Movimento Indigeno

RAPIMENTI ALIENI

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view post Posted on 18/6/2011, 14:35

Guida Spirituale

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Non si puo parlare di rapimenti alieni senza leggere l'opera del prof.Malanga.
Molti criticano ferocemente l'opera del professore,ma ritengo ingiusto denigrare,senza aver approfondito,il serio lavoro di oltre 20 anni.La teoria di Corrado Malanga apre scenari inquetanti,ma quello che ora mi interessa è la spiegazione che il professore da dell'anima e dello spirito.Tutto è opinabile,ma perlomeno lui ha il coraggio,suffragato da riscontri(da verificare quanto validi),di pronunciarsi.
Riporto un saggio apparso su ufomachine www.ufomachine.org/download/file/13...i.html?start=20 del professore a titolo
Io Una, Noi Tutti ovvero:
meccanismi psicotici nell’adduzione
Di Corrado Malanga


Introduzione.
Il soggetto addotto che esce dal problema adduttivo ha sovente delle ricadute. Si fa in qualche modo riprendere dal problema alieno: non in modo completo come accadeva prima ma in modo parziale. In altre parole non tutti gli alieni che lo infastidivano prima riescono a riprenderlo ma soprattutto gli esseri incorporei tra cui il Lux o il Ringhio o quello che noi definiamo per convenzione con la sigla Ra, riescono, in qualche modo temporaneamente, ad aver la meglio.
Il soggetto addotto ricade in crisi e ci manifesta sempre l’impossibilità di guarire dal suo problema; e come se non bastasse ci incoraggia a lasciarlo stare, a non perdere più tempo con lui poiché la sua guarigione gli appare senza speranza.
Dopo anni di lavoro in questo settore sappiamo che a parlare non è l’addotto ma la cosa che lo governa dentro di lui.
Ci dobbiamo dunque chiedere come mai, nonostante avessimo elaborato un metodo che libera istantaneamente gli addotti dai loro aggressori (il TCT dinamico) nel giro di pochi giorni, alcune specie aliene ritornino e riportino il soggetto in uno stato di profonda frustrazione accompagnata dall’idea del fallimento.
“Ho fallito perché non sono riuscito a liberarmi dagli alieni nonostante il suo aiuto..”, ti senti dire.
L’addotto non sa però che tutti gli addotti si comportano in questo modo, in una fase della loro liberazione e soprattutto non si rende conto che, a parlare, non è lui ma chi lo abita.
Perché dunque gli alieni incorporei resistono e tornano? Perché la parte animica del soggetto addotto e liberato in un primo momento, si fa riprendere in un secondo?

Così dentro, così fuori.
Abbiamo potuto osservare come la parte animica che si manifesta negli addotti all’interno dello spazio virtuale del TCT dinamico o statico, altro non sia che una buona rappresentazione del soggetto stesso. L’addotto in realtà è una persona la cui parte animica ha ceduto all’alieno, lo considera il suo padrone, lo giustifica e si sente sovente gratificato dalla sua presenza. L’addotto vive un rapporto sado-masochistico con l’alieno, non tanto con quello che viene ed interferisce con lui fisicamente ma con quello che da dentro di lui tende a suggerirgli i suoi comportamenti.
Così si scopre che esiste una intima relazione tra il comportamento che l’addotto assume nel sociale ed il comportamento che la sua parte animica assume con gli alieni.
L’addotto è sempre uno che si fa mettere i piedi sulla testa nella vita di tutti i giorni, che decide di seguire ciò che gli altri gli impongono, che non decide in realtà niente ma fa decidere agli altri.
Nell’istante in cui l’addotto si libera dei suoi aggressori alieni, non solo sarà liberato dentro di lui e la sua anima riuscirà a fare per la prima volta nella vita una esperienza di sé, fino in fondo, ma sarà liberato dalle schiavitù delle regole della società. Se ne evince che, nel giro di 48 ore dall’effettuazione del TCT dinamico, il soggetto modifica sostanzialmente quella che è la scala dei valori a cui credeva dieci minuti prima di venire da noi. Non si adatterà più a chi pretende di continuare a comandarlo a bacchetta ma si ribellerà sia dentro di sé, agli alieni, che fuori di sé, agli esseri umani.
Immediatamente si noterà un forte cambiamento di carattere con picchi di rafforzamento inattesi che lasciano stupito l’addotto stesso, che ci racconterà come, per la prima volta, abbia risposto male al capoufficio, abbia mandato affanculo il partner ed abbia detto al genitore di farsi finalmente i fatti suoi.

La paura di manifestarsi.
Un istante dopo che il soggetto si rende conto di aver rovesciato il paradigma della sua vita che lo vedeva schiavo e rinunciatario succube con gli altri, scatta in lui un pavloviano istinto di colpa e qualcosa, dentro di lui, gli ricorda che ha sovvertito le regole. Quelle regole, tanto care all’alieno ed alla società che lo circonda e lo gestisce e che abitua la gente ad essere invasa da un insano istinto di colpa per aver osato assaggiare, per un istante, il sapore della libertà.
“Come osi?” Dirà il tuo partner o tuo padre o il tuo datore di lavoro, ribellarti al tuo padrone. “Cosa fai? non sei grato al tuo padrone che ti da mangiare? Cosa fai sputi nel piatto dove hai mangiato fino ad oggi?”
E così dentro di sé: “Non ti ricordi come si stava bene insieme io e te?” Dice il Lux all’addotto che sente questa penetrante vocina dentro il suo cervello: Ti ricordi come ti facevo avere percezioni extrasensoriali? Senza di me non le potrai più avere”, recita il bugiardo, che vuol far credere che sia lui l’artefice di questa particolarità percettiva dell’addotto. E poi continua con l’idea della ingratitudine, sai quella che i tuoi genitori ti seminano dentro quando ti dicono: “ma come non mi vieni a trovare domenica? ma come non mi curi quando sarò vecchio? tu non mi vuoi più bene eccetera, eccetera”.
Così dentro come fuori il soggetto addotto, che ha appena assaggiato la fresca brezza della libertà, si chiede se se lo merita. Si chiede se è stato ingrato con i suoi aguzzini. In quell’istante le barriere che gli abbiamo fatto costruire vacilleranno irrimediabilmente.
Non dobbiamo dimenticare che l’addotto è tale perché la sua parte animica che rappresenta almeno il cinquanta per cento del suo carattere è remissiva. Una parte animica con poca consapevolezza di sé che interpreta il fare esperienza con l’idea che basti osservare senza interferire nella Creazione. Il non interferire nella Creazione produce lo stesso effetto che si nota quando un bambino accanto ad una vetrina piena di cioccolata guarda dentro il negozio, senza sapere cosa fare. Quel bambino guarderà dentro il negozio dei suoi desideri per tutta la vita solamente perché nessuno gli ha mai spiegato che oltre che guardare può interagire. Se volesse potrebbe anche sfondare la vetrina e prendersi quello che vuole ma potrebbe entrare e comprare: potrebbe fare qualcosa e modificare lo stato de facto della sua esistenza, potrebbe essere non solo spettatore ma anche attore e regista della sua vita. L’addotto invece non sa che può essere regista ma si limita ad essere spettatore. La mancanza della consapevolezza che, per fare esperienze, non basta guardare cosa accade passivamente ma si può decidere se voler effettuare l’esperienza o decidere se si desidera modificarla, produce il comportamento remissivo dell’addotto.
All’interno del “processo di decisione” esiste la presenza di un atto di volontà che il soggetto addotto ha represso.
Non a caso molti addotti sono ciclotimici o depressi cronici.
In questo contesto guarire dall’adduzione vuol dire effettuare un cammino personale che ti porta a modificare il tuo carattere ed ad assumerti l’onere delle tue responsabilità, che fino a quel momento avevamo delegato ad un potere superiore, quello dell’altro.

La sottomissione all’essere evoluto.
Dunque il soggetto appena liberato non è in grado di gestire la sua guarigione come non era in grado di gestire la sua malattia. Prima, quando era malato non sapeva guarire e non sapeva che si potesse guarire. Soprattutto nessuno gli aveva detto che per guarire ci
doveva mettere la volontà di farlo. Il malato normale va dal medico, gli fa l’elenco dei sintomi della malattia e gli dice: “dottore ora mi guarisca”.
Il malato chiede che, a guarirlo, sia il medico e la medicina ufficiale, o il prete e la sua religione ma sia il medico che il prete non fanno nulla per far capire al paziente che il medico può solo indicare la strada della guarigione che dipende da un atto di volontà del soggetto malato. Ma il soggetto malato, che nel caso dell’addotto è probabilmente anche depresso cronicamente, non vuole impegnarsi perché non è abituato a prendersi la responsabilità delle sue azioni e tra queste c’è anche la voglia di guarire.
Il soggetto pensa erroneamente di non essere lui l’esperto delle guarigioni e dunque sarà qualcun altro che si prenderà la responsabilità della sua riabilitazione. L’addotto pensa erroneamente che l’alieno è più forte di lui e più evoluto e dunque si affida a questo fantoccio vestito da dio tecnologico, e da questo, si fa comandare.

La paura di guarire e la perdita di identità.
Il soggetto inoltre, passa la sua vita attendendo di essere liberato senza fare ovviamente quasi nulla per farlo. Immaginate una persona su una carrozzella, un disabile, che un giorno incontra un bravo medico che lo guarisce o un messia che lo miracola. Lui si alza dalla sedia e cammina. In quel’istante è sicuramente emozionato e contento perché è guarito. Il giorno dopo sarà più depresso di prima perché non saprà più identificarsi con il malato che era ieri. Il soggetto malato tende ad identificarsi con la sua malattia. La PNL mostra con l’analisi trasformazionale questo tipo di atteggiamento peraltro comune a molti di noi.
Alla domanda: come stai? Si risponde: sono malato.
In realtà questa frase mostra una forte alterazione dei contenuti della mappa del territorio. Non sono malato ma sto male, non sono malato ma ho una malattia. Il dire sono malato è come dire al posto di chi sei? :
Rossi Giovanni.
No, lui invece risponde così:
Chi sei? Sono Malato.
Si tratta di confondere un proprio stato con la propria identità. Così essere addotto determina che il soggetto non possiede più una identità se non quella del suo stato di addotto. Il giorno che il miracolato si alza dalla carrozzella e viene dichiarato guarito egli non sa più chi era perché prima era malato ed oggi chi è?
In questo contesto nasce spontaneamente l’idea che quando uno non sa chi è, sta male perché la crisi di identità poi sfocia nel suicidio. Allora il soggetto addotto ed il guarito o miracolato, sviluppano dentro di loro il desiderio di ritornare malati. Almeno da malati sanno chi sono o almeno credono di saperlo. Almeno come malati vengono riconosciuti dagli altri che si preoccupano per loro ma da guariti otterranno ancora le stesse attenzioni dagli altri? Avranno ancora cura di te da guarito?
Questo istante è quello in cui l’alieno tenta di rientrare dentro di te, è l’istante in cui tu desideri inconsciamente tornare malato.

L’affettività mancante.
L’alieno senza corpo tende a conoscere i tuoi punti deboli perché abita nella tua testa e ci legge dentro. Il soggetto addotto, lo è perché dentro di sé, la sua anima, voleva compagnia. Può sembrare assurda quanto mai incredibile questa affermazione ma anima soffre di una malattia vera e propria. L’unica malattia che affligge o che può affliggere anima è la solitudine. Anima dell’addotto si sente sovente sola e quando qualche parassita le invade il suo contenitore, essa, da una parte, si sente usata ma dall’altra si sente considerata. Quante volte, dopo la liberazione dai parassiti alieni in ipnosi, anima ci dice che ora sta bene ma si sente sola e rimpiange gli alieni!
Come al solito ciò che accade dentro di noi, è uno specchio di ciò che siamo fuori. Tali soggetti hanno avuto delle problematiche nella gestione delle affettività. Abbiamo incontrato soggetti con forti sindromi da paura dell’abbandono, magari perché sono stati lasciati dai genitori, o dal compagno di vita, hanno perso un figlio od un parente e si sono sentiti traditi da questo, secondo loro, ingiustificato abbandono.
Mi ricordo di una figlia che non perdonava alla madre di essere morta senza poter finire, e quindi risolvere, la contestazione che avevano in corso oppure il caso di chi si fa una colpa per essere ancora vivo mentre il fratellino è morto in un incidente. Poi ci sono gli orfani (una categoria sostanziosa nel campo delle adduzioni), che hanno bisogno di genitori surrogati di quelli veri e che adottano gli alieni a recitare questo strano ruolo.
Uno di questi, in ipnosi piange, di fronte al ricordo dell’alieno mantide, che aveva sempre erroneamente pensato fosse lo spirito della madre defunta che lo veniva a trovare.
Poi ci sono coloro che hanno subito violenze sia sessuali che mentali che tendono a confondere la figura del loro violentatore con quella dell’alieno. In questo contesto il violentatore terrestre può anche non essere ricordato se non nelle lontane pieghe di ricordi confusi ma, a questo proposito, è possibile essere in presenza di una sovrapposizione di ruoli, con la figura dell’alieno al posto del violentatore, che ti obbliga a fare qualcosa, di cui tu non ricorderai nulla, che ha ha però che fare con i tuoi genitali.
Cacciare l’alieno vorrebbe dire cacciare per sempre il tuo violentatore, cacciare l’alieno significa decidere di fare chiarezza sul ricordo dell’esperienza così come decidere di vedere in faccia (riconoscere) il tuo violentatore reale; decidere che non devi sentirti in colpa se ti hanno violentato così come non devi sentirti in colpa se vengono a prenderti. Non devi credere di dover niente al tuo violentatore né al tuo adduttore.
In un contesto simile per esempio l’irrisolta e dimenticata esperienza di violenza viene rivissuta in ambiente alieno, dove la parte animica rimane da una parte inerme e, dall’altra, intensamente interessata a capire cosa stia accadendo, nel tentativo di comprenderne la ragione, necessaria per sublimare l’intero accadimento. Ma questo non succede. Durante l’esperienza di violenza infatti il soggetto perde memoria di cosa sia accaduto e durante l’esperienza di adduzione il soggetto cerca disperatamente di recuperare il ricordo di qualcosa che assomiglia a quella primaria esperienza, senza riuscirci. In questo contesto non rimane ad anima che attendere il prossimo rapimento alieno per vedere se si riesce a terminare un film che è cominciato ma che non riesce a finire.
L’alieno senza corpo, il Lux, in particolare, utilizza gli istinti di colpa della sua vittima per assoggettarla a se stessa in una violenza mentale continua che dura tutta una vita

La gestione della affettività e la ricostruzione della personalità ritrovata.
Dunque con queste premesse quando hai davanti un paziente e lo guarisci, gli devi dare anche la possibilità di ricostruirsi una personalità quando la sua malattia rappresenti erroneamente anche la sua identità perduta.
Se non si opera questo passaggio di identità, il soggetto tenderà rapidamente a sostituire quella malattia, quello stato di malattia che diviene anche bisogno di malattia, con un’altra malattia simile. Nella vita comune assistiamo alla presenza del malato che non vuole guarire, che sta male fisicamente ma che va dal medico e gli dice subito che tanto lui non guarirà mai. Oppure vediamo il malato che scappa quando si accorge che ci sarebbe la possibilità che tu lo stia effettivamente guarendo. Così nell’ambito delle adduzioni ci troviamo spesso di fronte ad addotti che ci dicono che erano troppo soli senza alieni dentro oppure, dopo un trattamento con la TCT dinamica ti salutano troppo frettolosamente e non si fanno più vedere salvo a dieci anni di distanza quando ammettono di essere scappati di fronte all’idea di liberarsi effettivamente dai propri alieni parassiti.
Così dopo aver liberato il soggetto dai suoi alieni non possiamo abbandonarlo a se stesso perché sappiamo che tutte le debolezze della sua psiche, che hanno poi provocato in qualche modo l’adduzione, verranno fuori e sappiamo che, se non le ristrutturiamo, esse saranno il gancio a cui l’alieno si attaccherà per ri-parassitare daccapo la sua vittima.
Insomma una vera e propria psicoterapia di sostengo che pare gli psicologi non sappiano realizzare nei tempi e nei modi che invece noi impieghiamo rapidamente.
Ma va da se che ora stiamo collaborando con alcuni psicologi che adoperano quotidianamente le tecniche del TCT dinamico, con risultati, a sentire loro, eccezionali. Formare una schiera di questi psicologi è per noi di vitale importanza perché garantire ai nostri addotti liberati un post sostegno terapeutico, diventa a questo punto, tappa obbligatoria del nostro lavoro: tappa obbligatoria che però non dobbiamo essere noi a seguire in quanto il nostro lavoro non ce lo permette, sia in termini di tempi che di professionalità specifiche.

Non si può curare il corpo se non si cura l’anima.
Così diceva Platone e così sosteniamo anche noi. Dunque anima è malata ed è per questo che l’alieno la può prendere. Oppure l’alieno ha preso anima e la rende malata.
La malattia di anima è legata all’aspetto della sua solitudine. Essa a volte è convinta di essere sola nell’universo e pur di non essere sola accetta, accanto a se, delle cattive compagnie, innamorandosi dei suoi persecutori ed aguzzini, che vanno dalle figure degli alieni senza corpo, a quelle che lei crede erroneamente siano i suoi creatori.
Dunque anima deve essere riprogrammata per poter assimilare una mappa del territorio più corretta e reale di quella del dopo liberazione.
Nel processo liberativo si instaura un profondo rapporto tra anima del soggetto addotto ed il suo operatore. Nell’istante in cui l’operatore aiuta l’addotto a cacciare gli alieni, è inevitabile che l’operatore ne prenda implicitamente il posto.
Anima ha paura della solitudine ed una volta che gli alieni se ne sono andati lei ha parlato con il suo operatore e lo erge a suo salvatore, suo guru, suo padre e suo creatore. Se anima prima aveva bisogno dell’alieno ed ancor prima di un padrone terreno, ora ha bisogno del suo liberatore e non solo per il periodo di liberazione ma per sempre.
In questo contesto l’addotto è anche capace di decidere inconsciamente di farsi riprendere pur di non cessare il rapporto con il suo operatore di liberazione.
Ciò accade perché si deve tener presente che abbiamo eliminato una figura di riferimento anche se negativa nella vita dell’addotto ed a questo non è rimasto che rimpiazzarla con la nostra figura.
Se non si corregge subito questo tipo di atteggiamento nell’addotto esso, nella migliore delle ipotesi, si sarà liberato dagli alieni ma al loro posto egli considererà inconsciamente voi il nuovo adduttore di cui c’è uno spasmodico bisogno.
In questo modo l’addotto non soffrirà di perdite di identità perché quella di addotto rimarrà, in qualche modo modificata, ma sempre funzionale ed in più avrà assicurata la sfera della affettività che non verrà svuotata dopo la cacciata degli alieni, perché dalla figura dell’operatore stesso riempita.
Dunque, a maggior ragione, è necessaria una rielaborazione della mappa del territorio da far vivere ad anima.

Io una, noi tutti.
Nell’analisi di centinaia di casi, ci siamo resi conto che anima ritiene di essere sola sebbene sappia che sia una parte del tutto. Anima, cioè la parte femminile del sé rispetto a spirito, la parte maschile del sé, vede solo una faccia della medaglia che costituisce la realtà virtuale. Lei ha una idea di unicità differente da quella che ha spirito.
Infatti spirito vede le cose come se nello spazio non si differenziassero, le vede cioè unite nello spazio così come anima ha una visione di unità nel tempo perché tutti gli eventi temporali accadono per lei in un unico istante.
Ad accorgersi di ciò, per primo è stato C. G. Jung che, riportando le parole di un suo collega, sostiene che anima è legata alla figura dell’ovulo femminile mentre spirito a quella dell’insieme degli spermatozoi.
Dove una anima mundi rappresenta l’anima dell’universo, una Pistis Sophia unica e dunque anche sola, così il maschile diventa un gruppo con una sola coscienza che può essere paragonato ad una civiltà di formiche o di insetti che si muovono all’unisono, uno stormo di storni che vengono scambiati dal falco per un solo grande uccello mentre volano. Così tutti gli spermatozoi hanno un compito solo, quello di unirsi all’unico uovo cosmico per fecondarlo. In questo contesto il gruppo di spermatozoi non sono che pezzi di una unica unità sparsi in uno spazio. Analogamente allora anima è costituita da tanti pezzi di sé ma sparsi nel tempo. Questa differenziazione però viene recepita dall’uomo in due modi differenti. I diversi spermatozoi si vedono e sanno di esistere tutti assieme come un battaglione di soldati mentre i singoli pezzi di anima fanno più fatica a vedersi se non nel tempo cioè in tempi differenti.
Diciamo questo perché la parte femminile del sé rispetto alla parte maschile vede l’universo temporalmente dove lo spirito lo percepisce spazialmente. Ancora una volta ci viene in aiuto la Programmazione Neuro Linguistica e nella fattispecie l’analisi trasformazionale. Una donna che dice di amare un uomo dirà:
ti amerò per sempre!
Un uomo che invece dirà ad una donna la stessa frase si esprimerà come segue:
ti amerò ovunque tu vada!
In parole povere sia anima che spirito sono unici ma quantizzati nel tempo e nello spazio rispettivamente.
Questi concetti ci serviranno per poter ristrutturare il concetto di “uno” e di “solo” per anima e costruirgli una personalità alternativa in grado di resistere agli attacchi dell’alieno.
Anima dice di essere io uno dove spirito dice noi tutti.

<b>Ricostruire i rapporti di anima con il terapeuta e con la coscienza.
Dunque si tratta di risolvere i problemi tra addotto liberato e suo liberatore, se così si può dire. Per fare questo è bene conoscere i meccanismi che producono nell’essere umano la sensazione dell’innamoramento perché è di questo che andiamo a parlare.
Abbiamo infatti potuto notare come in alcuni casi i soggetti addotti liberati tendano a credere, facendo confusione, dentro di sé, di essere innamorati del proprio liberatore.
Quello che accade fuori accade dentro e dipende in realtà da un rapporto animico che sovente si instaura in modo del tutto archetipico e simbolico ma che viene riversato sul corpo che, stimolato dalle sensazioni del cervello, può misinterpretare certi tipi di stimoli.
Stiamo per descrivere il transfert ed il controtransfert in un nuovo modo più sicuramente vicino all’idea di una psicologia transpersonale che non all’idea stessa di Jung di rapport che scavalca la meta comunicazione della PNL e utilizza le forze dell’universo virtuale.
Se la nostra chiave di lettura è reale bisogna riconoscere che anima, mente e spirito sono vivi ma il corpo non lo è e non lo è mai stato. Infatti non essendo coscienza è totalmente morto ma tenuto in “vita”, se così si può dire, in qualità di contenitore, dai tre componenti che lo abitano: la Triade.
Dunque il rapporto di amorosi sensi che può scaturire tra due soggetti può avere tre tipi di collocazione. Infatti ammettendo che i due individui che hanno una relazione amorosa siano animici, spirituali e mentali, essi potranno avere una relazione solo animica, solo mentale, solo spirituale o solo animico mentale o animico spirituale o spirituale animica a seconda che le tre parti di uno siano in frequenza, in fase, con le parti dell’altro.
Ed ecco che possiamo assimilare l’idea di un rapporto d’amore con l’unica cosa reale che esso rappresenta: uno scambio di informazioni.
Anima parla all’anima dell’altro e queste informazioni archetipiche vengono inviate alla mente. Così fa spirito: ma mentre anima invia informazioni che mente trasla come emozioni, spirito invia informazioni che mente traduce sotto forma di sentimenti.
La differenza fondamentale che esiste tra sentimenti ed emozioni è legata alla natura di spirito ed anima. Le emozioni accadono ma senza una ragione precisa (non c’è l’idea di causa ed effetto). Al contrario spirito emette l’idea del sentimento che è più legato all’idea di azione reazione. Tu mi da un cazzotto ed io sento il bisogno di spararti fra le palle.
Anima invece assiste ad un tramonto e piange senza motivo apparente.
Sia spirito che anima hanno due modi di definire l’amore.
Anima e spirito in realtà non possono amare nessuno perché sono un tutt’uno con le altre anime e gli altri spiriti.
Anima non ama nessuno perché non può amare se stessa ma è contenta di riconoscersi quando si incontra in un altro contenitore. Questa emozione viene portata alla mente che la trasmette al corpo che la interpreta in modo totalmente virtuale. I greci chiamavano questo amore Agape cioè l’amore che gli Dei davano alle loro creature, senza chiedere di essere ricambiati.
Spirito invece si trova ad amare con le regole di Heros dove il ricambio diventa fondamentale. Anima non ha bisogno del riconoscimento sociale ma Spirito vuole essere accettato nel gruppo a cui lui stesso appartiene. Sembra dire: ti amo perché tu mi ami, e non come direbbe anima: ti amo perché mi piace.
Quello che succede dunque in un rapporto amoroso è lo scambio di informazioni che mente rigetta sul corpo. Il corpo ha solo un modo per tradurre le informazioni di questo tipo ed è utilizzare solo la comunicazione virtuale fatta di spazio, tempo ed energia.
In questo contesto il soggetto che non sa di essere anima e spirito crede di avere delle pulsioni sessuali, che invece sono solo l’ombra di una comunicazione archetipica di più alto livello che, senza coscienza, sono destinate a rimanere sempre totalmente sepolte nel prorpio sé profondo e non saranno mai comprese.
C’è così poca coscienza di questo meccanismo e la gente comune pensa che esita una relazione tra due persone solo di tipo fisico. Bisogna sottolineare come non esista in verità nessuna comunicazione di questo tipo se non la comunicazione tra due ombre e non tra i due possessori delle ombre.
A questo proposito mi sento di sfatare il mito del tutto maschile per cui un maschio osserverebbe, di una donna, in un primo approccio, solo la parte estetica. Questa cosa deve essere totalmente sfatata. Mi sento di poter affermare invece totalmente il contrario.
Quando due soggetti si scambiano informazioni esse sono prima animico spirituali poi la mente traduce le informazioni scambiate e le invia al corpo che ne ha una visione puramente virtuale. In altre parole prima si parlano le componenti delle triadi e poi il soggetto crede di aver comunicato con il corpo.
Quando la parola per esempio viene pronunciata, già il soggetto che inizia a comunicare verbalmente, ha emesso una serie di micro segnali corporali che sono stati preceduti da comunicazioni animico-spirituali, in frazioni di millisecondo.
Ora va ancora sottolineato che le relazioni tra due soggetti sono dunque meta comunicazioni tra tre livelli che devono vibrare alla stessa frequenza per potersi scambiare i dati. Quando i soggetti si scambiano frequenze in armonia ne deriverà un buon rapporto ma il soggetto crederà erroneamente di avere attrazione o repulsione sessuale per la sua controparte. L’attrazione sessuale in realtà è solo un riflesso di una comunicazione tra i diversi componenti della triade. Così come altre sensazioni, come l’idea di amore paterno, sono sempre legate all’incrocio tra segnali scambiati dalle tre componenti della triade.
Ed ora, con quest’ottica vediamo cosa accade tra soggetto addotto e il suo operatore. L’operatore produce, nel progetto di eliminazione degli alieni sul soggetto a lui affidato, un operazione che tende a stabilire un contatto transpersonale tra le sue componenti e quelle dell’addotto stesso. Durante ed alla fine del percorso, le anime si sono parlate: e così gli spiriti e le menti: ed ecco che il passaggio di informazioni, a livello subliminale, può produrre, nel soggetto addotto, anche l’idea, totalmente errata, di attrazione sessuale verso il suo salvatore. Sono comuni anche atteggiamenti in cui il soggetto scambia l’operatore per suo padre o suo fratello.
La confusione di ruoli che ne deriva, se non si conoscono questi meccanismi, può produrre una misinterpretazione all’interno del sistema di persone che costituiscono la coppia che interagisce. Così l’addotto si sentirebbe abbandonato dal suo operatore se egli non rispondesse correttamente e subliminalmente alle sue richieste di affettività.
L’operatore si trova dunque a gestire una classica situazione di transfert alla quale la psicoanalisi risponde in modo molto chiaro chiudendo drasticamente il rapporto tra il paziente ed il medico. Ma nel caso delle adduzioni tale rapporto è per la vita e non può essere distrutto. Va sottolineato che, nel caso di una adduzione, il rapporto che si forma tra addotto e operatore è molto meta comunicazionale a livelli decisamente più profondi di quelli che si ottengono tra uno psicologo ed il suo paziente.
Il tentativo di bloccare i rapporti da parte dell’operatore, sarebbe tradotto dalla mente dell’ex addotto in archetipi errati; inviando questi archetipi ad anima dell’addotto, essa si sentirebbe abbandonata e sola e correremmo il rischio che essa decidesse di riammettere gli alieni al suo desco.
Come operare dunque?
La riprogrammazione finale di anima.
Abbiamo potuto notare come questo problema può essere facilmente aggirato e risolto con una operazione che lavora sia a livello conscio che a livello inconscio. A livello conscio si racconta all’addotto come stanno le cose e come anima, mente e spirito trasmettono i segnali alla mente stessa che, nel parlare al corpo, vede i suoi dati misinterpretati dai sensori virtuali del corpo stesso. Facendo questo si mette il soggetto in condizioni di comprendere alla perfezione tutti quelli che sono i suoi rapporti con gli altri sul piano della gestione della virtualità e della sua sessualità.
Nel contempo, in una seduta di ipnosi o utilizzando una simulazione mentale come il TCT dinamico, dopo aver eliminato gli alieni, faremo fondere le tre sfere della triade in una sola triade.
Questo primo stadio porta anima e spirito a condividere le loro esperienze anche se è improbabile che condividano lo stesso punto di vista, a causa della loro natura intrinseca. Poi si chiederà ad anima sola, se vuole andare a trovare la Coscienza. In questa esperienza anima va dove la vibrazione ha inizio (così si esprime sovente anima). E gli si chiederà di comprendere come si sta quando anima è tutta unita assieme e non spezzettata quantisticamente. Si aggiunge che anima tornerà alla fonte quando tutto sarà finito e gli si farà capire che lei non è sola perché è una!
Anima che ha fatto questa esperienza a volte non vuole tornare nemmeno nel contenitore perché sta troppo bene di la (così lei si esprime).
A questo punto si fa notare ad anima che deve tornare nel suo contenitore perché è li che lei deve terminare la sua esperienza.
Anima rientra nel suo contenitore ed alla fine della simulazione mentale il soggetto ha totalmente riacquisito il concetto di realtà ed ha recuperato il rapporto con il suo operatore per sempre.

Un racconto per anima.
Anima parla ad archetipi e sovente è utile parlare alla mente che dovrà tradurre i fonemi in archetipi, con storie che richiamino ad immagini ideiche ad alto contenuto archetipico.
Un po’ come farebbe chi usa parabole, ricche di stimolazioni che producono emozione.
Sovente si fa comprendere ad anima un concetto senza bisogno di stati di ipnosi profonda.
Così va detto che l’operatore deve essere capace di parlare all’anima del suo addotto anche in una comunicazione normale dove la comunicazione transpersonale prende inconsciamente il via e diventa la più pregnante.
Cosa racconto io all’addotto che si è liberato ma che si sente solo e privato della sua identità e che ha deciso di non partecipare più alla virtualità perché la sua anima ha deciso di abbandonare il suo contenitore prima del tempo?
Io dico questo:
Si! potresti anche andare di la prima del tempo ma esiste un problema che vorrei sottolinearti ora, prima che tu non possa più ripensarci. Fai conto che la tua vita in questo contenitore sia una specie di compito in classe in cui devi dimostrare di aver imparato dall’esperienza che ti compete. Fai conto che tu stia svolgendo un compito in classe con tanti altri come te. La maestra per evitare che vi copiate ha però dato un compito in classe differente ad ognuno di voi. Il compito va consegnato su un foglio di carta alla fine del tempo. Tu potresti alzarti ed andare via prima consegnando il foglio in bianco. Sicuramente lo puoi fare però devi tener presente che la maestra, alla fine della vostra prova, radunerà tutti i fogli perché quei fogli andranno a costituire un libro. Certo tu puoi non scrivere la tua pagina ma si da il caso che se tu non consegnerai la tua pagina, il libro sarà incompleto, non potrà essere pubblicato e renderà inutile il lavoro di tutti gli altri. La tua pagina del libro infatti non è una semplice pagina di un libro ma una cosa indispensabile e senza di quella lo sforzo di tutti non vale nulla. Io credo che si debba consegnare quella pagina del libro e finire il compito quando lo finiscono anche gli altri, alla fine del tempo.
Non credete anche voi?

La sessualità al centro dell’espressività.
Chi si interessa di psiche umana finisce sempre per parlare di sessualità.
Lo fa Freud da pioniere della psicanalisi nei termini di libido e di pulsioni primarie quali punto di partenza per tutte le azioni che l’essere umano penserebbe e metterebbe in opera. Freud, vede i rapporti sessuali quali fulcro di tutta l’evoluzione della razza umana, quasi come un bisogno compulsivo che cerca una ragione d’essere ma che ha come unico scopo la replicazione della specie.
Jung, pur ammettendo la forte spinta che la sessualità rappresenta per la comprensione dei moti della psiche, relega tutto ciò ad un ruolo più marginale e sospetta che dietro certi comportamenti esistano altri tipi di pulsioni più profonde e complesse, non semplicemente biologie, cerebrali, meccanicistiche alla Piero Angela, dove l’atto di amore viene teorizzato come un decisamente improbabile gruppo di reazioni chimiche che sarebbero responsabili della volontà.
Neumann comincia a comprendere che il rapporto tra una donna ed un uomo può essere interpretato come il desiderio della donna di conoscere la parte maschile che è in sé, cercandola all’esterno, in un uroboro maschile fuori di sé.
Wilhelm Reich introduce un concetto per la prima volta straordinario che viene rappresentato dalla sessualità legata all’energia o meglio l’energia della sessualità (orgonica).
In Reich tale concetto viene però ad avere una sua limitazione nella visione ancora meccanicistica dove si potrebbe ipotizzare di usare tale energia anche per dare, in futuro, energia alla propria casa.
Infine Hillman produrrà un concetto fondamentale descrivendo la schizofrenia della società umana come un riflesso di quella interna dove la parte maschile e femminile del sé non parlano tra loro e nemmeno forse conoscono l’esistenza l’una dell’altro.
Le ricerche sul problema delle adduzioni aliene e sui metodi per tenerle a bada ci hanno offerto diversi sottoprodotti di questa ricerca che a tutt’oggi sono rappresentati da una migliore comprensione del modello dell’universo, una chiarificazione della fisica di Bohm e dell’esperimento di Aspect, ci hanno dato una visione completa dell’utilizzo del Mito come mappa del territorio, ci hanno chiarito il funzionamento della linea del tempo in ipnosi permettendoci di riprogrammare con successo il passato, il presente ed il futuro di ognuno di noi.
Infine abbiamo ottenuto una chiave di lettura della costruzione dell’essere umano e da questa ne sono scaturiti i meccanismi che regolano il comportamento sociale primario legato agli aspetti della sessualità, che viene oggi da noi interpretata come uno scambio di informazioni subliminali tra le componenti delle triadi. Dove fino ad oggi i comportamenti sessuali della razza umana erano relegati a pulsioni solo biologiche o peggio a risposte automatiche di stimoli psico-chimico-energetici che asservissero alla funzione del mantenimento della razza umana, garantendo una beota riproduzione delle sue unità, oggi possiamo produrre un modello più vicino alla realtà delle cose sostenendo che l’atto sessuale rappresenta la reazione ad uno stimolo animico spirituale, mal interpretato dalla mente che ne invia i segnali al corpo, la parte totalmente virtuale di noi, nel tentativo di cercare nell’altro la metà interna di noi con la quale non siamo in grado di interloquire e interferire. Il risultato di questa operazione produce nella razza umana la garanzia che i suoi contenitori continueranno ad esistere facendo in modo che sia spirito che anima facciano le loro esperienze, fino al momento in cui non si incontreranno dentro di noi e non cercheranno più, l’altro pezzo di loro, dentro un altro contenitore. In quell’istante, nell’istante in cui anima e spirito si incontreranno e si riconosceranno dentro lo stesso contenitore non ci sarà più bisogno dell’innamoramento perché anima avrà completato il suo ciclo esperienziale e non ci sarà più bisogno di corpi quali contenitori di anime. Quello sarà il momento in cui gli uomini saranno sterili perché immortali e non avranno più bisogno di un corpo peraltro totalmente virtuale.


Bibliografia per approfondire i temi trattati:
C.J. Jung., La Libido, Simboli e Trasformazioni., New Compton ed. 1993, Roma
http://jung.gqitalia.it/25/l-inconscio-col...de-contro-golia
http://programmazioneneurolinguistica.com/pnl/?p=78
http://gruppi.chatta.it/straordinariamente...onna/tutti.aspx
www.vocedalbasso.com/public/news/approfondimento696.asp
http://ipnosi.interfree.it/freud.htm
www.filosofico.net/wilhelmreich.htm
https://digilander.libero.it/amoreluminoso/psicoanalisi.htm
www.artecontradd.it/spip.php?article52
sul transfert
www.depressione-ansia.it/upload/pdf/pub_96918528.pdf
www.opsonline.it/psicologia-15724-transfert-amore.html

Credo che questa lettura,e gran merito di Corrado Malanga,apra a serie e profonde riflessioni(non solo sull'argomento rapiti)

orso in piedi
 
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view post Posted on 22/12/2014, 17:33

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In Contatto con Altri Mondi – John Mack e Budd Hopkins, visioni a confronto del fenomeno Abduction

In questo articolo, la cui prima stesura risale a un paio di anni fa, cercavo di mettere in evidenza a semplice titolo divulgativo le conclusioni alle quali sono giunti John Mack e Budd Hopkins, grandi studiosi americani del fenomeno Abduction/Esperienze di Contatto. In particolare, mi soffermavo sulle teorie di Mack, lo psichiatra di Harvard, senza addentrarmi nei contenuti del suo secondo libro “Passport to the Cosmos”, inedito in Italia e su cui sto preparando un articolo ad hoc. Due grandi figure accomunabili, per il loro enorme contributo nel campo della ricerca sulle Abduction, i rapimenti alieni. Amici per lunghi anni, Budd Hopkins e John Mack. hanno collaborato e hanno condiviso la passione per questa tematica così ostica, si sono confrontati apertamente e senza mai assumere toni aspri, l’uno rispettoso del lavoro dell’altro. Accomunabili dunque per la rilevanza del loro lavoro, ma non per le visioni e le conclusioni, tra loro assai distanti.

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John Mack (a sinistra) e Budd Hopkins

Ibridazione umano/ET

Hopkins, famoso artista e ufologo newyorchese scomparso per cause naturali nell’Agosto 2011, dopo essere stato “ufologo” nel senso stretto del termine, ovvero ricercatore sul campo e inquirente sia indipendente sia collegato alle grandi organizzazioni private statunitensi del settore, aveva optato per lo studio del fenomeno Abduction, dedicandovi tutto se stesso. Era quindi giunto ad elaborare una teoria che ipotizzava come, alla radice degli incontri fisici fra esseri umani e creature aliene esistesse un progetto extraterrestre di ibridazione basato su incroci genetici. Dai dati derivati dal suo studio su centinaia di soggetti umani maschili e femminili emergeva un denominatore comune: gli organi sessuali rivestivano grande importanza. Sedati, ma coscienti di quanto loro accadeva, gli experiencers (persone che dichiarano di aver vissuto esperienze di contatto alieno) si ritrovavano misteriosamente sottoposti a esami medici che, quasi invariabilmente, riguardavano il loro apparato riproduttivo e, in particolare, l’estrazione di sperma e ovuli.

Secondo la teoria di Hopkins e quella elaborata in parallelo da David Jacobs, docente di Storia alla Temple University di New York ed esposta in particolare nel libro “The Threat”, il progetto alieno riguarderebbe soprattutto i soggetti femminili, che dall’età fertile fungerebbero da “contenitori biologici” dai quali verrebbe prelevato e alterato l’embrione fertilizzato con l’innesto di geni alieni. Successivamente, di questo feto gli ET seguirebbero lo sviluppo durante il primo periodo di gestazione in stato di “incubazione uterina”. Quindi, la procedura verrebbe portata a compimento mediante l’asportazione del feto in circostanze che le donne e i medici che le visitavano hanno generalmente ricondotto a gravidanze isteriche. Per Budd Hopkins, tale processo di ibridazione umano/alieno si concluderebbe quando alla “madre”, in fasi successive della sua vita, viene mostrato il frutto del proprio grembo, che non potrà tenere per sé. Una visione agghiacciante delle finalità di un fenomeno di dimensioni planetarie.

Il pensiero di John Mack

A questa visione si è posto in alternativa l’autorevole pensiero di un famoso psichiatra, nonché premio Pulitzer. Nei primi anni Novanta, ordinario di psichiatria alla Harvard University, John Mack fu sensibilizzato proprio da Budd Hopkins ad affrontare la questione da un punto di vista psicoterapeutico. Hopkins infatti intuiva l’esistenza di un qualcosa che andava al di là della mera presa d’atto materiale del fenomeno e Mack raccolse il suo invito a occuparsi delle esperienze di contatto. Dopo un decennio di studi su circa duecento casi, in quei pazienti il docente di Harvard non riscontrò disturbi mentali, altre patologie o abusi di sostanze e invitò la comunità accademica ad avviare una seria indagine scientifica.

Il frutto dei suoi studi fu raccolto nel fondamentale “Abduction: Human Encounters with Aliens” (“Rapiti – Incontri con gli Alieni” 1995, Arnoldo Mondadori Editore), nella cui introduzione Mack scrisse: “Un autore che s’imbarchi in un’avventura originale quanto la presente deve obbligatoriamente chiedersi se possano essere stabiliti dei legami con le sue opere precedenti. Nel mio caso, il filo conduttore è il tema dell’identità – ossia la volontà di scoprire chi siamo nel senso più profondo e più vero. In retrospettiva, questo obiettivo mi ha accompagnato sin dall’inizio, influenzando tanto le mie analisi cliniche dei sogni, degli incubi, delle motivazioni dei suicidi degli adolescenti, quanto le mie ricerche biografiche sui pazienti, gli studi sulla corsa alle armi nucleari e, più recentemente, sulla psicologia transpersonale. Sono arrivato alla conclusione che il fenomeno dei rapimenti ci costringa, se lo valutiamo seriamente, a riesaminare la nostra percezione dell’identità umana, a considerare chi siamo da una prospettiva cosmica”.

Una prospettiva che però, non interessava minimamente Harvard. In breve, davanti a Mack si parò il muro dell’istituzione e se il collegio accademico non lo bollò di eresia e processò come Galileo, egualmente lo accusò di cattiva condotta professionale. Non esistevano i presupposti per curare patologie del genere, sosteneva Harvard. Mack, reo di essersi allontanato dai criteri riconosciuti e dalle metodologie scientificamente fondate, dovette difendersi ricorrendo all’assistenza del formidabile legale di Los Angeles Daniel Sheehan e vinse la battaglia. Il collegio di Harvard dovette ammettere che i suoi studi avevano fondamento e gli consentì di proseguire il lavoro allargandone gli orizzonti e coinvolgendo nella ricerca trasversalmente docenti di Storia, Antropologia e altre discipline.

Un pioniere, dunque, del quale ci si sarebbe aspettati che altri avrebbero ripercorso il cammino. Invece, dopo la sua morte, la categoria professionale degli psichiatri e degli psicoterapeuti, con rare eccezioni, ha continuato a ignorare l’idea stessa di un tale fenomeno, se non per dire che i soggetti vivono in un costante delirio della loro personalità. Meglio dare del matto agli altri, piuttosto che mettere a repentaglio la propria carriera avventurandosi su un campo minato.

Le ragioni delle esperienze di contatto

Mack non escludeva affatto che gli alieni stessero conducendo un programma intergalattico di genetica, ma andava oltre. E affermava: “Si potrebbe pensare al progetto ibrido non tanto come al riflesso di un’opera di procreazione biologica o di colonizzazione, quanto all’evoluzione della consapevolezza. Ma per considerare questo, avremmo bisogno di mettere da parte la radicale scissione tra spirito e materia, o tra i mondi visibili o invisibili, che ha dominato sia la tradizione giudeo-cristiana che la scienza occidentale. Se potessimo ipotizzare un’integrazione tra coscienza e materia, o persino che le immagini fisiche o lo stesso mondo fisico siano una manifestazione di coscienza o spirito, l’apparente e a volte reale aspetto fisico del processo riproduttivo potrebbe essere visto come l’espressione concreta e fisica di un’energia o intelligenza cosmica, che risponde così al problema della minaccia alle forme di vita terrena, risultato dalla miopia umana e della sua capacità distruttiva. Ciò non vuol dire che gli alieni o gli ibridi non siano del tutto reali. Piuttosto, che il processo potrebbe verificarsi in gran parte su un altro regno, con una diversa frequenza vibratoria, una specie di limbo tra un regno e l’altro – né spirito né materia – che, per certi aspetti, può penetrare nel nostro mondo ed essere avvertito con tale vividezza da portare ad un’intensa convinzione e persino a sottili manifestazioni psichiche nei rapiti”.

John Mack è morto a 74 anni, non per cause naturali. È stato travolto da un’auto guidata da un ubriaco, il 28 Settembre 2004, a Londra, Inghilterra, dove si trovava su invito della T.E. Lawrence Society di Oxford, per tenere una conferenza su Lawrence d’Arabia. Anche in questo campo era una stella. Nel 1977 era stato insignito con il Premio Pulitzer per la sua biografia sul Colonnello Lawrence. Dopo la relazione pomeridiana Mack aveva accettato di intervenire nuovamente in serata. Al termine della conferenza e dopo una cena con gli amici, Mack percorreva a piedi la Totteridge Road diretto all’abitazione presso la quale soggiornava. Fu un attimo. Mack fu investito sulle strisce pedonali da una Peugeot 306 guidata da uomo in stato di ebbrezza, stando a quanto dichiarato dalla Polizia della capitale britannica. Qualcuno allora disse, forse per esorcizzare il sospetto di un omicidio, che Mack ricordava lo stereotipo del “professore fra le nuvole” e, dimentico del fatto che in Inghilterra si guida a sinistra, ha guardato nel senso di marcia sbagliato.

Va peraltro detto che con il suo lavoro era andato oltre. In “Passport to the Cosmos – Human Transformation and Alien Encounters” (White Crow Books/John Mack, 1999, inedito in Italia) aveva concluso:

“Il fenomeno Abduction è soprattutto un’opportunità o un dono, una sorta di catalizzatore per l’evoluzione della coscienza nella direzione dell’emergente senso di responsabilità per noi stessi e per il futuro del pianeta”.

Prima di morire stava scrivendo un libro di denuncia sui mali della guerra, sulle sorti di milioni di persone coinvolte in conflitti voluti da poteri forti e occulti, sul disastro ambientale e sul futuro del nostro pianeta. Questo, però, il destino non glielo ha consentito.

Maurizio Baiata, 14 Dicembre 2014

Fonte http://mauriziobaiata.net/2014/12/14/in-co...meno-abduction/

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