”, un concetto ancora utilizzato nella teoria delle categorie. E serve per parlare in termini di processi.

GM: Che cosa c'entra tutto questo con la teoria della relatività?
BH: Pensiamo all'idea che lo spazio e il tempo vengono creati. Qualcuno obietta: "Beh, che cosa intendi dicendo che stiamo creando lo spazio e il tempo? Il mondo è intorno a noi, non c'è una geometria che in qualche modo scopriamo semplicemente guardandola. In realtà, utilizziamo processi fisici per descrivere questa geometria. Come otteniamo la geometria dello spazio? Con un apparato radar e un orologio. Trasmettiamo un segnale luminoso, lo facciamo tornare indietro, e costruiamo la trasformazione di Lorentz sulla base di ciò che sta succedendo. La maggior parte delle persone dice che non si può conciliare la relatività con la teoria di Bohm. Questo non è corretto. Quattro anni fa, sono riuscito a conciliare l'equazione di Dirac e la teoria di Bohm. La chiave è l'utilizzo dell'algebra di Clifford.

GM: Ma non è strano che la natura possa essere fatta in modo da poterne astrarre un concetto di spazio? Sembra che sia implicito un ordine di grado elevato...
BH: Sì, è come ipotizzare che la natura sia ordinata.

GM: Sono sempre stato perplesso di fronte all'uso dei termini “ordine implicito” “ordine esplicito”: potresti andare oltre?
BH: Perché dovremmo aspettarci che i fondamenti della natura sono gli stessi che sperimentiamo nel mondo macroscopico? Questo è per dire, no, il mondo reale non è. Se si guarda al fondo, ci si accorge che si tratta di un miraggio, in un certo senso. L'ordine implicito, la struttura profonda, è l'algebra. Le proprietà sono date in un tutto, ma le stiamo tirando fuori, evidenziando l'ordine esplicito.

GM: Quindi ciò che percepiamo è l'ordine esplicitato?
BH: Sì, è ciò che percepiamo. E non è tutto. Cio che la vecchia fisica classica dice è che vogliamo “stare fuori”, e guardare ogni cosa, come Dio, come se non fossimo lì. Ma non possiamo. Siamo lì, che ci piaccia o meno. Siamo dentro guardando fuori, non fuori guardando dentro. Ciò che è implicito non si può spiegare, ma è necessario avere diversi punti di vista, proprio perché siamo “dentro”. Non si può stare al di fuori, si può avere solo una visione parziale. Quando tengo una conferenza su questo argomento, uso sempre quella classica illusione in cui si può vedere sia una elegante signorina sia una donna anziana. Le linee del disegno sono sempre le stesse, ma il loro significato dipende da come viene esplicitato un ordine rispetto all'altro. Perché un sacco di cose si basano su cose che non si possono spiegare nello stesso momento. La natura è tale che non si può effettivamente esplicitare posizione e quantità di moto allo stesso tempo. Così invece di avere solo una traiettoria, si ha un processo che si sviluppa e si avviluppa. Il passato lavora attivamente nel presente. Si riverbera nel presente per produrre il futuro. Ciò che appare come una particella che passa, non è una particella che passa, ma solo una spiegazione.

GM: Non dovrei pensare a questa particella come un'entità che si sposta attraverso il vuoto?
BH: No, hai pensato all'entità come a una palla da biliardo. Le sue proprietà non sono indipendenti dal processo sottostante. Se cambi il processo sottostante, cambiano le proprietà di questa cosa. Non si possono trattare come cose separate, perché le sue proprietà dipendono dall'ambiente. Stai tirando fuori oggetti da cose che si trasformano continuamente, ma sempre in se stesse. Ci vuole un po' di tempo per abituarsi!

GM: In un certo senso, creiamo quella particella?
BH: Questa è una domanda molto interessante. Creiamo ciò che vediamo? Forse sì. So che la gente dice: “Beh, è tutto soggettivo”. Ma ci sono solo alcune cose che puoi fare. Non è possibile fare magie, ma solo riordinare le cose. È possibile riorganizzare le cose quando si sta costruendo la realtà. Stiamo riorganizzando i processi. Noi siamo parte del processo.

(La versione originale di questo articolo è apparsa su scentificamerican.com il 4 novembre. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

fonte http://www.lescienze.it/news/2013/11/16/ne..._hiley-1889812/

da www.altrogiornale.org/news.php?extend.9124

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"Come si supera la coscienza, per entrare nella consapevolezza?" (Nisargadatta Maharaj)


brano tratto da Io sono quello di Nisargadatta Maharaj:

"M. Quando sarai calmo tutto comincerà ad accadere spontaneamente e in modo naturale, senza alcuna interferenza da parte tua.
V. Posso evitare questa lunga battaglia con la mia mente?
M. Sì che puoi. Ti basta vivere la vita come viene, rimanendo però attento e vigile, lasciando che tutto accada come deve accadere, facendo cose naturali in modo naturale, soffrendo e godendo i momenti di gioia così come la vita dispensa. Anche questa è una via. [...]
Prendila come viene, senza il minimo sforzo. [...]
Sii attento. Mettiti in questione, osserva, indaga, impara tutto ciò che puoi sulla confusione, studiane i meccanismi e guarda che effetti ha su di te e sugli altri. Quando hai ben chiaro cos'è la confusione, te ne sei liberato. [...]
Cerca di avere una mente chiara e un cuore puro. Ti basta rimanere tranquillamente attento, mentre indaghi sulla tua vera natura.
[...]
La consapevolezza è primordiale. È lo stato originario, senza inizio, senza fine, non causato, senza base, non causato, senza base di sostegno, indiviso e immutabile. La coscienza è per contatto, è un riflesso su una superficie, uno stato di dualità. Non può esserci coscienza senza consapevolezza [...]. La consapevolezza è assoluta, la coscienza è relativa al suo contenuto. La coscienza è sempre coscienza di qualcosa, è parziale e mutevole. La consapevolezza è totale, immutabile, quieta e silenziosa. È la matrice di ogni esperienza.
V. Come si supera la coscienza, per entrare nella consapevolezza?
M. Siccome è la consapevolezza a rendere possibile la coscienza, c'è consapevolezza in ogni stato di coscienza. Quindi, la coscienza stessa di essere coscienti è già un movimento nella consapevolezza. La tua attenzione al flusso della coscienza ti porta alla consapevolezza. Non è uno stato nuovo. È riconosciuto immediatamente come esistenza originale, fondamentale, che è la vita stessa, ed è anche amore" (pp. 20-27).

Vorrei soffermarmi solo sulla seconda parte, dedicata al rapporto tra consapevolezza e coscienza. Non esiste la coscienza; esiste invece sempre e solo la coscienza di: coscienza di un suono, coscienza di una figura, coscienza di un toccare, ecc. Ed è la nostra situazione. Ma questo accade all'interno dello spazio più grande, più vasto della consapevolezza, quell'apertura che tutta contiene, in cui tutto accade, che tutto accoglie. E allora l'accorgersi di essere coscienti è già di per sé consapevolezza. Il continuo sentire ciò che ti accade, la tua attenzione a te stesso, ti fa ritornare alla presenza sempre presente del tuo essere, del tuo partecipare al flusso delle cose, alla realtà del mondo. Sei nell'essere, sei vivo, sei qui e ora: è sempre stato così, non è una inedita situazione, non è una novità. È invece un rammemorare, una scoperta, un'immersione nel tuo fondo originale.

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view post Posted on 19/4/2014, 10:13

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SPAZIOTEMPO COME INFORMAZIONE - UN PRINCIPIO ORDINATORE PER SISTEMI VIVENTI?

Il paradigma scientifico dominante non considera l'Universo come un sistema vivente. Ciò deriva dalla prospettiva che l'Universo sia disconnesso e meccanico. Qual è la differenza tra una concezione meccanicistica dell'universo (che agisce come ingranaggi e ruote dentate di una macchina) rispetto a un sistema di auto-organizzazione dinamica?
Informazione.

di William Brown & Nassim Haramein


L'informazione è il tessuto connettivo del nostro Universo. Cosa sono i processi dinamici? Sistemi con operazioni di feedback delle informazioni (come un frattale), che si traduce in evoluzione non lineare e imprevedibilità locale. L'interattività (intercomunicazione) di un tale sistema con elementi generativi e innovativi, si traduce in integrazione esponenziale e sintropia. Lontano dai processi casuali e meccanici immaginati come la legge dell'entropia - che di per sé è uno scenario altamente teorico di isolamento e disconnessione. La visione del mondo disconnesso e meccanicistico, non percepisce il potenziale di intercomunicazione non locale (una rete di informazioni universale) che può generare specifiche influenze ordinanti alla base di tutti i processi fisici. Tale potente orchestrazione deterministica è in gran parte al di là della competenza di una visione del mondo così miope.

La natura stocastica della meccanica quantistica - la teoria di consenso del comportamento fondamentale della materia - è un riflesso della frammentaria visione isolazionista. Tuttavia, anche in questa teoria, si riconosce che un dispositivo di misurazione di dimensione infinita potrebbe accertare con assoluta precisione deterministica gli stati quantistici e le coordinate spazio-temporali di ogni particella in una stanza. Purtroppo, un tale dispositivo è impossibile, perché collasserebbe in un buco nero. Eppure, c'è un buco nero di tale portata che sta misurando lo stato di ogni quanto fondamentale in ogni momento - è l'Universo, da quando la massa del nostro universo osservabile è considerata nell'attuale raggio misurato - il nostro universo obbedisce alla condizione di Schwarzschild o la condizione di un buco nero.

“It from bit”
- John Archibald Wheeler


Come le informazioni sarebbero il tessuto connettivo del cosmo? E' solo una dichiarazione astratta? Difficilmente. John Archilbald Wheeler, uno dei fisici più autorevoli del 20° secolo e collega di Einstein, ha sviluppato equazioni geometriche che descrivono l'origine delle caratteristiche più fondamentali della materia - come la carica e la massa di una particella - una delle zone più attive della ricerca anche oggi (con le nozioni artificiose di un bosone di Higgs ) . Le sue formulazioni produssero queste caratteristiche puramente dalla geometria dello spazio-tempo, quindi derivando 'carica senza carica' e 'massa senza massa' - come caratteristiche emergenti della struttura e della dinamica dello spazio-tempo. Mentre Wheeler è colui che, insieme a Einstein, comprese il primato della geometria - poi ha capito che esiste una fonte ancora più fondamentale e cioè le informazioni - coniando così il termine ‘it from bit’. Come in 'esso' tutto deriva da 'bit' - unità base di informazione. (Coincidentalmente, Wheeler ha anche formulato una soluzione per la gravità quantistica, chiamata equazione Wheeler-DeWitt - ma dal momento che non ha richiesto il tempo, i fisici l'hanno considerata come irreale - non rendendosi ancora conto che ciò che noi sperimentiamo come tempo è una evoluzione localizzata di un sottosistema attraverso la struttura dello spazio, ma non un cambiamento nella struttura dello spazio su scala globale dell'Universo - tempo da entanglement quantistico http://arxiv.org/pdf/1310.4691v1.pdf ).

La struttura geometrica dello spazio-tempo è un mezzo di codifica dell'informazione- pixel di Planck. La dinamica dello spazio-tempo trasmette ed elabora le informazioni. E la struttura dell'evoluzione dello spazio-tempo determina e genera le caratteristiche fisiche della materia e delle forze nell'Universo. Fisicamente, cosa sono i pixel di Planck? Cioè, di cosa è fatto lo spazio-tempo? La risposta è quanti elettromagnetici di punto zero. Si tratta di un campo elettromagnetico che comprende tutti i modi possibili. Che cosa ha a che fare con la biologia? A parte l'inferenza ovvia che siamo fondamentalmente fatti di quanti elettromagnetici (lo spazio stesso) - ha un'incidenza diretta sulla natura dei processi biologici informativi (sistemi di auto-organizzazione) e molto probabilmente sulla fonte della coscienza. Poiché siamo ciascuno una unità funzionale di un mezzo di elaborazione delle informazioni che è il tessuto di collegamento dell'universo.

vedi immagine
http://www.altrogiornale.org/images/newspo...nformation2.jpg

Che cosa è questa l'immagine? Una sezione di cervello che mostra la vista microscopica dei neuroni? Una simulazione al computer della distribuzione della materia e delle galassie nell'Universo (basata sui valori osservati della cosiddetta materia oscura ed energia oscura)? O forse la schiuma quantistica del vuoto (spazio-tempo)? Fate la vostra scelta. La forma mostra la funzione a queste scale (che si ripresenta in tutte le 4 dimensioni spaziali dell'Universo osservabile)?

vedi immagine
http://www.altrogiornale.org/images/newspo...nformation3.jpg

L'immagine qui sopra dà un senso della rete in scala di Planck dello spaziotempo. Proprio come i filamenti di "materia oscura" che collegano superammassi galattici o le dendriti che connettono miliardi di neuroni - punti nodali reticolari (Il Mondo di Cristallo Planck-Kleinert http://users.physik.fu-berlin.de/~kleinert...planckklcZN.pdf ) sono collegate da filamenti costituiti da ponti di Planck-Einstein-Rosen (Costruire lo Spaziotempo con l'entanglement quantistico http://arxiv.org/pdf/1005.3035v1.pdf ). Proprio come la propagazione dei segnali elettrici attraverso la rete sinaptica del cervello - fasci di linee intense di flusso elettrico e magnetico attraverso la rete di Planck dello spazio-tempo (campi vortex Poynting http://astroreview.com/issue/2012/article/...ectro-magnetism ).

Esiste una reiterazione frattale per tutta la magnitudine della dimensione. Proprio come un transistor può funzionare come unità binaria (tramite la presenza o l'assenza di una carica elettrica), possono farlo anche un singolo atomo o una particella subatomica - o, come Wheeler ha postulato - oscillatori armonici di Planck del vuoto quantistico, lo spazio stesso. Questa non è una novità, è noto come il Principio Olografico. Tuttavia, ciò che viene sottolineato è che questo mezzo di codifica dell'informazione può essere collegato da una rete di wormhole continua - consentendo la trasmissione non locale, cioè superluminale, delle informazioni. Ciò significa che tutti i settori della spaziotempo agiscono come un unico volume di codifica dell'informazione - non sono isolati - si tratta di una rete di elaborazione delle informazioni.

Quello che il lettore può trattenere da questa discussione, è che la nostra struttura biologica e l'ambiente della nostra biosfera, sta emergendo come qualcosa di diverso da un risultato isolato di qualche fluttuazione casuale (un colpo di fortuna) e più come parte di un incredibile autostrada dell'informazione che collega tutti i punti del nostro Universo e multiverso, generando strutture altamente avanzate e complesse di auto-organizzazione da cui le informazioni stanno continuamente guidando la trasformazione attraverso tutte le scale in una evoluzione coordinata e sorprendentemente rapida. Da questo punto di vista, allora, non solo la fisica del nostro Universo è unificata con la complessità biologica di cui siamo parte, ma tutta la struttura è una manifestazione di ciò che siamo venuti a descrivere come coscienza o se volete, una retro-azione di informazione in tutte le scale che produce auto-consapevolezza.

di William Brown & Nassim Haramein
Fonte: http://resonance.is/spacetime-as-informati...living-systems/

da www.altrogiornale.org/news.php?extend.9028

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view post Posted on 23/4/2014, 09:43

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L'Universo Informato

Quali sono le più importanti scoperte della fisica contemporanea? Cosa ci dicono sulla nascita e il destino dell'Universo?

Carlo Donadio


Negli ultimi venti anni il panorama della ricerca scientifica, in particolare nella fisica, si è progressivamente rimodellato in un crescendo tanto silenzioso, quanto radicale, al punto di sembrare sostanzialmente immutato al grande pubblico, fatta eccezione per i grandi eventi che hanno avuto un forte impatto mediatico, come la scoperta del Bosone di Higgs. Nel contempo si sono accumulati diversi lavori di notevole spessore teorico rimasti però circoscritti all’ambito dei “tecnici”, lavori che lasciano intravedere una significativa svolta di carattere concettuale verso orizzonti ancora poco esplorati o, addirittura, sottovalutati da folte schiere di scettici.

I Pilastri della Fisica
Quali sono gli attuali fondamenti della fisica contemporanea e quali i suoi limiti?
Per rispondere esaurientemente a questa domanda è necessario fare una rapidissima panoramica concentrandoci con attenzione sul XX° secolo, crocevia di vere e proprie rivoluzioni scien-tifiche. Questa esaltante epoca si apre proprio nel 1900 con l’enunciazione “embrionale” della teoria dei quanti da parte di Max Planck, proseguendo poi nel 1905 e nel 1916 con le rivoluzionarie teorie relativistiche di Einstein le quali hanno dato inizio così a una vera e propria escalation scientifica che dura sino a nostri giorni, seppur con qualche battuta di arresto. Dopo vari sforzi teorici e sperimentali costellati da numerosi successi, possiamo sintetizzare le attuali conoscenze scientifiche in ambito fisico raggruppando da un lato le interazioni fondamentali esistenti in natura e da un altro le teorie che cercano di comprendere le leggi che le governano.

Le interazioni fondamentali conosciute sono:

- Nucleare Forte
- Nucleare Debole
- Elettromagnetica
- Gravitazionale

I modelli teorici di riferimento sono invece:

- Teoria della Relatività Ristretta e Generale
- Meccanica Quantistica

Questi due paradigmi hanno sempre avuto difficoltà nel conciliarsi poiché il primo, la relatività, funziona molto bene su scale cosmiche, nell’immensamente grande, e riesce a descrivere in maniera abbastanza esauriente il comportamento di stelle, pianeti e galassie introducendo concetti innovativi come spazio-tempo e curvatura, mentre il secondo, la meccanica quantistica, viene applicata con enorme successo nell’infinitamente piccolo su scala atomica e sub-atomica. L’uno completa l’altro, ma non riescono a trovare un linguaggio comune. Nel corso degli anni la relatività è rimasta sostanzialmente invariata fatta eccezione per qualche soluzione particolare delle sue equazioni ricavata successivamente alla sua enunciazione, come ad esempio per i casi limite dei buchi neri, mentre la meccanica quantistica ha avuto notevoli e importanti evoluzioni sino a consolidarsi nella Teoria Quantistica dei Campi (QFT) e conseguentemente nel Modello Standard abbracciando anche i sottomodelli dell’Elettrodinamica Quantistica (QED) e delle Cromodinamica Quantistica (QCD) riuscendo a coprire in maniera soddisfacente la descrizione delle prime tre interazioni prima menzionate, cioè quelle che riescono a tenere insieme il nucleo degli atomi e che governano elettroni e fotoni.

Grande sogno dei fisici è quello di riuscire a formulare una teoria quanto più semplice ed elegante possibile che riesca ad esprimere in maniera unitaria tutte le leggi della natura, ma l’impresa è molto ardua seppur si intravedono accenni di una soluzione e qualche progresso è stato già fatto. Si pensi alla teoria di unificazione elettrodebole, sperimentalmente verificata, che unisce l’interazione nucleare debole con l’elettromagnetismo. Sono state anche matematicamente formulate delle possibili teorie di Grande Unificazione (GUT) volte a sintetizzare le prime tre interazioni, unificando quindi la forza elettrodebole alla nucleare forte. Il grande ostacolo sembra essere la forza di gravità, così blanda e inafferrabile quanto importante, descrivibile matematicamente ma quasi impossibile da rilevare strumentalmente al pari delle altre.

Su di essa sono stati versati fiumi di equazioni nel tentativo di trovare una soluzione al suo mistero. Uno spiraglio si intravede in quella che viene chiamata Teoria delle Stringhe, un costrutto matematico capace di descrivere tutte e quattro le forze. Essa prevede delle minuscole quantità di energia vibranti in dimensioni extra, cioè oltre le tre spaziali e quella temporale ma non percepibili. Vibrando a diverse frequenze danno così luogo alle diverse interazioni. Una microscopica quanto immensa orchestra cosmica che dà forma al tutto ma che attualmente non si è in grado di dimostrare sperimentalmente per via delle energie necessarie che sono ben oltre la portata dell'attuale tecnologia. Tuttavia essa rappresenta un modello estremamente affascinante che ha aperto nuove ed avveniristiche prospettive. Notevole di menzione è anche la Teoria della Gravità Quantistica a Loop, ancora in fase di sviluppo ma molto promettente data la sua rigorosa impostazione matematica.

Gravità Olografica
Nel 1995 la Teoria delle Stringe ha raggiunto un apice di eleganza teorica con l’esposizione dalla M-Teoria ad opera del fisico Edward Witten il quale è riuscito a formalizzare un modello matematico in ben 11 dimensioni, 10 spaziali e una temporale, capace di coniugare coerentemente le cinque principali versioni sino a quel momento elaborate. Successivamente nel 1997 Juan Maldacena propose alla comunità scientifica il suo importantissimo lavoro sulla corrispondenza tra gli Spazi anti-de Sitter e le Teorie di Campo Conforme (AdS/CFT), ovvero sulla stretta relazione di corrispondenza che intercorre tra la Teoria delle Stringhe e la Meccanica Quantistica. A tutt’oggi esso è considerato tra gli sforzi più importanti della fisica teorica, una pietra miliare di riferimento che vanta innumerevoli citazioni e rappresenta la più congrua realizzazione matematica del Principio Olografico proposto originariamente da Gerard ‘t Hooft e successivamente promosso e sviluppato da Leonard Susskind.

Questo principio, che viene applicato alla forza di gravità, sostiene il legame tra le proprietà termodinamiche di una massa circoscritta a un volume e l’interazione della sua superfice con lo spazio circostante, cioè tra una proprietà tridimensionale e una bidimensionale legate tra di loro dall’entropia intrinseca alla massa stessa come analogamente, ma in senso relativistico, ipotizzò Ted Jacobson già nel 1995. Tra il 2009 ed il 2010 l’olandese Erik Verlinde ha esposto un’ulteriore evoluzione a questi concetti avanzando l’ipotesi che la gravità sia una proprietà emergente e non fondamentale, una forza entropica che nella sua descrizione riesce a includere sia le equazioni della Relatività Generale che quelle della Gravitazione Newtoniana. Un risultato tanto notevole quanto oggetto di critiche e scetticismi. Di significativo pregio anche il lavoro di Daniele Pesolillo, una tesi di Laurea Magistrale pubblicata nel 2011, che risulta essere il primo lavoro accademico di questo tipo in lingua italiana, anch’esso accolto con scarso entusiasmo da tradizionalisti e conservatori.

Maledette Particelle
Probabilmente nell’ormai leggendario anno 2012 anziché “la fine del mondo”, ha avuto luogo l’inizio di una nuova era scientifica a circa 100 metri di profondità nel sottosuolo tra la Svizzera e la Francia nella monumentale installazione del CERN di Ginevra. I rilevatori dell’LHC, l’acceleratore di particelle più grande e sofisticato mai costruito prima, hanno osservato qualcosa di estremamente affine alle previsioni fatte per il Bosone di Higgs, scoperta che pare ormai confermata dalle numerose analisi sui dati. Questa particella costituiva il tassello mancante e fondamentale del Modello Standard che, in sua assenza, sarebbe privo di consistenza essendo essa responsabile del meccanismo che conferisce la massa alle altre particelle. Per chiarire meglio il concetto è necessario esplicitare nel linguaggio comune i principi su cui si fonda il Modello Standard. Esso è una schematizzazione della Teoria Quantistica dei Campi in relazione alle particelle elementari, che costituiscono la materia, e alle interazioni fondamentali che le governano, fatta eccezione per la forza di gravità che non viene inclusa.

Molto grossolanamente possiamo generalizzare la suddivisione in due macro-famiglie di particelle:

- i Fermioni, costituenti la materia effettiva;
- i Bosoni, mediatori di interazione e del relativo campo.

Sinora questo modello ha fornito precise previsioni puntualmente verificate sperimentalmente con l’aggiunta talvolta di qualche lieve variante esotica, ma per essere pienamente sostenibile si rendeva necessaria l’esistenza di un campo scalare e onnipervasivo, cioè costante e presente ovunque nell’universo, tale da fornire una base su cui i Fermioni potessero acquisire consistenza materiale, potessero essere cioè dotati di massa. Questo effetto è detto Meccanismo di Higgs ed è in grado anche di spiegare il fenomeno della Rottura Spontanea della Simmetria, ovvero il processo primordiale di differenziazione delle interazioni fondamentali. Essendo questo campo, detto Campo di Higgs, esso stesso quantizzato, operando una sufficiente perturbazione al suo interno è possibile rilevarlo, ma per rendere fattibile e affidabile questa osservazione si è reso necessario l’utilizzo delle avanguardistiche tecnologie presenti nell’LHC, che alla fine hanno dato i loro frutti premiando gli sforzi di oltre 50 anni di ricerca.

È un risultato che fornisce importantissime risposte ma apre la strada ad altre domande, come giusto che sia nella ricerca scientifica di base. Resta però ancora esclusa l’incomprensibile interazione gravitazionale che in questo modello, in assenza della rispettiva particella mediatrice, l’ipotizzato Gravitone, proprio non può starci. Le Stringhe e altre teorie correlate come la Supersimmetria risolverebbero il problema, ma al momento sembrano richiedere tecniche di riscontro ancora non disponibili.

Intriganti Scenari
Apriamo una riflessione sul significato di questa scoperta cercando di estendere la filosofia fondante il Modello Standard tenendo anche presente quanto esposto in precedenza. I principi di una gravità olografica, vista come forza entropica, potrebbero non essere in disaccordo con la presenza di un tale campo, anzi, questi due aspetti, apparentemente distinti, sono interpretabili come due prospettive diverse di uno stesso principio, la prima come una valutazione statistica su scala macroscopica e la seconda peculiare su scala quantistica offrendo possibilità di ricongiunzione con la Relatività Generale rimanendo coerente anche con la Teoria delle Stringhe. Si potrebbe avanzare quindi l’ipotesi di una revisione del Modello Standard in chiave olografica considerando come riferimento universale il Campo di Higgs e tutte le altre particelle come proiezione di un'informazione quantistica, analogamente a come viene ricostruita un’immagine tridimensionale da una lastra bidimensionale.

Analogia che, nella realtà fisica, potrebbe trovare riscontro nella corrispondenza AdS/CFT a più dimensioni. In questa visione la gravità assumerebbe il ruolo particolare di proprietà emergente strettamente geometrica prodotta dall’interazione del Campo di Higgs e la massa da esso stesso conferita. Per rendere meglio l’idea visivamente, è un effetto molto simile a quello prodotto da un corpo immerso parzialmente in un liquido leggermente perturbato, un po’ come un ciottolo sulla sponda di un lago, che in questa interazione produce localmente un fenomeno di autointerferenza con il liquido stesso. La forza di gravità potrebbe essere quindi interpretata come una proprietà plastica del vuoto di cui il Campo di Higgs, date le sue caratteristiche, è un elemento fondamentale. Essa può essere descritta secondo principi olografici in uno spazio-tempo curvo secondo la Relatività Generale, considerando, cioè, in cui in ogni punto, una superficie “virtuale” di proiezione, un oggetto puramente matematico, che ne codifica la geometria di interazione.

In ultima analisi il Campo di Higgs potrebbe essere una manifestazione del vuoto stesso, una sua varietà, e conseguentemente dello spazio-tempo che si rivelerebbe così anch’esso quantizzato e consistente dal punto di vista sperimentale. Per penetrare ancora più efficacemente questa ipotesi è necessario soffermarsi con attenzione sul concetto, tutt’altro che aleatorio, di informazione, intesa in un senso strettamente fisico e misurabile a livello sia statistico che quantistico. Se l’intero universo è un ologramma cosmico, come suggerisce Susskind, deve essere inevitabilmente prodotto da informazioni definite e opportunamente codificate. Ricordiamo che l’olografia si basa sul principio dello schema di interferenza, ovvero di un ag-gregato di onde che possono interferirsi sia in ampiezza che in fase e che così correlate tra di loro rappresentano fedelmente un’informazione.

Il concetto di onda in Meccanica Quantistica è fondamentale per descrivere la realtà e di recente è stato anche approfondito in maniera molto raffinata. David Tong ha strutturato un modello per la Cromodinamica Quantistica interpretando i gluoni, mediatori dell’interazione forte tra i quark che costituiscono protoni e neutroni, come solitoni, particolari onde che hanno la proprietà di non disperdersi, né di attenuarsi lungo il loro tragitto. Essi vengono studiati anche in fisica non lineare applicandoli alla propagazione di segnali a lunghissima distanza e tra le loro singolari caratteristiche hanno quella di interferire non in ampiezza, ma in fase, senza perdere la loro individualità. Solitoni e olografia sono matematicamente integrabili tra di loro in una codifica a modulazione di fase prevedendo come caso secondario la modulazione in ampiezza per le onde che decadono con comportamento lineare.

Ordine e Disordine
Seguendo questa linea di pensiero, seppur al momento puramente speculativa, è inevitabile prolungarsi sino all’orizzonte cosmologico ma, per affrontare efficacemente questo impegno, è assolutamente necessario valutare una revisione del concetto di entropia. Ricordiamo, in estrema sintesi, che l’entropia è un parametro dipendente dallo stato di “disordine” di un dato sistema. Più è elevata l’entropia tanto più è elevato il disordine che caratterizza il sistema. Si è sempre dedotto che, essendo l’intero Universo assimilabile a un sistema chiuso e limitato, la sua entropia totale non può che aumentare giungendo sino ad un limite massimo definito “morte termodinamica” oltre cui non sono più possibili interazioni fisiche e chimiche di alcun genere. Alla luce delle moderne osservazioni che mostrano il cosmo in continua espansione ed unitamente ai risultati teorici precedentemente citati, questa deduzione, formulata nel XIX° secolo, perde decisamente consistenza. Molto più plausibilmente è possibile riconsiderare l’entropia in senso informazionale, così come formulata da Claude Shannon, in un contesto olografico su scala cosmica senza necessariamente demolire la termodinamica classica, ma ridefinendola in maniera ancor più rigorosa in accordo con la Teoria dell’Informazione, così come già suggerito in un precedente articolo.

Le conseguenti implicazioni cosmologiche sono di rilevanza non trascurabile. Si potrebbe considerare l’Universo come un immenso agglomerato di informazioni codificato olograficamente, in cui il contenuto del suo volume è equivalentemente impresso sulla sua ipotetica superfice. In quest’ottica il decorso che va dal Big Bang sino all’attuale e futuro stato di evoluzione può essere paragonato, per analogia tecnologica, a un processo di decompressione di informazioni che vanno via via strutturandosi come un sistema dinamico tendente a un attrattore. Ciò mette in discussione anche le congetture di uno stato iniziale infinitamente piccolo e denso, nonché di singolarità, che andrebbero sensibilmente riviste. Potremmo ipotizzare, diversamente, un primo stadio di accumulazione/condensazione di energia/informazione che, giunto a uno stato critico, innesca una singolarità destabilizzante a cui fa seguito lo stadio di espansione ancora in atto. Espandendosi l’Universo struttura se stesso generando spazio, tempo e materia, dando luogo a stelle, galassie, pianeti e tutto ciò che esiste come in un progetto che va realizzandosi autonomamente.

Materia Oscura ed Energia Oscura, ovvero ciò che attualmente l’astrofisica non riesce ancor bene a definire, seppur elementi predominanti ed estremamente influenti nel contesto cosmologico, delineerebbero universalmente le due tendenze evolutive di sintropia ed entropia, convergenza e divergenza, Logos e Caos, che si compenetrano, equilibrandosi, in un’armoniosa danza creativa.

Conclusioni
Abbiamo esaminato in questa panoramica solo alcuni dei più recenti sviluppi in ambito scientifico che ci fanno però intuire quanto esso sia interdipendente da quello umanistico, dal pensiero umano in genere. Per un significativo progresso tecnico e sociale è inevitabilmente necessario un profondo cambio di approccio, di impostazione concettuale, uno sforzo di spregiudicata, ma rigorosa, apertura al nuovo teso al superamento degli attuali limiti che, spesso, sono dettati da altre circostanze.

Un cammino di riconciliazione culturale possibile per cui auspico feconde prospettive.

fonte http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/...ntemporanea.php

da www.altrogiornale.org/news.php?extend.9142

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L’Esperienza del Flow

Autore Matteo Simone

L’esperienza del flow corrisponde ad uno stato psicofisico ottimale: uno “stato di grazia” che rappresenta un elemento predisponente importante per il verificarsi delle cosiddette “peak performances” (prestazioni eccellenti).

Mihaly Csikszentmihalyi è stato il primo ad occuparsi di flow, professore presso il dipartimento di psicologia dell’Università di Boston, osserva come alcuni individui in certe particolari condizioni vengano completamente assorbiti dalla pratica di un’attività fino ad entrare in uno stato di leggera trance, ovvero in flow.

Cosa si intende per stato di leggera trance?

In particolari situazioni la persona è talmente assorta in quello che fa, è talmente in sintonia, talmente padrona della situazione e sicura di avere le competenze, le capacità occorrenti, da vivere una situazione dove sente che tutto andrà come previsto, che tutto andrà liscio, quasi da sperimentare all’atto compiuto un ricordo non completo di quello che è successo e come questo è successo, quasi come se avesse operato affidandosi ad una sua parte subconscia che gli ha chiesto di mettere da parte tutte le paure, le insicurezze dimostrando il suo valore e le sue capacità.

Chi è nel flow sente di essere completamente coinvolto, focalizzato, concentrato; sa che l’attività è fattibile e che le abilità che possiede sono adeguate allo scopo e saranno utilizzate al massimo; è assolutamente focalizzato sul presente; avverte un senso di “serenità”; ha la sensazione di muoversi in armonia con l’attività intrapresa, come dentro una corrente, un flusso.

Lo stato di flow non si sperimenta solamente in ambito sportivo, ma anche in altri ambiti, per esempio in ambito artistico può capitare di essere presi da quello che si fa da distaccarsi quasi dalla realtà e lasciarsi andare all’ispirazione, si inizia a scrivere, a disegnare, a comporre musica tutto ciò immersi in sensazioni piacevoli di benessere. In questi casi si può dire che la persona crea qualcosa di inaspettato, quasi di non programmato, ma lo fa perché sa di poterlo fare, di averne le capacità, sa che lo ha già sperimentato e quindi si predispone mentalmente a ri-sperimentarlo, sa che arriverà il momento giusto, ha bisogno solo di concentrarsi, di dedicarsi per un dato lavoro, e dopo se ci riflette pensa: “Ma come ho fatto? Non pensavo di poterlo fare, ma questo l’ho fatto io?”. Sperimenta un senso di soddisfazione elevato che non fa altro che incrementare il suo senso di autoefficacia.

Riporto una descrizione nel libro “Notturno per violoncello solo” di Pablo Lentini Riva, maestro e concertista di chitarra classica: “Era una sensazione rarissima che mi permetteva di esibirmi in stato di grazia. La provavo dopo qualche brano. Improvvisamente mi accorgevo di controllare tutto: il palco, la platea, le quinte. I miei sensi erano amplificati. I passaggi più complessi diventavano semplici in quella dimensione in cui regnava una quiete cristallina. Nel mio cervello s’instaurava un ordine che mi permetteva di rimanere concentratissimo e nel contempo di trovare il giusto abbandono per emozionare il pubblico. Al culmine di questa sorta di trance avevo l’impressione di guardarmi, non come in uno specchio, ma di vedermi da fuori, proprio come se fossi un altro, come se fossi uscito dal mio corpo e diventato tanto potente da dominare la scena.” (1)

Da questa descrizione emergono alcuni aspetti che caratterizzano il flow, e più precisamente il paradosso del controllo (sensazione di un completo controllo della situazione in assenza di sforzi consapevoli per ottenerlo), concentrazione totale e completa sul compito, esperienza autotelica cioè il piacere di fare (elevata motivazione intrinseca).

Anche Igor CASSINA ha riportato una simile esperienza dichiarando che quando vinse le olimpiadi si è sentito sdoppiato: “Non mi ero accorto di aver vinto l’oro. Pensavo riguardasse un’altra persona…”.

Questi momenti sono chiamati di “flow”, è come essere in un flusso, una condizione di trance, quello che si sperimenta è indescrivibile e si identifica con una particolare condizione in cui l’atleta è così coinvolto nel gesto agonistico in atto tanto da escludere dalla sua mente qualsiasi altra cosa sviluppando la massima attenzione e concentrazione.

I fattori che influenzano il flow in modo positivo sono:

preparazione ottimale;

sensazione di sicurezza e un atteggiamento positivo (è l’autoefficacia che spinge una persona a fissare obiettivi sempre più difficile, cioè sapere di saper far, il riuscire in qualcosa incrementa l’autoefficacia);

capacità di mantenimento del livello ottimale di arousal (giusto livello di attivazione);

livello appropriato di motivazione alla performance;

generale sensazione di benessere fisico e mentale;

focalizzazione sul compito;

condizioni ambientali ottimali;

interazioni positive con lo staff, il team o la squadra (fare un lavoro di coesione di squadra, di obietttivi condivisi);

precedenti esperienze di flow (fare un riesame di precedenti successi ed individuare quali risorse hanno contribuito al successo, quale talento, caratteristica).

Nel raggiungimento di un obiettivo conta molto il programma mentale. Per raggiungere la meta bisogna conoscerla e visualizzarla. Elenco una serie di passi che è utile compiere per il perseguimento dei propri obiettivi:

fai un programma dei tuoi obiettivi in ordine temporale, specificando come li vuoi raggiungere;

chiediti cosa sei disposto a fare e cosa sei disposto a rinunciare;

descrivi cosa è necessario fare o evitare per arrivare alla meta e chiediti se ne vale la pena;

pensa a ciò che comporterà il raggiungimento del tuo obiettivo;

ricordati il prezioso consiglio dello psicologo sudafricano Arnold Lazarus: “Se desiderate compiere qualcosa nella realtà, innanzitutto visualizzate voi stessi mentre riuscite a compierla”, pertanto realizza un film mentale del prossimo obiettivo (anticipa mentalmente i tuoi successi) e osserva come sarà la tua vita in preparazione della tua meta;

visualizza il cambiamento e concentrati sulle tue sensazioni.

L’importanza dell’allenamento mentale è fondamentale per indurre l’atleta a rivivere in maniera consapevole e non casuale lo stato di flow.

E possibile raggiungere uno stato di trance durante sedute di ipnoterapia, dove la persona si affida al professionista che inducendo questo stato attraverso induzioni ipnotiche riesce a fare un lavoro con la persona; in questo caso la persona si fida di se stessa attraverso il lavoro con il terapeuta.

Weitzenhoffer (1989) afferma: “Una volta che l’atleta ha avuto l’opportunità di imparare il modo corretto o efficace di eseguire l’esercizio, gli può essere dato il compito, in ipnosi, di visualizzare se stesso mentre esegue i giusti movimenti ancora ed ancora… L’atleta dovrebbe non solo guardare se stesso mentre esegue l’esercizio, ma dovrebbe “sentirsi” quanto più possibile. (2)

In ipnosi si possono immaginare prestazioni prima impossibili.

Liggett e Hamada (1993) citano diversi casi di uso dell’ imagery sotto ipnosi per migliorare la performance degli atleti. (2) Un ginnasta giapponese, membro della squadra di ginnastica universitaria giapponese, non era mai stato abbastanza flessibile da completare una spaccata. In ipnosi il soggetto era in grado di eseguire la spaccata. Dopo averlo fatto diverse volte in trance, fu anche in grado di ottenere quest’estensione quando non era in questo stato.

Importante per il raggiungimento della Peak Performance è un lavoro di “installazione” delle risorse attraverso l’E.M.D.R. (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) facendo focalizzare sull’obiettivo imminente e considerando le risorse occorrenti, le precedenti situazioni dove si sono sperimentate, individuando se possibile anche una parola che le rappresenti, immaginare l’obiettivo da raggiungere legato alle risorse occorrenti e possedute ed “installare” cioè rafforzare tale convinzione basata sull’immaginazione futura credibile e convinta, insomma un lavoro sull’incremento dell’autoefficacia con l’aiuto dell’EMDR.

Note

(1) Lentini Riva P., Notturno per violoncello solo. Confessioni di un musicista incantato da una sirena. Ellin Selae, Murazzano (CN), 2008, pag. 74.

(2) Weitzenhoffer, A. M. (1989). The practice of hypnotism. In Liggett DR, Hamada S., 1993.

(3) Liggett D.R., Hamada S., 1993. Enhancing the visualization of gymnasts. American Journal of Clinical Hypnosis, Jan;35(3):190-7.

Fonte www.psicolab.net/2013/sport-flow-goal/

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view post Posted on 26/5/2014, 09:36

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E SE IL TEMPO NON
 ESISTESSE AFFATTO?
Traduco e sintetizzo nel seguito un lungo articolo apparso di recente su Wakingtimes.com, ad opera di Brandon West, creatore di Project Global Awakening: “un sito dedicato alla ricerca di varie discipline spirituali e scientifiche e alla loro applicazione per la tua conoscenza e per aiutarti a vivere una vita ispirata e cambiare il mondo” (c.b.)

E se tutto accadesse simultaneamente? E se il tempo non esistesse affatto? Ho visto di recente una descrizione dell’universo, come percepito in fisica. Per citare William Brown (da non confondersi con il William Brown che lavora per il Resonance Project):

“Ciò che la scienza ha scoperto esplorando i livelli profondi della realtà, è che il nostro universo è strutturato in strati di creazione. Strati di creazione, dal livello classico e diverso, in superficie, delle percezioni quotidiane, ai livelli più profondi: le molecole, gli atomi, i nuclei, le particelle subatomiche, i mondi nei mondi.”

In sintesi Brown descrive questi livelli in questo modo:

“Il livello di superficie della realtà sensoriale è tipicamente chiamato “mondo classico”. Al di sotto di questo mondo classico, c’è il mondo delle molecole, gli atomi, ovvero il regno dei meccanismi quantici. Poi c’è il nucleo atomico e le particelle subatomiche che è il mondo della teoria del campo quantico, la meccanica quantistica relativista. Ed infine ecco emergere la teoria del campo unificato …” (William Brown: The Light Body)

Dunque tutto ciò ci porta ad una domanda cruciale…

Cosa è il Tempo?

Un collega di Einstein, il fisico John Archibald Wheeler, sviluppò una delle prime equazioni di gravità quantica nei primi giorni della unificazione della Teoria Quantica e della Relatività. Sebbene funzioni, questa equazione non incorpora il tempo come parametro fisico e i fisici trovano che questo sia inquietante…
“Quando venne quantizzata per la prima volta la Relatività Generale (diventando una teoria della gravità quantica) negli anni ’60 ad opera di John Wheeler, il risultato prediceva uno stato statico dell’universo , ovvero – non c’è alternativa - l’assenza del tempo. Questa particolare soluzione alla quantizzazione della Relatività Generale è nota come l’equazione di Wheeler-DeWitt. Il risultato sembro’ essere paradossale: come puo’ l’universo essere statico ed immutabile, quando tutta la nostra esperienza è di cambiamento?” – William Brown da The Resonance Project Foundation

Questa è proprio la questione che andiamo qui ad analizzare in questo articolo, dandole forse una risposta. È interessante notare che le equazioni che sono generalmente accettate dall’establishment scientifico, suggeriscono sia che il tempo è una illusione, che l’universo sia di fatto statico. Ovviamente queste idee furono considerate fallaci perchè non sostenevano i fatti, ovvero ciò che è chiaramente osservabile nell’universo. Ogni giorno vediamo il cambiamento e possiamo misurare il tempo, quindi deve essere vero. E se potessimo cambiare la nostra percezione dell’universo e risolvere questo conflitto? E se il tempo non ci fosse proprio nell’universo ed esso sia solo il risultato di un cambio di prospettiva all’interno di un universo statico, che in qualche modo non mostra un moto né un universo in cambiamento? Per indagare meglio questa idea dobbiamo scoprire cosa sia veramente il moto.

Ma le cose si muovono veramente?

Nassim Haramein ha detto che ciò che percepiamo come moto è in realtà dovuto al fatto che la realtà a livello quantico lampeggia ad alta frequenza dentro e fuori l’esistenza e che la creazione, in effetti, appare e scompare oscillando tra la forma e la sua assenza, e questo innumerevoli volte ogni secondo, dando cosi la sembianza del moto. Quindi, tecnicamente, le cose non si muovono affatto in questo universo, ma appaiono e scompaiono in schemi leggermente diversi, che fanno apparire tutto ciò come moto. Non è il campo unificato a lampeggiare, ma solo quella che noi percepiamo come materia solida, ovvero le particelle, i nuclei, le particelle sub-atomiche ed il mondo materiale. In un certo modo, potrebbe essere tecnicamente più accurato chiamare ciò che facciamo ogni giorno…”micro teletrasporto”.

Quando entriamo in un negozio e guidiamo la macchina, in realtà stiamo “teleportando” in minime quantità, assurdamente piccole, ma ad una frequenza estremamente alta, per dare la sembianza del moto. Tuttavia questo moto accade solo “percettivamente” sui livelli energetici più bassi della creazione, ovvero il mondo materiale o il mondo classico in cui esistiamo per la maggioranza del tempo, e potenzialmente il livello atomico-molecolare della realtà. Quindi al livello teorico e quantico della realtà… non c’è moto, ma un lampeggio dentro e fuori dall’ esistenza di creazione; dal punto di vista del nostro livello, ciò appare come un moto fluido. Proprio come le persone nel video della tv che non stanno effettivamente muovendosi, ma sono i piccoli pixel che lampeggiano in reciproco coordinamento e la cosa fa sembrare che ci sia del moto.

Il fluire del Campo Unificato

Se percepite l’universo dal livello del campo unificato, immaginate che il campo unificato comprenda tutto, tutta la creazione, che tutto il passato e futuro siano codificati olograficamente dentro il campo unificato; tutto li esiste simultaneamente, inscritto nella struttura del vuoto. In altre parole, la creazione è sorta da questo campo unificato nella forma di particelle subatomiche, particelle, atomi ed elettroni, nuclei – che non sono che forme di energia condensata – energia senza forma condensata in una forma, mentre l’universo lampeggia dentro e fuori dall’esistenza. Ma NULLA È SOLIDO.

Per citare ancora Einstein:

“Quel che abbiamo chiamato materia è energia, Ia cui vibrazione è stata cosi abbassata da essere percepibile ai sensi. Non c’è materia.”


E queste manifestazioni di energia collaborano fra loro, guidate da una forza invisibile all’interno della creazione stessa, per formare cose più grandi che danno così l’idea di essere vere e totalmente solide, ma ora sappiamo che non è vero. Immaginate che tutto esista simultaneamente. Immaginate che tutte le versioni dell’albero li fuori dalla finestra, in questo momento presente, dal momento della sua nascita a quello del suo apparente futuro, fino alla morte dell’albero stesso, siano codificate nello spazio e tempo, olograficamente presenti nel campo unificato
Quindi nulla in realtà mai appare e scompare, si muove o persino cambia, è solo la nostra percezione della realtà a questo livello che dà la sembianza del cambiamento.

In altre parole, tutta la realtà, tutto il tempo, tutto il moto, sono un semplice risultato della coscienza in movimento.
Se le dinamiche del fluido della teoria del “Black Whole” (“il tutto nero”) di Nassim sono corrette e se tali dinamiche sono in effetti l’origine della coscienza, allora questo è il fondamento della creazione e quindi scopriamo che il fondamento della creazione è un collasso senza forma in sé stesso ed una corrispettiva creazione. Di fatto non c’è moto nel mondo fisico, la fisica quantistica ce lo ha dimostrato quando ha scoperto che la realtà è un lampeggiare fuori e dentro l’esistenza. Ci sono solo immagini olografiche che cambiano, quando la coscienza si espande e si contrae in se stessa. E se il flusso del campo unificato all’interno dell’universo fosse esso stesso il meccanismo che fa sì che la realtà lampeggi dentro e fuori l’esistenza e che determini altresì il flusso del tempo? Tutta la creazione e tutta l’attività della creazione, sono il risultato della coscienza che interagisce al suo interno con sé stessa, creando coscienza, ed è solo perché noi tutti condividiamo un comune consenso della realtà (nella maggior parte dei casi) che sorge il tempo sul pianeta.

Informazione codificata olograficamente

Può darsi abbiate visto immagini olografiche di una galassia o qualche altra immagine stampata su un foglio di plastica o una cartolina. Questa sembra essere statica, ma se spostate la vostra prospettiva, per esempio ruotando o muovendo la cartolina, sembra che la galassia ruoti. Ma nulla è cambiato nell'immagine. Tutte le informazioni sono rimaste li, codificate nella cartolina sin dall’inizio. Solo perché avete cambiato prospettiva, l’immagine apparentemente sembrava muoversi. E se fosse cosi che funziona la realtà? E se il moto e il tempo apparente che sperimentiamo siano solo il risultato della nostra prospettiva sulla creazione, determinata dal nostro livello di coscienza? Il campo unificato è la struttura vuota che teoricamente si espande e collassa secondo le dinamiche del “black whole” (il “tutto nero”, ) di Nassim Haramein, ma tecnicamente non si sta muovendo. E null’altro in realtà si muove perchè tutto è fisso, cristallizzato e olograficamente codificato nella struttura vuota; il che significa che tutto è presente non-localmente ovunque e tutto accade simultaneamente.

Il Tempo è relativo

Il Tempo sarebbe percepito in modo diverso su Marte, rispetto alla Terra, perchè la lunghezza dei suoi giorni è diversa, a causa della rotazione del suo “black whole” (ovvero le dinamche del campo unificato che producono e sono prodotte dalla coscienza). Il tempo non è un fenomeno che sorge in sé e per sé nell’universo. Potenzialmente non esiste il tempo come tale. Quel che chiamiamo tempo è una divisione arbitraria dei cicli di cui facciamo esperienza, basandoci sul parametro ciclico del cambiamento, di cui facciamo esperienza in questo livello della realtà. In altre parole… il tempo è una pura percezione. Se fossimo in un vuoto non ci sarebbe il tempo, perché non solo non ci sarebbero i cicli per misurarlo, ma non ci sarebbero oggetti con cui determinare il moto, quindi saremmo in una immobilità perpetua e senza tempo.

Nella sua serie di lezioni dal titolo Living Beyond Miracle (Vivere oltre i Miracoli), Wayne Dyer racconta la storia di un gruppo di minatori che hanno visto collassare su di loro la miniera, in Germania, e sono per questo rimasti intrappolati per un certo periodo di tempo. Senza luce naturale, senza poter giudicare i cicli dell’universo e quindi senza un parametro di riferimento per la loro percezione. Erano in totale 7 uomini, intrappolati sottoterra, e solo uno di loro aveva l’orologio. Costui non volle che le cose scappassero di mano mentre si trovavano in quello stato, intrappolati sottoterra, e cercò di alleggerire la paura e la preoccupazione dei suoi amici: disse che era passata 1 ora, ogni volta che ne passavano in realtà 2. Dato che nessuno aveva un orologio per convalidare il tutto, gli altri non furono in grado di notare la differenza.

Alla fine dei 7 giorni furono salvati e tutti sopravvissero, ad eccezione dell’uomo con l’orologio. Si era assunto l’onere di dire che era passata 1 ora mentre in realtà ne erano passate 2: aveva rallentato il tempo per tutti gli altri ed aveva fatto sì che gli altri cambiassero il loro “accordo” sul tempo, così che potessero percepire di essere bloccati sotto terra per la metà del tempo effettivo in cui essi lo furono. “Fece in modo di cambiare l’accordo collettivo su ciò che costituiva il tempo e le persone sono “invecchiate” di conseguenza... ma lui non potè ingannarsi perché aveva un orologio.”

Un universo statico
“Il Tao non agisce tuittavia è la radice di tutta l’azione.
Il Tao non si muove e tuttavia è la fonte di tutta la creazione.”
Lao Tzu


Abbiamo stabilito che la creazione non si muove e quindi sembra che anche questo campo unificato non si muova. Lo sappiamo perché abbiamo trovato che lo spazio che circonda la Terra, che un tempo si pensava emettesse un fruscio passandoci accanto, come fa l’aria quando passa vicino ad un oggetto in un tunnel ventoso, ora si dimostra essere completamente statico. Non ci lanciamo nello spazio, come pensavamo e lo spazio stesso si espande e si contrae e qui non si muove a priori, ma da solo la sembianza del moto. Poichè il campo unificato che è coscienza, si espande e si contrae e poichè siamo quella coscienza incarnata in un livello di realtà leggermente più denso, ovvero nel “mondo classico”, abbiamo posti in prima fila per il cambiamento apparente, il moto, il tempo e la realtà. Ma questo, come affermano tutte le tradizioni antiche, è solo perché siamo coscienza universale che si è condensata in questo livello di realtà per fare l’esperienza del mondo che cambia, del mondo delle cose. Della vita, della morte, della nascita, della rinascita e del tempo lineare.

L’unico problema è che ci siamo attaccati a questo mondo e siamo intrappolati in un movimento energetico (una turbolenza emotiva) dato che le cose muoiono e cambiano in apparenza, e sono transitorie. Tornando ad Albert Einstein:

“Tutto è energia, che è tutto quel che c’è. Accordati alla frequenza della realtà che vuoi e non potrai che ottenere quella realtà. Non c’è un altro modo che questo. Questa non è filosofia, ma fisica.”

Fonte originale: http://www.wakingtimes.com/2014/04/21/unif...ource-creation/
Traduzione e sintesi di Cristina Bassi
Tratto da www.thelivingspirits.net/

Fonte: http://www.nexusedizioni.it/it/CT/e-se-il-...se-affatto-4480

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view post Posted on 12/6/2014, 15:23

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INFORMAZIONE, CAMPO UNIVERSALE E SOSTANZA

Il Giornale OnlineSpirito, la parola deriva dal latino "spiritus" (letteralmente: soffio, respiro, alito, dal verbo latino "spirare" che significa "soffiare"). Il termine latino a sua volta deriva dalla radice indoeuropea *(s)peis- ("soffiare").

Il Campo Universale (CEUI) è InFormAzione (Spirito) - situata nell'Infinito (Vuoto-quantomeccanico), che tende a divenire Sostanza (Materia) e questa a ridivenire Campo cioè Informazione. L’accumularsi continuo dei legami energetici della Sostanza è la manifestazione tangibile del processo continuo ed eterno della trasformazione della componente materiale in componente informatica; il processo inverso avviene solo quando la sostanza aumenta di densità, massa o creando un’organizzazione più complessa. Scopo quindi dell’Infinito è la rivelazione della VITA sempre più complessa ed organizzata per creare altra Informazione da accumulare all’Infinito e per l’Infinito.

Il fenomeno della formazione di campi di Energia di Informazione nello studio delle nuove proprieta' della luce (e del Suono): www.gsjournal.net/old/science/manzelli83.pdf

Sotto condizioni di confinamento i fotoni (ovvero i fononi) possono compenetrarsi (copulare), in tal caso si manifesta il fenomeno di sovrapposizione degli stati descritti alle coordinate cartesiane (XYZ,T) che conduce alla creazione di una nuova forma di energia luminosa (ovvero sonora) prodotta da una duplice onda piana bidimensionale nello spazio e nel tempo (X,Y,T1,T2) che contiene la Energia di Informazione. Tale fenomeno di generazione di EI a livello biologico lo troviamo nella struttura nanometrica a doppia elica del DNA, che pertanto va considerato come un contenitore di Energia di Informazione stazionaria, capace pertanto di conservare la informazione genetica mantenendola in seguito alla proprieta' di simultaneita' della informazione in tutta la lunghezza del campo che e' costituito da due componenti orientate in senso opposto, che nell'insieme si comportano come un nastro di Moebius". (by Paolo Manzelli)

"Povero Einstein, uno scienziato che non conosceva la realtà non-locale (vedi: Esperimento di Lory) perché conosceva soltanto due forme di energia (EM e EV) ignorando la EI (Energia Informazione), la forma fondamentale che ha preceduto la "trasformazione". Inoltre, Einstein, sebbene padre del relativismo, lo dimenticò nel momento che indossò la maschera del teologo per ripetere in modo inverso l'errore di quei teologi che, con la maschera dello scienziato, affermarono che la terra è al centro, immobile". (by Sergio Stagnaro MD)

Quindi anche il DNA che è presente in ogni cellula del corpo degli uomini, animali, vegetali, informa (e si informa) ogni minima parte dell'organismo in cui si trova, sul programma dell’esistenza, ogni “punto” od ente” dell’Infinito e del Finito ha insito il suo DNA, cioè il programma informatico dell’UniVerso e dell’organizzazione della Vita e della Coscienza in Esso. L’UniVerso è "dato" dalla scissione dell’Unità (interazione) sul piano fisico, della sostanza e dal rafforzamento dell’Unità sul piano dell’informazione del e nel Campo Energetico Informato Universale che lo immette a sua volta nel Vuoto-quantomeccanico. Esso (UniVerso) nasce quindi dalla differenziazione e da una crescente e continua varietà sul piano fisico e da una sempre e maggiore Unità sul piano dell’informazione del Campo Psico Elettro Magnetico Informato.

Ad ogni completamento dei dislivelli fra sostanza informata e Campo Energetico Informato (CEI), scatta un nuovo processo di riVelazione, una nuova evoluzione Fisico/Spirituale. Nell’UniVerso quindi qualsiasi oggetto deve considerarsi come un processo e qualunque processo deve considerarsi oggetto per mezzo dell’oscillazione fra queste 2 fasi/forze.

Conclusione:
L'informazione "agita e/o viene agitata" dall'energia del Campo e quando "scende" dal mondo Spirituale, cioe' dal Vuoto-quantomeccanico, essa diviene sostanza/materia e viceversa la materia acquisendo informazione la rende piu' elaborata e complessa, arricchendo il Campo e quindi il Vuoto-quantomeccanico...in un amplesso che dura all'Infinito.

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Michio Kaku assicura di avere scoperto la prova scientifica che Dio esiste - 23/03/2014

Uno degli scienziati più rispettati dichiara di aver trovato la prova dell’azione di una forza che ”governa tutto”. Il noto Fisico teorico Michio Kaku ha affermato di aver creato una teoria che potrebbe comprovare l’esistenza di Dio.
L’informazione ha creato molto scalpore nella comunità scientifica perché Kaku è considerato uno degli scienziati più importanti dei nostri tempi , uno dei creatori e degli sviluppatori della rivoluzionaria teoria delle stringhe ed è quindi molto rispettato in tutto il mondo.
Per raggiungere le sue conclusioni, il fisico ha utilizzato un “semi – radio primitivo di tachioni” (particelle teoriche che sono in grado di ”decollare” la materia dell’UniVerso o il contatto di vuoto con lei, lasciando tutto libero dalle influenze dell’universo intorno a loro), nuova tecnologia creata nel 2005.
Anche se la tecnologia per raggiungere le vere particelle di tachioni è ben lontano dall’essere una realtà, il semi-radio ha alcune proprietà di queste particelle teoriche, che sono in grado di creare l’effetto del reale tachyon in una scala subatomica.
Secondo Michio, viviamo in un ”Matrix”: “Sono arrivato alla conclusione che ci troviamo in un mondo fatto di regole create da un’intelligenza, non molto diverso del suo videogioco preferito, ovviamente, più complesso e impensabile.
Analizzando il comportamento della materia a scala subatomica, colpiti dalle primitive tachioni semi-radio, un piccolo punto nello spazio per la prima volta nella storia, totalmente libero da ogni influenza dell’universo, la materia, la forza o la legge, è percepito il caos assoluto in forma inedita.
“Credetemi, tutto quello che fino a oggi abbiamo chiamato "caso", non avrà alcun significato. Per me è chiaro che siamo in un piano governato da regole create e non determinate dalle possibilità universali, Dio è un gran matematico.” ha detto lo scienziato.
“I cieli narrano la gloria di Dio, e il firmamento mostra la sua opera”. (Salmo 19:01 )
Tratto da: evidenzaliena

Video in spagnolo dello scienziato: www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=PyewujJS8Rg

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La differenziazione Fisica deve strettamente corrispondere all’Unità Spirituale.


Condizione inscindibile ed inevitabile che garantisca la continua attuazione di questo processo, è la presenza di un “terzo” elemento o fase intermedia che garantisca la presenza non manifesta di ognuno dei 2 opposti nell’altro; questo “ruolo” è svolto dall’Energia-inFormata, mediatore che manifesta e determina il senso, la direzione l’evoluzione dell’Universo.

Informazione, Energia, Sostanza costituiscono un Unicum inscindibile che si manifesta sempre in ogni punto possibile dell’Infinito; ecco spiegata la TriUnità (Tre unità in Uno), Dio padre (Infinito), Dio figlio (UniVerso, ovvero il Campo Energetico Elettro Magnetico Informato) e lo Spirito Santo (Sacro Pensiero, ovvero l’InFormAzione Sacra entro contenuta).

La Luce è energia e questa è vibrazione; la vibrazione è movimento; quindi l’energia è sempre in movimento, senza movimento essa è indistinguibile, quindi inesistente; l’energia determina e produce il Campo, quindi il Campo (curvatura dello spazio/tempo) è energia, essa si manifesta sotto forma di onde con frequenze ed ampiezze tendenti all’infinito.
Ogni frequenza è “modulata” o modulabile, quindi è informata od informabile, cioè supporta o può supportare informazione sotto forma di modulazione di ampiezza o di frequenza; il Fotone (unità di Luce) è un movimento di energia che si curva su se stesso, cioè assume uno spin (+ o -).
L’Atomo è un insieme di energia che può assumere uno spin (+ o -); ogni aggregato atomico si caratterizza (assume uno “spin”); ogni aggregato molecolare, biologico si diversificano e si identificano (assumono uno spin); ogni organismo vivente si identifica e si differenzia (assume uno spin), quindi assume informazione su tutti i livelli energetici presenti.

La Luce inFormata, si memorizza nei corpi viventi, nel substrato che ha alla base la “terra” fisiologica, cioè nei metalli amorfi a base di minerali rari.

Le cellule “percepiscono” interagiscono, assorbono, riflettono anche la radiazione cromatica (intesa come Luce) che è sempre la solita radiazione elettromagnetica nel campo spettrale da 400 a 700 nanometri. L'assorbimento della luce è un caso particolare e concettualmente abbastanza secondario della più ampia interazione delle radiazioni EM con la materia vivente. Le cellule intese come corpuscoli in sospensione per lo più riflettono e disperdono la luce, “scatter”.

I composti intra cellulari l'assorbono un poco, se sono cromogeni naturali (clorofilla, emoglobina, porfirine, ecc.) o artificiali (esempio: psoraleni).

Le normali strutture cellulari (esempio: proteine, DNA, ecc.) non assorbono molto la luce cromatica, ma sono molto sensibili alla radiazione della luce più energetica (ultravioletti).

L'acqua delle cellule assorbe per esempio l'infrarosso scaldandosi, in quel caso la radiazione non è più "cromatica". L’italiano, prof. Leonida Santamaria, Patologo generale in Pavia, era famoso per la sua ricerca sulla fototossicità.

Comunque occorre ricordare che tutta la materia, corpo umano compreso, è composta di atomi o campi
atomici, che vibrano secondo determinate lunghezze d’onda. La malattia è una alterazione di queste vibrazioni (frequenze); ne abbiamo dimostrazione anche con le apparecchiature Bio elettroniche di tutti i tipi.

Qualche inciso: recenti studi nel laboratorio Europeo di ricerca sulle particelle sub nucleari hanno confermato che ogni particella sub nucleare è influenzata dalle variazioni (cioè dalle informazioni) lunari, terrestri e solari (le loro varie fasi, alterazioni dei loro campi magnetici, macchie solari, terremoti, quindi dai campi elettromagnetici e di quelli più sottili, ecc.), per cui abbiamo la dimostrazione che tutta la materia vivente (anche i corpi umani) è interagente con qualsiasi altra materia a livello sub atomico fino a quello Spirituale, il Pensiero.

Quest’informazione è rivelabile negli organismi viventi attraverso il cervello/mente/Spirito (sensazioni, informazioni) e nell’uomo assume possibilità molto elevate (CoScienza) e tendenti al sempre più complesso (neghentropia), cioè segue un processo evolutivo; ma è anche rivelabile con apparecchiature elettroniche specializzate.

Quindi l’energia è informata e si informa ad ogni istante ed a TUTTI i livelli essa è in perenne colloquio con se stessa, ella genera sistemi CibernEtici, l’UniVerso ed i suoi oggetti/soggetti/sistemi.

Nella propria evoluzione ogni “oggetto/soggetto/sistemi” partorito, replica l’evoluzione dell’Universo stesso.

Pur restando assolutamente unitario al livello sottile del Campo Energetico Informato, egli si differenzia sul piano della Sostanza Fisica e per ottenere la differenzzazione è necessario che vi sia un superamento sul piano Spirituale (finalità Etiche) che garantisca un’elevata consistenza del processo di differenziazione fisica.

Ciò significa che la Sostanza, il tempo, lo spazio, sono la forma esteriore; l’Informazione, lo Spirito, il Pensiero, sono il Contenuto che si realizza attraverso la Forma che quindi dà impulso spazio/tempo al Contenuto.

Quindi alla base di ogni Oggetto/Processo, vi è un movimento oscillatorio, cioè l’essere è alternativamente orientato verso i processi fisici e quelli dell’informazione.

Poiché la Vita Umana è il riflesso delle finalità dell’UniVerso, in essa i processi di passaggio delle informazioni in sostanza, avvengono molto più velocemente e più intensamente.

L’Umanità serve questo scopo: arricchire più velocemente e meglio l’informazione del Campo UniVerso (CEIU), dimostrandone le finalità per mezzo della partecipazione del vissuto di ogni ente/soggetto all’acquisizione dell’informazione stessa; scopo del “sistema” è far sì che il comportamento di ogni ente o parte corrisponda agli interessi ed alle finalità dell’insieme, dell’intero.

Quando la condotta Etica di un Ente/soggetto, Oggetto/processo, si allontanano dal programma e dalle finalità del Campo Psico Energetico Informato Universale, il Campo stesso dell’Ente (il singolo CEI), ovvero il corpo fisico energetico si allontana dalla sua finalità/scopo, egli si allontana dalla unica sua fonte di energia vitale, quindi a livello degli esseri viventi, l’Essere si ammala, si crea la malattia (azione del male) deformando il suo proprio Campo Energetico CEI, che cambia colore e frequenza, quindi Informazione; in quel momento si instaura un programma di auto distruzione del livello di appartenenza e se non intervengono fatti modulatori di inversione di tendenza, cioè il pentimento, l’auto perdono per mezzo dell’azione coerente alle sacre Leggi della Natura, quindi la guarigione, la morte, il trapasso ad altri livelli è sicuro e certo.

Il Campo Energetico Informato corporeo (CEI) esercita un’azione fondamentale rispetto al corpo perché esso è in perenne contatto informatico con gli Elettroni contenuti negli Atomi dei Geni del DNA, cioè con l’inconscio; quindi vi è un intenso e continuo scambio di informazioni ad ogni pensiero, azione dell’essere; ecco come i comportamenti Etici sono la base della Salute o della malattia.

Per sopravvivere nel nostro tempo occorre quindi che ogni essere vivente reImpari a manifestarsi raccogliendo ed emanando informazioni coerenti con il programma dell’evoluzione dell’UniVerso, in modo che la raccolta delle informazioni e la loro messa in opera, coincidano senza annullarsi a vicenda, cioè occorre che TUTTI diveniamo SANTI nei pensieri e nelle Azioni, ciò vuol dire che il PROBLEMA dell’ETICA è in Assoluto il primo problema da risolvere per TUTTI, risolto il quale i problemi ad uno ad uno scompariranno.

Chi pensa di potersi sottrarre a tale conversione è un illuso ed è destinato a soccombere come colui che utilizza i farmaci (veleni) per guarirsi, invece di cambiare comportamenti e ritornare in sintonia con le Leggi della Natura.

Questo inevitabile processo è legato sia alla singola parte della Manifestazione, sia all’insieme degli aggregati; sia per l’essere vivente che per i gruppi o le società, nazioni che essi manifestano.

La cultura rappresenta il processo di unione Spirituale con l’UniVerso e la civiltà il processo di distacco, di identificazione; la cultura genera civiltà e la civiltà altra cultura.

La base del processo di cultura e di civiltà è l’AMORE, la Riflessione, l’Azione, nell’Informazione giusta.

Come possiamo vedere da questi assunti abbiamo una rinnovata, completa e semplice concezione scientifica della Vera Fisica, verificabile da esperimenti certi e comunque essa ci fornisce una valida spiegazione a tutti i fenomeni “anomali” che la fisica imperante ha tuttora nei suoi insegnamenti, senza poterne dare comunque spiegazione.

Infatti al giorno d’oggi siamo di fronte ad una scienza incapace di risolvere i problemi che la tecnologia stupido scientista ha creato, questo avviene perché essa è un connubio di verità frammiste a molti errori.

Come la “fede” religiosa è irrazionale e mai controllata, quindi illusoria e falsa, anche la “fede” nella “scienza moderna” non è da meno.

Lo stesso “principio religioso” di fiducia cieca nei princìpi emanati dai “presunti titolati”, impone di credere per “fede” a ciò che certi “scienziati” ben noti affermano, senza mai chiedersi e controllare se ciò che dicono sia vero o falso. Accettiamo supinamente dei postulati che dovrebbero essere rimessi in discussione.
Leggetevi il libro “Relatività, Esposizione Divulgativa” ediz. Boringhieri.

..................................

Novità all'orizzonte sulle interazioni mente-materia


Il Fisico Dean Radin autore di un libro di grande successo negli USA - "Entanglend minds" (Menti intrecciate") - ci spiega, nella seguente intervista, il fenomeno dell'entanglement e di come si stia rendendo possibile dimostrare che tale fenomeno si applichi anche ai sistemi viventi.
Di seguito, alla mente, e ai suoi poteri; da quello di proiettare a quello di prevedere. Afferma l'intervistato: "Capire improvvisamente che le cose apparentemente separate a un certo livello non lo sono più, è uno shok, può dare le vertigini. Le cose sono connesse in senso concreto, non solo astratto". Siete pronti a farvi schokkare ?
Intanto godetevi la prima parte dell'intreccio, appunto. Per la seconda resistete fino al n°20 di S. & C.

Per chi non conoscesse il fenomeno dell'entanglement quantico (l'intreccio quantico, ndt), potresti per favore riassumere ciò che hai scritto nel tuo libro Entangled Minds sui rapporti tra l'intreccio quantico e gli effetti psi (fenomeni paranormali) ?
L'intreccio era stato previsto dalla matematica della teoria quantica. La teoria quantica considera la materia non solo sotto forma di particelle, ma anche sotto forma dì onde di probabilità. La cosa interessante riguardo un'onda è che può combinarsi e interagire con altre onde. In base a questa idea, due particelle interagenti possono essere viste, in termini di onda, come una nuova e più complessa onda. Non due onde, ma una sola onda, che d'ora in poi considereremo un sistema a parte. Per cui, è possibile ritenere che due particelle interagenti non siano più separate. Questa idea non piaceva a Einstein, che la chiamava "un'azione spettrale a distanza".
Ma la matematica prevede che se hai una particella che si divide in due, o due particelle che interagiscono, quando esse si separano, non sono davvero separate. Ognuna trasporta determinati aspetti dell'altra.
Per circa trenta, quaranta anni, questo intreccio è rimasto una possibilità teorica. Poi negli anni Sessanta è stato sviluppato un modo per verificarne l'attendibilità, e negli anni Ottanta si è avuta la prima conferma importante. Il metodo si basava su un teorema del fisico irlandese John
Bell. Quindi, ora sappiamo non solo per supposizioni teoriche, ma per evidenza empirica, che le particelle apparentemente separate in effetti possono essere collegate attraverso lo spazio e il tempo in modi "spettrali".
La cosa importante è che questa non è solo un'idea teorica interessante, ma un fatto osservabile che riguarda la trama della realtà. E le conoscenze su questi intrecci aumentano a ritmi sempre più veloci. Da quando ho scritto il mio libro a oggi, sono state pubblicate una mezza dozzina di nuove scoperte sulla natura dell'entanglement.
Quando stavo scrivendo i capitoli sulla Fisica dell' entanglement, avveniva una nuova scoperta al mese. E questo trend continua senza dare segni di sosta. Quello che chiedo nel mio libro è che dall'intreccio, che oggi nei laboratori di Fisica viene considerato per lo più al livello delle particelle elementari, si passi a parlare di bio-entanglement (bio-intreccio ndt), o intreccio dei sistemi viventi. Sono
state avanzate ogni genere di argomentazioni per dimostrare l'impossibilità del bio-intreccio. Ma i fatti stanno cominciando a contraddire quelle argomentazioni, come avevo previsto in Entangled Minds. La mia opinione è che il bio-intreccio esista e che la gente continuerà a trovare modi sempre più ingegnosi per dimostrarne l'esistenza. Una volta accettato il bio-intreccio, la domanda successiva è: se esso opera all'interno dei sistemi viventi, noi inclusi, a cosa assomiglierà visto da dentro ? Questo è l'argomento del mio libro.

Parliamo dei nuovi studi sul bio-entanglement:
Uno studio dell'Università di Milano in cui sono stati sviluppati neuroni, ovvero cellule del cervello umano, su una piastra per colture cellulari. Poi una parte di quel gruppo di cellule è stata fatta crescere su un'altra
piastra. L'idea era che se quei neuroni, venendo dalla stessa sorgente, erano davvero connessi (anche se apparentemente si trovavano su piastre diverse), stimolando gli uni avresti dovuto osservare una reazione negli altri. Questo è ciò che i ricercatori hanno fatto. I neuroni sono stati fatti crescere su una piastra che aveva contatti elettrici sotto di sé, in modo che se i neuroni cominciavano a eccitarsi, si poteva misurarne
l'attività. Essi sono stati stimolati tramite un laser. Si è usato un laser perché determinate frequenze di luce stimolano i neuroni, e perché è facile fare in modo che la luce del laser non influenzi i neuroni della piastra non stimolata.

La piastra non stimolata è stata messa in un contenitore a prova di luce lontana dalla piastra stimolata. Ci si è assicurati che nemmeno un singolo fotone del laser potesse colpire la piastra non stimolata. Quindi è stato stimolato il primo gruppo di neuroni e si è registrata una notevole reazione nel gruppo non stimolato. Negli ultimi due anni sono stati fatti molti test simili a questo, usando tecniche sempre più raffinate, e le relazioni che ho letto al riguardo sembrano convincenti.
Alla fine altre persone cercheranno di replicare questo esperimento, e se avranno successo, avremo fatto una grande scoperta.
Un recente studio su questa ricerca, opera di un ricercatore della Naval Postgraduate School, è d'accordo con me nel sostenere che questi esperimenti sembrano convincenti, e se saranno replicati, sono di estrema importanza.

Occorre ammettere di essere una di quelle persone di cui parli nel libro, quelle che se non restano impressionate dalle implicazioni in campo psi del teorema e della disuguaglianza di Bell, vuol dire che non le hanno capite. È possibile semplificare la spiegazione ?
Capire tutto ciò è una grande sfida per la mente. Ci sono molti modi per darne una spiegazione, incluso uno relativamente facile che espongo nel libro. Quando stavo scrivendo quel capitolo del libro, improvvisamente il teorema di Bell mi è apparso in una luce nuova e per un attimo ho avuto davvero le vertigini.
Lo shock di capire improvvisamente che le cose apparentemente separate a un certo livello non lo sono più, può dare le vertigini. Le cose sono connesse in senso concreto, non solo astratto. È una comprensione basata sulla logica del teorema di Bell e su studi di laboratorio che dimostrano come l'entanglement esista davvero.
Le vertigini vengono perché il senso comune è messo a dura prova. La maggior parte del tempo mi sento separato dagli altri e dalle loro cose. Quindi è arduo fare il salto di fede - e in questo caso il salto riguarda la realtà vera e propria - che da un altro punto di vista io non sono isolato, come i sensi continuano a dirmi.
L'altra ragione per cui è difficile afferrare l'idea dell'intreccio è che non disponiamo delle parole giuste per concetti così olistici. Il linguaggio si basa prevalentemente sul senso comune, e qui stiamo parlando di cose più simili al non-senso comune. Il nostro modo di pensare, il modo in cui esprimiamo e spieghiamo le cose, si basa fondamentalmente sull'assunto dell'isolamento e della separazione. Invece qui stiamo cercando di descrivere un altro aspetto della realtà, che è completamente olistico.
E poiché non disponiamo ancora del linguaggio adatto per queste idee, talvolta è difficile fare chiarezza su queste cose. Ogni tanto, anche i fisici vanno in confusione per questo.
Tratto in parte da: Scienza e Conoscenza n. 19
vedi: Fisica quantistica + Spazio-Tempo

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INFORMAZIONE = InFormAzione (Cio’ che si sta formando) - Indeterminatezza Quantica e Campi Morfogenetici

Le teorie di Sheldrake non hanno avuto finora quell’attenzione che secondo noi meriterebbero, considerando la mole di dati e informazioni accumulate. La causa principale di ciò, a nostro parere, è nell’ostinata resistenza del mondo scientifico a qualsiasi ontologia diversa dal materialismo, o a una certa concezione dualista che pone ogni studio del mondo non-materiale fuori dai confini della scienza. Un esempio rivelatore di ciò, che richiama tristemente i tempi dell’inquisizione romana contro Galileo, è un editoriale della rivista “Nature” (24 settembre 1981) che definiva il libro di Sheldrake "A New Science of Life"(Una nuova scienza della vita) “…il miglior candidato al rogo da molti anni in qua”.

Forse è arrivato il momento di chiedersi se uno studio serio e approfondito dei campi morfogenetici e delle loro proprietà possa dare risultati migliori, nel campo della morfogenesi e della parapsicologica, delle ricerche basate su una più classica impostazione materialista. Ma se il mondo scientifico continua a essere diffidente verso questo percorso alternativo, chiaramente questi nuovi studi impiegheranno molto più tempo per svilupparsi, e ciò avrà un costo sociale e nazionale. Fenomeni simili hanno impedito il progresso anche in molte aeree della medicina alternativa. Nel presente articolo non intendiamo affrontare quest’ultimo punto; ciò che faremo è commentare l’opera di Sheldrake, soprattutto per quanto riguarda la stretta affinità tra le sue idee e il concetto dell’indeterminatezza quantica.
Ci rendiamo conto che molte idee che esponiamo in “Science Within Consciousness” necessitano di ulteriori approfondimenti. Non ci scusiamo per questo. Nessuna scienza è mai completamente in grado di spiegare il mondo, né viene mai sviluppata fino in fondo. Il massimo che possiamo fare è indicare quei punti in cui riteniamo che occorrono chiarimenti e unificazioni, e tentare di offrirli noi stessi laddove è possibile. Questo è un altro degli scopi del presente articolo.

Quanto segue è una sintesi delle idee di Sheldrake contenute nel suo libro A New Science of Life e nei successivi Seven Experiments that could Change the World e Dogs that Know When their Masters are Coming Home.

I Campi morfogenetici

La scienza materialista non è un complesso unificato. Studiando sistemi di complessità sempre maggiore, questi ultimi sembrano sviluppare un proprio sistema di proprietà assiomatiche. La scienza materialista, come è noto, sostiene che dalla meccanica quantistica delle particelle subatomiche si può derivare la meccanica quantistica delle strutture atomiche e molecolari, e da queste ultime le proprietà chimiche delle sostanze, che a loro volta spiegano i fenomeni vitali e sono alla base della psicologia, della sociologia, dell’economia e della cosmologia. Ovunque sia possibile, questi passaggi sono stati studiati, spesso con risultati soddisfacenti. Tuttavia, lo studio di alcuni di essi presenta grandi difficoltà. Nel caso della meccanica quantistica, le difficoltà sembrano inerenti alla disciplina stessa: la transizione dallo stato di potenza a quello di attualità non è spiegabile, ora come ora, all’interno della meccanica quantica. Le altre transizioni, incluse le interazioni non-lineari dei costituenti, danno luogo a insormontabili difficoltà di calcolo, che rendono necessaria la creazione di nuovi assiomi sulle macrostrutture emergenti da tali complesse interazioni. Studiamo la Fisica nucleare, la Fisica atomica, la Fisica classica (incluse la Fisica ottica e geometrica), la Fisica molecolare, la Chimica, la Biologia, la Psicologia, la Sociologia, ognuna come una disciplina a se stante, con le sue proprie leggi. Ora invece torniamo a esse, cercando di integrare il nostro sapere con le teorie di Rupert Sheldrake.

Come sottolinea Sheldrake, quando si cerca di predire il comportamento di grandi aggregati in termini di comportamento dei loro singoli componenti, ci si trova di fronte al fatto che l’aggregato può presentare molte configurazioni stabili di energia relativamente minima. La configurazione che un aggregato può assumere dipende in larga misura dalle condizioni iniziali imposte al sistema: la teoria del caos dimostra come mutamenti infinitesimali di queste condizioni possono produrre enormi cambiamenti, quindi è praticamente impossibile predire la configurazione dell’aggregato.
Ciò vale a esempio per i cristalli, gli enzimi, il comportamento animale o delle società (confrontare l’analisi di Rene Thom riguardo la "Teoria della catastrofe"). “… Niente ci autorizza a dire che [le attuali teorie della Fisica] … possano spiegare il formarsi di una di queste possibili strutture anziché di un’altra”. Sheldrake postula che la determinazione di una struttura dipende da un campo esterno di influenza associato al processo di formazione della struttura stessa.
Questo cosiddetto campo morfogenetico porta con sé il “programma”, per così dire, del processo di formazione.

Sheldrake postula che tale programma si sviluppa nel campo tramite strutture precedenti formatesi sotto la guida del campo. Ciò ricorda molto da vicino il modo in cui le cellule cerebrali sono all’origine della consapevolezza individuale nel contesto (ipotizzato da >>>Goswami) della separazione tra la consapevolezza individuale e quella universale.

A ogni modo, c’è una grande differenza nei due meccanismi postulati: quello ipotizzato inizialmente da Goswami (cioè la transizione dalla consapevolezza universale a quella individuale) e quello di Sheldrake. In entrambi i casi, le strutture in questione hanno proprietà classiche, donde la memoria: nel caso dei neuroni o delle cellule individuali, essa sorge dal termine non-lineare dell’equazione many-body approssimata di Schroedinger; nel caso di Sheldrake sorge dalla complessità della struttura dell’organismo. L’indeterminatezza della struttura è meccanico-quantica nel caso delle cellule, mentre nel caso degli organismi è dovuto alla natura caotica (nel senso della teoria del caos) della struttura emergente.

Comunque, tale differenza nel meccanismo del collasso non deve necessariamente essere fondamentale. Quando Goswami analizza l’Evoluzione, ascrive il campo morfogenetico alle cellule individuali, in modo tale che considerazioni meccanico-quantiche bastano a condurci all’indeterminatezza. Invece, il campo di Sheldrake prende in considerazione l’organismo intero, che è più in linea con il fenomeno morfogenetico da esso spiegato. Quindi, almeno per la morfogenesi, può essere più ragionevole postulare che il collasso non avviene al livello della cellula individuale, ma dell’organismo. L’indeterminatezza fondamentale è ancora quanto-meccanica, cioè provocata dalla sensibilità della struttura a piccoli cambiamenti delle condizioni iniziali, al livello degli atomi costituenti.

Goswami analizza due fenomeni collegati all’individuo: la consapevolezza individuale e la morfogenesi (collegata a quello che egli spesso chiama il Corpo Vitale: la consapevolezza individuale di cui il Corpo Mentale è una componente). Parleremo in seguito di un altro fenomeno da lui studiato, cioè dell’evoluzione. Per ora, vogliamo solo ricordare che la sua analisi di quest’ultima tratta soprattutto dell’evoluzione delle nuove specie e della morfogenesi durante lo sviluppo dell’embrione. Invece, nel campo morfogenetico di Sheldrake, l’influenza tra membri delle specie è studiata attraverso il fenomeno della risonanza morfica, simile alla telecinesi. Con Sheldrake, la telecinesi diventa un costrutto teorico. “Science Within Consciousness”, usando il quadro del collasso quantico simultaneo, è riuscita a spiegare questo fenomeno in modo soddisfacente. Sheldrake ha analizzato la relazione tra l’eredità classica a la risonanza morfica.

L’analisi di Sheldrake della morfogenesi non si limita a spiegare l’esistenza del campo morfogenetico; include il meccanismo attraverso cui una struttura biologica parzialmente formata (il germe morfogenetico) si collega al campo morfogenetico di una specie, che poi guida la crescita del resto della forma. Finora, nessuna indagine è stata condotta per verificare se la spiegazione quanto-meccanica del corpo vitale può venire estesa a questo fenomeno.

Il corpo vitale nei sogni
Un altro punto da analizzare riguardo il corpo vitale, a parte la sua connessione con la morfogenesi, è l’interpretazione di esso come del portatore di emozioni, come fa Goswami nella sua interpretazione dei sogni. Per la nostra mentalità, considerare il corpo vitale un portatore di morfogenesi e di emozioni lascia molto a desiderare, a meno che non si facciano ulteriori supposizioni.

Il quadro di Sheldrake sembra fornire le supposizioni richieste, a patto che siano uniformabili al quadro della meccanica quantistica. Sheldrake postula che ogni struttura trasporta il suo campo morfogenetico. Se una struttura del tipo di un organismo incorpora sub-organismi di natura diversa, il campo morfogenetico dell’organismo incorpora i campi dei sub-organismi. Ovvero, non esiste un unico campo morfogenetico: i campi degli individui sono incorporati in quelli della specie, e campi di aspetti diversi di un individuo interagiscono. La loro interazione dà origine ad altri campi. I campi formano quello che si potrebbe descrivere come un continuum. Da questo punto di vista, si può ipotizzare che quelle che chiamiamo emozioni sono determinate in parte dal corpo mentale e in parte dal corpo vitale, ovvero sono un prodotto della loro interazione.

Goswami basa la sua interpretazione dei sogni quasi direttamente sul Vedanta, i cui concetti di consapevolezza universale e individuale sembrano sostenere le sue idee. Comunque, non sembra né necessario né desiderabile attenersi troppo fedelmente al modello del Vedanta. Quest’ultimo, dopo tutto, è solo l’inizio di una grande scienza: non possiamo aspettarci che in esso tutto sia chiaramente definito. Allo stesso modo, nessuna affermazione di “Science Within Consciousness” può essere ritenuta la risposta definitiva. Forse è meglio ritenere i cinque corpi del Vedanta un’utile approssimazione del continuum dei corpi (campi), allo stesso modo in cui parole come blu, rosso, giallo creano utili suddivisioni nello spettro ottico. Se dobbiamo prendere sul serio una concezione del genere, occorrono studi molto più approfonditi sul fenomeno del collasso (meccanico quantico o all’interno della teoria del caos). Quello che finora abbiamo delineato è solo l’abbozzo a grandi linee di un quadro generale; una teoria completa richiederà molto tempo ancora per venire alla luce. Perché ciò avvenga, un numero assai più vasto di scienziati deve cominciare a lavorare su questo quadro.

Un problema evolutivo
“Science Within Consciousness” ha cercato di usare il concetto di Consapevolezza Universale per superare alcune difficoltà incontrate dai biologi nello studio dell’evoluzione da un punto di vista neo-darwiniano. Il fenomeno dell’equilibrio punteggiato è stato studiato in modo abbastanza dettagliato. Si è notato spesso che, dopo un periodo di cambiamenti omeostatici in una specie attraverso le selezioni naturali, si forma improvvisamente una nuova specie. Questa specie non può essere spiegata come il risultato del cambiamento di alcuni geni nella specie antica: un numero molto grande di geni cambia simultaneamente. Nessuno di questi cambiamenti darebbe origine a un mutamento evolutivamente significativo.
Questo fenomeno si ritiene provocato da molti cambiamenti potenziali nella struttura avvenuti nel corso di un lungo arco di tempo, fino alla comparsa di una significativa struttura potenziale, la cui consapevolezza a quel punto collassa in stato di attualità.

Questo quadro attribuisce alla Consapevolezza una proprietà che non era tra quelle da noi usate per spiegare altri fenomeni come la consapevolezza individuale o l’origine del campo morfogenetico. Qui stiamo immaginando la Consapevolezza dotata di una specifica struttura “in mente” degna di venire attesa. Questa proprietà non concorda con il concetto vedantico dell’unità indifferenziata, che è un importante principio guida nel nostro modello. È possibile che tali punteggiature nell’equilibrio si verificano per formare molte nuove specie, alcune delle quali passano il test della selezione naturale, altre no. Ma a questo punto ci si può anche chiedere in che modo i collassi accadono solo quando una significativa combinazione di geni è disponibile in potenza. Dobbiamo forse dire che se un collasso accade prima che tutti i geni siano al loro posto, le specie corrispondenti non nascono solo perché le leggi della biologia non permettono a tali specie di esistere? O forse bisogna fare ricorso a quello sconcertante concetto del Vedanta secondo cui la Consapevolezza, essendo senza dualità, ricerca quest’ultima attraverso determinate creazioni?
Allo stato presente delle conoscenze, possiamo solo dire che esistono alcune proprietà della consapevolezza che vanno chiarite, e che allo scheletro della teoria dell’evoluzione qui abbozzata va aggiunta ancora un po’ di carne.
By Ranan Banerji
Fonte: Science Within Consciousness: www.swcp.com - Traduzione di Daniele Gagan Pietrini
Tratto da: scienzaeconoscenza.it
Vedi anche: http://it.wikipedia.org/wiki/Epistemologia_operativa

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La causa formale di Aristotele sotto una nuova denominazione ?

Il fisiologo britannico Rupert Sheldrake ritiene che i sistemi siano regolati non solo dalle “leggi” conosciute dalla scienza, ma anche da campi da lui definiti morfogenetici, introducendo la nozione di causazione strutturale o formativa. In base alla sua teoria, quando emersero per la prima volta, le molecole di proteine avrebbero potuto ordinarsi in un numero qualsiasi di modelli strutturali: non esistono, infatti, leggi conosciute che implichino la produzione di una sola di queste forme. Tuttavia quando un numero bastevole di molecole assume una determinata configurazione, tutte le molecole successive, anche in tempi e spazi diversi, acquisiscono la medesima forma. Una volta in cui una molecola si organizza in un pattern, esso sembra influire sui patterns simili.

Inoltre questi campi emersero come novità creative della natura, ma in seguito diventarono abitudini cosmiche in grado di agire su elementi inanimati ed animati. Questo spiegherebbe la cristallizzazione sincronica di molecole complesse, l'apprendimento simultaneo o quasi di nuovi percorsi in un labirinto per opera delle cavie, ma anche la coniazione di nuovi termini, l'apprendimento di tecniche (si consideri il caso della centesima scimmia). La teoria di Sheldrake suppone che, se l'individuo di una specie impara un nuovo comportamento, il campo morfogenetico cambia, mentre la risonanza morfica, con una sorta di vibrazione, si trasmette all'intera specie. Lo scienziato distingue anche tra causazione morfogenetica e causazione energetica: la prima è un arké che si concreta attraverso un substrato di materia-energia. Secondo la ricercatrice Maria Caterina Feole, poiché la vita è coscienza e tutto è collegato, applicando le idee della Sheldrake allo sviluppo degli stati di coscienza, si può arguire che anche tali stati siano connessi ai campi morfogenetici. In tale contesto, le cosiddette forme-pensiero sarebbero in grado di fungere da calamita verso altre forme-pensiero simili, attirando persone con caratteristiche analoghe.

L'elaborazione concettuale concisamente presentata mostra degli addentellati con la filosofia aristotelica, in ordine a quelle che lo Stagirita definì causa formale (campo morfogenetico) e causa materiale: la prima è, infatti, il modello, il principio generatore, la legge di una cosa; la seconda è la materia. Anzi pare proprio che, mutatis mutandis, Sheldrake rivisiti i concetti aristotelici passibili di stabilire un collegamento tra un quid immateriale e la sfera energetica. Anche l'espressione “campo morfogenetico” richiama il pensiero del “maestro di color che sanno”: il vocabolo greco “morphé” vale “forma”, intesa in tutta la sua gamma di possibili significati, anche piuttosto difficili da concettualizzare. Il nesso tra campo morfogenetico e campo energetico ricalca il sinolo aristotelico, unione di elemento formale e materiale. Ancora una volta Nil novi sub sole.
È comunque significativo che varie ricerche di frontiera tendano, in questi ultimi decenni, a convergere verso acquisizioni risalenti all'antichità.
Fonti: Enciclopedia di filosofia, Milano, 2002, s.v. Aristotele e causa M. C. Feloe, Dalla fisica dei quanti alla realtà, Macerata, 2007 - R. Sheldrake, A new science of life, 1981 - Fonte: Zret - Tratto da: eciplanet.ocm

Fonte: www.mednat.org/new_scienza/campoceu.htm

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view post Posted on 16/6/2014, 09:48

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21 Dicembre 2012: Romanzo e Realtà (1/2)
di David Wilcock
13 gennaio 2013


Il Corpo Arcobaleno

Esistono oltre 180000 casi documentati di persone passate al "Corpo Arcobaleno" solo in Tibet e in India. Questo fenomeno è arrivato fino ai giorni nostri. Come rivelo in The Source Field Investigations, è stato visto e studiato da Padre Tiso, un sacerdote cattolico e da membri dell'esercito cinese di recente. In ognuno di questi casi, un essere umano in carne e ossa si è trasformato in "Corpo di Luce" e ha guadagnato la capacità di passare tra questo mondo fisico e l'aldilà. In alcuni casi, le persone si sono trasformate di colpo, spontaneamente. Tuttavia, in molti altri casi, i loro corpi sono divenuti gradualmente pura luce, avvolti in un telo, in un periodo di sette giorni.

Lavoro spirituale molto avanzato

Queste persone lavoravano tutte con discipline spirituali molto avanzate, non è accaduto nulla di "casuale". Stavano meditando, contemplando e sforzandosi al massimo per amare, perdonare e accettare sè stessi e gli altri, vedendo l'Universo e la loro più grande identità, come l'Uno Infinito Creatore. Sono arrivati ad un punto in cui hanno appreso cosa ci insegni questo livello di esistenza. Questo ha permesso loro di passare allo stato di "Ascesi". Questo non è ciò che accade quando la maggior parte di persone muore e non si tratta del "Corpo di Luce" che abbiamo naturalmente dopo la morte fisica. Si tratta letteralmente di un balzo quantistico dell'evoluzione umana. Padre Tiso ha voluto studiare più seriamente questo fenomeno, sentiva che questa conoscenza avrebbe aiutato la trasformazione delle vite e dei percorsi spirituali nel mondo occidentale.

Antichi insegnamenti sull'Ascensione

Oltre 30 culture antiche del mondo, ricevevano lo stesso messaggio. Venivano spinti a studiare il ciclo di 25920 anni della Terra, abbiamo scritto di questo nei nostri recenti articoli su divinecosmos.com, nel blog di David. Questo messaggio era "codificato" in varie antiche mitologie, usando simbolismo e dettagli tecnici, inclusi numeri specifici. Questi messaggi erano nascosti in modi che i popoli locali non capivano. Queste culture ottenevano sempre queste informazioni da "Dei" dall'aspetto umano con capacità straordinarie, come telepatia, telecinesi e levitazione. Ripetutamente, veniva loro detto che alla fine di tale ciclo si verifica un cambiamento, che ci permetterebbe di sviluppare le stesse abilità di quei maestri. Invece di dover meditare in una caverna per 40 anni, alla fine di quel ciclo, il cambiamento è automatico, sempre se siete pronti. La prima volta ho letto di questo messaggio "codificato" nel classico di Graham Hancock, Fingerprints of the Gods, dopo aver completato il college nel 1995. Si tratta di un punto cardine del mio enorme lavoro di ricerca, che trovate in The Source Field Investigations. Nonostante i molti studi che hanno portato a questa scoperta, difficilmente viene discussa. Ad oggi l'ho portata sotto i riflettori diverse volte nei miei video e articoli, da alcuni anni.

leggi tutto www.altrogiornale.org/news.php?extend.9212

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Gli scienziati hanno scansionato il cervello di una donna durante un'OOBE (Out Of Body Experience) e quello che hanno trovato è incredibile


dallo SchwartzReport del 7 marzo 2014

traduzione a cura della redazione di coscienza.org - Marisa Menna


A poco a poco la neuroscienza sta affrontando l'aspetto non locale della coscienza. Questo studio è stato effettuato con un singolo partecipante e quindi non è in alcun modo definitivo, ma, comunque, altamente suggestivo. Monitorerò questa ricerca e vedremo cosa succede.
Stephan A. Schwartz


JENNIFER WELSH - businessinsider.com
Immagini: Andra M. Smith and Claude Messier, Frontiers in Human Neuroscience, 2014



Potrebbe sembrare la trama di “Ai confini della realtà”, ma una studentessa laureata in psicologia presso l'Università di Ottawa afferma che può entrare volontariamente in un'esperienza fuori dal corpo (OOBE, Out-Of-Body Experience). Questo è stato un colpo di fortuna per gli scienziati, che sono stati in grado di scansionare il cervello durante l'episodio.

Generalmente le esperienze fuori dal corpo sono in un certo senso un’esperienza di pre-morte. Un paziente può fluttuare sopra al proprio corpo come dei chirurghi che lavorano su se stessi. Queste esperienze sono di solito attribuite all'effetto dei farmaci nel corpo del paziente, oppure agli ormoni rilasciati nel loro corpo in conseguenza di un trauma.

Un’esperienza unica

Lo studio - che ha coinvolto solo questa persona - è stato pubblicato il 10 febbraio sulla rivista Frontiers of Human Neuroscience (in inglese). I ricercatori sono membri della Scuola di Psicologia presso l'Università di Ottawa.

Secondo il giornale, la donna entra nel suo stato di OOBE prima di addormentarsi, visualizzando se stessa dall'alto. Le sue esperienze sono iniziate durante il riposino in età prescolare. Attualmente le accade solo qualche volta.

I ricercatori hanno scritto nel documento:

“La donna era in grado di vedere se stessa ruotare in aria sopra il suo corpo disteso, e rotolare insieme con il piano orizzontale. Ha riferito che a volte osservava se stessa muoversi dall'alto, ma era consapevole che il suo corpo "reale" era immobile...”

Quello che la donna ha riferito ai ricercatori:
"Mi sento in movimento, o, più precisamente, posso sentire come se mi stessi muovendo. So perfettamente che io non sono effettivamente in movimento. Non c'è dualità del corpo e della mente quando questo accade, non realmente.
In realtà, io sono iper-sensibile al mio corpo, perché sono concentrata rigorosamente sulla sensazione di movimento.
Io sono quella in movimento - me - il mio corpo. Ad esempio, se io 'ruoto' molto a lungo, inizio ad avere delle vertigini. Io non mi vedo sopra al mio corpo. Anzi, tutto il mio corpo si è spostato. Mi sento come al di sopra dove so che in realtà sono. Di solito immagino anche me stessa come in movimento nella mia mente, ma la mente non è sostanziale. Non si muove a meno che il corpo non lo faccia."


Il cervello fuori dal corpo

I ricercatori hanno effettuato una risonanza magnetica funzionale prima e dopo, chiedendole di entrare nel suo stato di OOBE per scoprire cosa accadeva nel cervello. Hanno confrontato queste immagini di quando lei stava immaginando ma in realtà non era ancora entrata nello stato di OOBE.

È interessante notare che il percorso che sembrava essersi attivato durante la sua esperienza fuori dal corpo è anche coinvolto nella rappresentazione mentale dei movimenti.

Immagine: Le regioni del cervello attivate dall'esperienza di OOBE includono l'area supplementare dei movimenti, il cervelletto e le circonvoluzioni supramarginale, temporale inferiore, frontale media e quella superiore.
www.coscienza.org/Articoli/cervelloOOBE-2.jpg

Alcune zone del suo cervello coinvolte nell'interpretazione della visione sono state inibite all’attività, come illustrato di seguito:

Immagine: Le regioni cerebrali inibite dall'esperienza di OOBE includono la corteccia visiva.
www.coscienza.org/Articoli/cervelloOOBE-1.jpg

Lei non ha avuto alcuna particolare emozione riguardo questa esperienza, e essa sembra essere una sorta di allucinazione che può attivare a proprio piacimento.


Che cosa sta succedendo?

Anche ammettendo che l’anima non sia bloccata nel nostro corpo, non è questo che sta facendo questa donna. Sta evidentemente accadendo qualcosa nel suo cervello e sta facendo la propria esperienza del mondo in un modo diverso - i ricercatori non sanno ancora dire esattamente di cosa si tratta. Inoltre, questo studio è stato realizzato su una singola esperienza di OOBE di una donna, non su tutti gli OOBE.

Ciò nonostante, i cambiamenti osservati nel cervello potrebbero essere simili a quelli provocati dall'allenamento con la meditazione (link ad articolo in inglese). I ricercatori hanno anche suggerito che questo potrebbe essere qualcosa che molti bambini possono fare, ma che con la pratica potrebbe essere realizzata anche in età adulta.

Essi riportano che questo tipo di esperienza possa essere molto più comune di quanto si pensi: la donna in questione in realtà "è apparsa sorpresa che non tutti potessero sperimentarla".

Gli studiosi l’hanno paragonato al fenomeno della sinestesia - la condizione in cui le persone sentono gli odori o i colori dei suoni – un tempo ritenuta come "out there", ma che è stata ampiamente accettata negli ultimi decenni.

Fonte www.coscienza.org/_ArticoloDB1.asp?ID=1351

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view post Posted on 27/6/2014, 09:16

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L’entropia quantistica nella teoria di Bohm
L’entropia quantistica introduce l’importante prospettiva di un background unitario in cui rileggere gravitazione e comportamento quantistico della materia

Davide Fiscaletti

La meccanica quantistica è forse la teoria fisica del Ventesimo secolo che ha determinato i cambiamenti più profondi nell’immagine del mondo. Secondo l’interpretazione di Copenaghen – la versione della meccanica quantistica quale è stata formulata dai suoi fondatori (Bohr, Heisenberg, Born, ecc…) – nello studio dei processi atomici e subatomici è necessario abbandonare due concetti essenziali della fisica classica, vale a dire il principio di causalità e il dogma della descrizione dei sistemi fisici in termini di moto nello spazio-tempo. L’interpretazione di Copenaghen, benché sia pienamente funzionante dal punto di vista delle predizioni empiriche, non sembra scevra da contraddizioni interne. In sintesi, molti autori non trovano soddisfacente: il ricorso a due diverse categorie di leggi (da un lato, l’equazione di Schrödinger e, dall’altro lato, il postulato del collasso della funzione d’onda) riguardo alle modalità di evoluzione di un sistema fisico a seconda che sia soggetto ad osservazione o no; che, in virtù della validità illimitata del principio di sovrapposizione, esistono sovrapposizioni di stati macroscopicamente distinguibili del tipo gatto vivo-gatto morto secondo l’antica esemplificazione di Schrödinger; che non può essere definito in modo preciso e non ambiguo un confine tra il mondo microscopico (governato dal principio di sovrapposizione) e il mondo macroscopico (in cui abbiamo percezioni ben definite riguardo alle proprietà dei sistemi fisici).

Il fallimento della meccanica quantistica ortodossa nell'offrire una soluzione coerente a queste questioni è la ragione per cui la teoria quantistica è continuamente rimasta così ambigua ed oscura. Sulla base di queste considerazioni, dalla nascita della teoria quantistica famosi fisici come Einstein, Planck, Schrödinger, de Broglie non hanno accettato l’interpretazione di Copenaghen e hanno cercato di trovare interpretazioni alternative. La teoria di de Broglie-Bohm – originariamente proposta da de Bolgie nel 1927 a sistemi ad un corpo e poi estesa da David Bohm nel 1952 alla trattazione di sistemi di molti corpi – riesce a risolvere le perplessità sopra illustrate nel modo più semplice. La prospettiva essenziale introdotta dalla teoria di Bohm è che la meccanica quantistica è, fondamentalmente, una teoria che si occupa del moto di particelle e che la descrizione di un sistema fisico è specificata, oltre che dalla sua funzione d’onda, dalla sua configurazione, vale a dire dalle posizioni di tutte le particelle del sistema a ciascun istante.

Ne deriva così una teoria quantistica deterministica delle traiettorie delle particelle: una teoria, predittivamente equivalente alla meccanica quantistica standard, che permette di fornire un completamento causale alla meccanica quantistica e di spiegare il comportamento quantistico della materia rimanendo fedele al principio di causalità e al dogma spazio-temporale del moto. Lo scopo di questo articolo è di analizzare una particolare rilettura della teoria di Bohm – sviluppata recentemente dall’autore – in cui una grandezza fisica chiamata appropriatamente entropia quantistica può essere considerata l’entità fisica fondamentale.

Il potenziale quantico di Bohm e la sua informazione geometrodinamica

Negli anni '50 David Bohm, riscoprendo un approccio originariamente introdotto da Louis de Broglie al congresso Solvay del 1927, mostrò che, se interpretiamo ciascun sistema fisico individuale come composto da un corpuscolo e da un’onda che lo guida, il movimento del corpuscolo sotto la guida dell’onda avviene in accordo ad una legge che ha la forma della seconda legge di Newton della meccanica classica, con la differenza che qui la particella è soggetta, oltre che ad una forza classica, anche ad una forza quantistica, legata ad una forma di energia chiamata potenziale quantico. In virtù delle caratteristiche del potenziale quantico, le equazioni fondamentali della teoria di Bohm non implicano una trattazione classica dei processi quantistici. Il potenziale quantico non opera come i campi elettromagnetici classici, ma agisce in maniera istantanea e solo come pura "forma".

L’espressione matematica del potenziale quantico indica che l’azione di questo potenziale è di tipo spazio, vale a dire crea sulle particelle un’azione non-locale, istantanea, proprio quella richiesta per comprendere i processi di tipo EPR (paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen). Così, nell’approccio di Bohm la non-località non risulta essere un “ospite inatteso”, come invece si verifica nell’interpretazione standard: il potenziale quantico informa ogni particella dove andare, come se dietro alla realtà fenomenica spazio-temporale fatta di materia ed energia, esistesse un piano nascosto che la guida e la unisce a tutte le altre particelle in un’unica simbiosi cosmica. Il potenziale quantico contiene un’informazione globale sui processi fisici, che può essere definita come “informazione attiva”, ossia un’informazione contestuale al sistema sotto osservazione ed al suo ambiente.

L’informazione del potenziale quantico non è “esterna” allo spazio-tempo, ma piuttosto va considerata come un tipo di informazione geometrica “intessuta” nello spazio-tempo stesso. È così possibile interpretare il potenziale quantico come un’entità geometrodinamica (Fiscaletti, 2012). Il potenziale quantico ha una natura geometrica in quanto contiene un’informazione contestuale, globale riguardo all’ambiente un cui l’esperimento viene effettuato; e allo stesso tempo è un’entità dinamica in quanto la sua informazione riguardo al processo e all’ambiente è attiva e determina il comportamento delle particelle. Parafrasando la famosa espressione di J. A. Wheeler sulla relatività generale, possiamo dire che l’evoluzione dello stato di un sistema quantistico modifica l’informazione attiva globale e questa influisce a sua volta sullo stato del sistema quantistico ridisegnando la geometria non-locale dell’universo. In questo quadro geometrodinamico possiamo anche dire che il potenziale quantico rappresenta le proprietà geometriche dello spazio dalle quali la forza quantistica, e quindi il comportamento delle particelle quantistiche, derivano.

Geometrie della non-località

La geometria sottesa al potenziale quantico è stata esplorata da diversi autori (vedi per esempio, Carroll, 2006). Un risultato recente molto interessante è quello dei fisici iraniani F. Shojai e A. Shojai (2004), che hanno studiato il comportamento di particelle a spin 0 in uno spazio-tempo curvo, mostrando che il potenziale quantico dà un contributo alla curvatura che si aggiunge a quello classico e che rivela profonde e inaspettate connessioni tra la gravità e i fenomeni quantistici. Nel modello di F. Shojai e A. Shojai, gli effetti della gravità sulla geometria e gli effetti quantistici sulla geometria dello spazio-tempo sono fortemente accoppiati: le particelle quantistiche determinano la curvatura dello spazio-tempo e allo stesso tempo la geometria dello spazio-tempo è legata al potenziale quantico che influenza il comportamento dello particelle. Tutto questo è espresso da una metrica conforme, la quale comporta una compiuta immagine della geometrodinamica quantistica che fonde gli aspetti gravitazionali e quantistici della materia, almeno per quello che riguarda il livello di descrizione macroscopica dei processi fisici.

In realtà, ancora una volta, le cose non sono così semplici. La non-località resta comunque un fenomeno che mal si accorda con una visione “meccanica” dell’universo, e non a caso Bohm indicava la sua interpretazione della meccanica quantistica come quantum non-mechanics, per ribadire che in nessun modo poteva intendersi come un ritorno al classico, ma piuttosto come il recupero parziale di un “realismo sfumato”(fuzzy realism). Come ha sottolineato chiaramente Licata, ci sono due atteggiamenti epistemologici possibili nei confronti del “telo di Eddington” quantistico della geometrodinamica:

a) lo si assume come primario ma non-locale, e dunque bisogna introdurre ipotesi addizionali sulla sua struttura profonda, oppure
b) si deve considerare il tessuto spaziotemporale come un’emergenza di processi più profondi situati a livello di gravità quantistica.

Utilizzando l’ormai famosa immagine della complementarietà nella versione di David Bohm, possiamo dire che l’intera struttura connessa e locale dello spazio-tempo è l’ordine esplicito di un ordine nascosto, implicito, che funge da “fabbrica della realtà” a livello subquantico (Licata, 2008).

L’entropia quantistica nella teoria di Bohm

La teoria di Bohm è in grado di ricevere una nuova interessante e suggestiva rilettura, basata sull’idea che tutte le caratteristiche del potenziale quantico derivano da una quantità fisica fondamentale che può essere appropriatamente definita “entropia quantistica”. Questa nuova rilettura della teoria di Bohm – che l’autore di questo articolo ha introdotto e sviluppato nel recente articolo The quantum entropy as an ultimate visiting card of the de Broglie-Bohm theory – può essere chiamata la “versione entropica della teoria di Bohm” o, più brevemente, “teoria di Bohm entropica”. Nella versione entropica della teoria di Bohm si assume che la distribuzione spazio-temporale dell’insieme di particelle – che descrivono il sistema fisico individuale in considerazione – genera una modifica della geometria dello spazio la quale è espressa da un’entità fisica dipendente dalla funzione d’onda e avente natura simile all’entropia classica (fornisce in pratica una sorta di controparte quantistica della legge classica di Boltzmann dell’entropia).

Per questo motivo, questa entità fisica, che esprime la deformazione delle proprietà geometriche dello spazio in regime quantistico, può essere appunto definita come “entropia quantistica”. L’entropia quantistica può essere interpretata come l’entità fisica che, nel dominio quantistico, indica il grado di ordine e caos del vuoto sottostante alla distribuzione spazio-temporale dell’insieme di particelle associate alla funzione d’onda sotto studio. Nel recente articolo Bohmian split of the Schrödinger equation onto two equations describing evolution of real functions il fisico russo Valeriy Sbitnev ha mostrato che il potenziale quantico può essere espresso come canale di informazione che deriva dall’entropia quantistica. Il potenziale quantico emerge dall’entropia quantistica che descrive la modifica della geometria dello spazio prodotta dalla distribuzione dell’insieme di particelle associate alla funzione d’onda in considerazione. È l’entropia quantistica che crea, in regime quantistico, la presenza del potenziale quantico determinando due correttori quantistici nell’energia del sistema fisico in esame (rispettivamente dell’energia cinetica e dell’energia potenziale) e, senza questi due correttori quantistici legati all’entropia quantistica, l’energia totale del sistema non sarebbe conservata.

In virtù della dipendenza del potenziale quantico dall’entropia quantistica, è proprio l’entropia quantistica l’entità fondamentale che determina il fatto che il potenziale quantico agisce come un canale di informazione nel comportamento delle particelle. La natura del potenziale quantico di agire come un canale di informazione sul comportamento delle particelle quantistiche deriva proprio dall’entropia quantistica. Il carattere geometrodinamico del potenziale quantico, vale a dire il fatto che il potenziale quantico ha una natura geometrica, una natura contestuale, contiene un’informazione globale sull’ambiente in cui viene effettuato l’esperimento, e allo stesso tempo il fatto che è un’entità dinamica, vale a dire che la sua informazione riguardo al processo e all’ambiente è attiva, deriva dall’entropia quantistica. L’entropia quantistica, che esprime la modifica della geometria dello spazio prodotta dall’insieme di particelle associate alla funzione d’onda in esame, rappresenta le proprietà geometriche dello spazio da cui deriva il comportamento delle particelle quantistiche. La stessa azione non-locale del potenziale quantico può essere vista come una conseguenza dell’entropia quantistica.

In sintesi, nella versione entropica della teoria di Bohm, si può affermare che l’entropia quantistica costituisce una sorta di entità intermediaria tra il background e il comportamento delle particelle subatomiche, e perciò tra l’azione del potenziale quantico e il comportamento di particelle quantistiche. L’introduzione dell’entropia quantistica come entità fondamentale che determina il comportamento delle particelle porta a delle equazioni del moto che suggeriscono una nuova suggestiva maniera di interpretare la teoria di Bohm. Com’è noto, nella consueta interpretazione della teoria di Bohm, le equazioni del moto sono non-lineari in natura, in virtù della dipendenza del potenziale quantico dalla funzione d’onda. Invece, adesso, nella versione entropica, si assume preliminarmente che la distribuzione delle particelle associate alla funzione d’onda in considerazione determina una modifica nella geometria dello spazio e poi, in questa nuova geometria “non-lineare”, le equazioni del moto del sistema sono lineari. L’introduzione dell’entropia quantistica permette di trasformare un modello non-lineare nella funzione d’onda in un modello lineare.

Un altro merito importante della versione entropica della teoria di Bohm è quello di portare a uno spazio degli stati complesso come background fondamentale che determina le caratteristiche delle traiettorie delle particelle. In questo background fondamentale, le traiettorie corpuscolari previste dalla teoria di Bohm risultano essere determinate dai due correttori quantistici (dell’energia cinetica e dell’energia potenziale) associati all’entropia quantistica. Passando dal regime non relativistico a quello relativistico, l’entropia quantistica permette di introdurre nuove suggestive prospettive nell’ambito del modello sviluppato da F. Shojai e A. Shojai di cui si è accennato nel paragrafo precedente. Nella versione entropica, è possibile spiegare e giustificare perché e in che senso il potenziale quantico emerge come grado di libertà conformale dello spazio-tempo, perché e in che senso gli effetti della gravità sulla geometria e gli effetti quantistici sulla geometria dello spazio-tempo sono fortemente accoppiati: la chiave di spiegazione di questi risultati sta proprio nell’entropia quantistica, nella modifica della geometria dello spazio determinata dalla densità delle particelle associate alla funzione d’onda in considerazione.

Nella versione entropica della teoria di Bohm in ambito relativistico è così possibile realizzare una geometrizzazione degli aspetti quantistici della materia in un quadro basato sull’idea che la densità delle particelle associate a una data funzione d’onda determina una modifica della geometria del background. La vera chiave di lettura del legame tra gravitazione e comportamento quantistico, riguardo al loro rilievo nel determinare le proprietà della geometria dello spazio-tempo, sta proprio nell’entropia quantistica: gli effetti della gravità sulla geometria e gli effetti quantistici sulla geometria dello spazio-tempo sono fortemente correlati perché sono entrambi determinati dal background descritto dall’entropia quantistica, sono entrambi prodotti dal grado di ordine e caos del vuoto sottostante alla densità di particelle associate alla funzione d’onda in esame. L’entropia quantistica emerge come la vera entità intermediaria tra gli effetti gravitazionali e gli effetti quantistici della materia.

L’approccio basato sull’introduzione dell’entropia quantistica introduce l’importante prospettiva di un background unitario in cui rileggere gravitazione e comportamento quantistico della materia. La prospettiva unificante di gravità e comportamento quantistico introdotta dall’entropia quantistica acquista inoltre un quadro ancora più completo all’interno del modello sviluppato da F. Shojai e A. Shojai in regime di gravità quantistica, dove l’entropia quantistica emerge realmente come un’entità dinamica che determina anche la struttura causale e il fattore di scala dello spazio-tempo.

Conclusioni

Nella teoria di Bohm, l’entropia quantistica – che descrive il grado di ordine e caos del background spazio-temporale determinato dalla densità delle particelle associate alla funzione d’onda in esame – può essere considerata l’entità fondamentale. Nel dominio non relativistico, è proprio l’entropia quantistica l’elemento cruciale che determina il fatto che il potenziale quantico agisce come un canale di informazione sul comportamento delle particelle, che produce un’informazione attiva sulle particelle. La natura geometrodinamica del potenziale quantico, vale a dire il fatto che il potenziale quantico ha un carattere geometrico, contiene un’informazione globale sull’ambiente, e allo stesso tempo è un’entità dinamica, deriva dal background spazio-temporale determinato dall’entropia quantistica. L’entropia quantistica indica quali sono le proprietà geometriche dello spazio dalle quali la forza quantistica, e perciò il comportamento delle particelle, derivano.

Nel dominio relativistico, gli effetti della gravità sulla geometria e gli effetti quantistici sulla geometria dello spazio-tempo sono fortemente accoppiati come conseguenza dell’entropia quantistica, della modifica della geometria del background prodotta dalla distribuzione delle particelle associate alla funzione d’onda in considerazione. Infine, in regime di gravità quantistica, l’entropia quantistica emerge come l’entità fondamentale che produce gli stretti legami tra gli effetti quantistici e il background ed è realmente un’entità dinamica. In particolare, la struttura causale e il fattore di scala dello spazio-tempo sono determinati dall’entropia quantistica.

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fonte http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/...teoria-bohm.php

da www.altrogiornale.org/news.php?extend.9230.7

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