Movimento Indigeno

NWO,la soluzione

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view post Posted on 25/10/2011, 15:09

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La bambina che zittì il Mondo per 6 minuti (Nazioni Unite 1992)



Era il lontano 1992,ma sembrerebbe che questo splendido ed accorato appello sia stato dimenticato.
L'uomo è pronto a recepire questo insegnamento?
Siamo arrivati ad un punto della nostra storia in cui aspettare,non agire,sarebbe la condanna finale,irreversibile.Ma cosa fare?Come uscire da questa situazione apparentemente irrisolvibile?
Forze perverse ci hanno conscientemente portati a questo punto e ,se nulla facciamo, sara solo colpa nostra.E' un mondo terribile quello che ci stanno costruendo attorno,e che noi lasceremo ai nostri figli,per il semplice fatto di aver fatto nulla per contrastarlo.
Sarebbe bello se tutti coloro che leggono apportassero le loro idee alla risoluzione del problema.
Da parte mia ho gia esternato alcune possibili azioni per togliere potere a queste persone(riappropriarsi del diritto di stampare la nostra moneta,annullare il signoraggio,rifondare le banche in organismi senza lucro,creare un liberismo etico dove la proprieta privata è limitata dalla morale e dalla coscienza comune,rimettere l'uomo al centro di tutto.
Comunque tutto questo sarebbe inutile se l'uomo non cambiasse se sesso,e non prendesse coscienza che ognuno di noi non è un isola solitaria,ma che fa parte di un qualcosa di molto piu grande.L'uomo deve cresere spiritualmente,andare oltre quello che questa societa materialista ed egoista ci ha insegnato.
Lungi da me fare un discorso religioso,ma in quello che posterò, vorrei che si prendesse lo spirito di cio che è scritto e non da chi è stato scritto(anche se ho amato quell'uomo).
Da "POPULORUM PROGRESSIO LO SVILUPPO DEI POPOLI" 26 marzo 1967 alcuni capitoli

Giustizia e pace

5. Infine, recentemente, nel desiderio di rispondere al voto del concilio e di volgere in forma concreta l'apporto della Santa Sede a questa grande causa dei popoli in via di sviluppo, abbiamo ritenuto che facesse parte del Nostro dovere il creare presso gli organismi centrali della chiesa una commissione pontificia che avesse il compito di «suscitare in tutto il popolo di Dio la piena conoscenza del ruolo che i tempi attuali reclamano da lui, in modo da promuovere il progresso dei popoli più poveri, da favorire la giustizia sociale tra le nazioni, da offrire a quelle che sono meno sviluppate un aiuto tale che le metta in grado di provvedere esse stesse e per se stesse al loro progresso».(9) «Giustizia e pace» è il suo nome e il suo programma. Noi pensiamo che su tale programma possano e debbano convenire, assieme ai Nostri figli cattolici e ai fratelli cristiani, gli uomini di buona volontà. È dunque a tutti che Noi oggi rivolgiamo questo appello solenne a un'azione concertata per lo sviluppo integrale dell'uomo e lo sviluppo solidale dell'umanità.

PER UNO SVILUPPO INTEGRALE DELL'UOMO



1. I dati del problema

Aspirazioni degli uomini

6. Essere affrancati dalla miseria, garantire in maniera più sicura la propria sussistenza, la salute, un'occupazione stabile; una partecipazione più piena alle responsabilità, al di fuori da ogni oppressione, al riparo da situazioni che offendono la loro dignità di uomini; godere di una maggiore istruzione; in una parola, fare conoscere e avere di più, per essere di più: ecco l'aspirazione degli uomini di oggi, mentre un gran numero d'essi è condannato a vivere in condizioni che rendono illusorio tale legittimo desiderio. D'altra parte, i popoli da poco approdati all'indipendenza nazionale sperimentano la necessità di far seguire a questa libertà politica una crescita autonoma e degna, sociale non meno che economica, onde assicurare ai propri cittadini la loro piena espansione umana, e prendere il posto che loro spetta nel concerto delle nazioni.

Colonizzazione e colonialismo

7. Di fronte alla vastità e all'urgenza dell'opera da compiere, gli strumenti ereditati dal passato, per quanto inadeguati, non fanno tuttavia difetto. Bisogna certo riconoscere che le potenze colonizzatrici hanno spesso avuto di mira soltanto il loro interesse, la loro potenza, il loro prestigio, e che il loro ritiro ha lasciato talvolta una situazione economica vulnerabile, legata per esempio al rendimento di un'unica coltura, i cui corsi sono soggetti a brusche e ampie variazioni. Ma, pur riconoscendo i misfatti di un certo colonialismo e le sue conseguenze negative, bisogna nel contempo rendere omaggio alle qualità e alle realizzazioni dei colonizzatori che, in tante regioni abbandonate, hanno portato la loro scienza e la loro tecnica, lasciando testimonianze preziose della loro presenza. Per quanto incomplete, restano tuttavia in piedi certe strutture che hanno avuto una loro funzione, per esempio sul piano della lotta contro l'ignoranza e la malattia, su quello, non meno benefico, delle comunicazioni o del miglioramento delle condizioni di vita.

Squilibrio crescente

8. Fatto questo riconoscimento, resta fin troppo vero che tale attrezzatura è notoriamente insufficiente per affrontare la dura realtà dell'economia moderna. Lasciato a se stesso, il suo meccanismo è tale da portare il mondo verso un aggravamento, e non verso un'attenuazione, della disparità dei livelli di vita: i popoli ricchi godono di una crescita rapida, mentre lento è il ritmo di sviluppo di quelli poveri. Aumenta lo squilibrio: certuni producono in eccedenza beni alimentari, di cui altri soffrono atrocemente la mancanza, e questi ultimi vedono rese incerte le loro esportazioni.

Aumentata presa di coscienza

9. Nello stesso tempo, i conflitti sociali si sono dilatati fino a raggiungere le dimensioni del mondo. La viva inquietudine, che si è impadronita delle classi povere nei paesi in fase di industrializzazione, raggiunge ora quelli che hanno un'economia quasi esclusivamente agricola: i contadini prendono coscienza, anch'essi, della loro «miseria immeritata».(10) A ciò s'aggiunga lo scandalo di disuguaglianze clamorose, non solo nel godimento dei beni, ma più ancora nell'esercizio del potere. Mentre una oligarchia gode, in certe regioni, di una civiltà raffinata, il resto della popolazione, povera e dispersa, è «privata pressoché di ogni possibilità di iniziativa personale e di responsabilità, e spesso anche costretta a condizioni di vita e di lavoro indegne della persona umana».(11)

Urti di civiltà

10. Inoltre l'urto tra le civiltà tradizionali e le novità portate dalla civiltà industriale ha un effetto dirompente sulle strutture, che non si adattano alle nuove condizioni. Dentro l'ambito, spesso rigido, di tali strutture s'inquadrava la vita personale e familiare, che trovava in esse il suo indispensabile sostegno, e i vecchi vi rimangono attaccati, mentre i giovani tendono a liberarsene, come d'un ostacolo inutile, per volgersi evidentemente verso nuove forme di vita sociale. Accade così che il conflitto delle generazioni si carica di un tragico dilemma: o conservare istituzioni e credenze ancestrali, ma rinunciare al progresso, o aprirsi alle tecniche e ai modi di vita venuti da fuori, ma rigettare in una con le tradizioni del passato tutta la ricchezza di valori umani che contenevano. Di fatto, avviene troppo spesso che i sostegni morali, spirituali e religiosi del passato vengano meno, senza che l'inserzione nel mondo nuovo sia per altro assicurata.

Conclusione

11. In questo stato di marasma si fa più violenta la tentazione di lasciarsi pericolosamente trascinare verso messianismi carichi di promesse, ma fabbricatori di illusioni. Chi non vede i pericoli che ne derivano, di reazioni popolari violente, di agitazioni insurrezionali, e di scivolamenti verso le ideologie totalitarie? Questi sono i dati del problema, la cui gravità non può sfuggire a nessuno.

14. Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, dev'essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo. Com'è stato giustamente sottolineato da un eminente esperto: «noi non accettiamo di separare l'economico dall'umano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l'uomo, ogni uomo, ogni gruppo d'uomini, fino a comprendere l'umanità intera».

Dovere personale e comunitario

16. Tale crescita della persona, del resto, non è facoltativa. Come tutta intera la creazione è ordinata al suo Creatore, la creatura spirituale è tenuta ad orientare spontaneamente la sua vita verso Dio, verità prima e supremo bene. Così la crescita umana costituisce come una sintesi dei nostri doveri. Ma c'è di più: tale armonia di natura, arricchita dal lavoro personale e responsabile, è chiamata a un superamento. Mediante la sua inserzione nel Cristo vivificatore, l'uomo accede a una dimensione nuova, a un umanesimo trascendente, che gli conferisce la sua più grande pienezza: questa è la finalità suprema dello sviluppo personale.

17. Ma ogni uomo è membro della società: appartiene all'umanità intera. Non questo o quell'uomo soltanto, ma tutti gli uomini sono chiamati a tale sviluppo plenario. Le civiltà nascono, crescono e muoiono. Ma come le ondate dell'alta marea penetrano ciascuna un po' più a fondo nell'arenile, così l'umanità avanza sul cammino della storia. Eredi delle generazioni passate e beneficiari del lavoro dei nostri contemporanei, noi abbiamo degli obblighi verso tutti, e non possiamo disinteressarci di coloro che verranno dopo di noi a ingrandire la cerchia della famiglia umana. La solidarietà universale, che è un fatto, per noi è non solo un beneficio, ma altresì un dovere.

Scala dei valori

18. Siffatta crescita personale e comunitaria verrebbe compromessa ove si deteriorasse la vera scala dei valori. Legittimo è il desiderio del necessario, e il lavoro per arrivarci è un dovere: «Se qualcuno si rifiuta di lavorare, non deve neanche mangiare» (2Ts 3,10). Ma l'acquisizione dei beni temporali può condurre alla cupidigia, al desiderio di avere sempre di più e alla tentazione di accrescere la propria potenza. L'avarizia delle persone, delle famiglie e delle nazioni può contagiare i meno abbienti come i più ricchi, e suscitare negli uni e negli altri un materialismo che soffoca lo spirito.

L'ideale da perseguire

21. Meno umane: le carenze materiali di coloro che sono privati del minimo vitale, e le carenze morali di coloro che sono mutilati dall'egoismo. Meno umane: le strutture oppressive, sia che provengano dagli abusi del possesso che da quelli del potere, dallo sfruttamento dei lavoratori che dall'ingiustizia delle transazioni. Più umane: l'ascesa dalla miseria verso il possesso del necessario, la vittoria sui flagelli sociali, l'ampliamento delle conoscenze, l'acquisizione della cultura. Più umane, altresì: l'accresciuta considerazione della dignità degli altri, l'orientarsi verso lo spirito di povertà (cf. Mt 5,3), la cooperazione al bene comune, la volontà di pace........

Il resto,se volete,lo trovate qui: www.vatican.va/holy_father/paul_vi/...pulorum_it.html

Le cose giuste sono e rimangono tali,a prescindere da che parte provengano.

https://terraindigena.forumfree.it/?t=48115472

Se vogliamo creare un nuovo mondo non possiamo esimerci,prima di tutto,da una crescita personale,o sara tutto inutile.

orso in piedi
 
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view post Posted on 26/10/2011, 13:32

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Come sempre verita alternate a dichiarazioni impossibili o difficili da verificare.
Occhi aperti e discernimento sono la parola d'ordine.Intanto incameriamo la notizia e valutiamola nel prosieguo.

orso in piedi
 
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view post Posted on 21/9/2013, 20:36

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Il voto del Parlamento svizzero per la separazione bancaria è un potente messaggio politico per il mondo intero
di Claudio Celani, vicepresidente di MoviSol

15 settembre 2013 (MoviSol) - Lunedì 9 settembre il Consiglio Nazionale, camera bassa del Parlamento svizzero, ha votato con una maggioranza di 3 a 2 tre differenti mozioni richiedenti l'adozione di un sistema di netta separazione tra banche, secondo i criteri della legge Glass-Steagall. La Svizzera è uno dei centri finanziari più importanti al mondo e se sarà rispettata la volontà del Parlamento le massime banche del Paese, UBS e Crédit Suisse, saranno scorporate, con il ritiro delle garanzie agli investimenti speculativi. Data la rilevanza sistemica delle due banche, le implicazioni per il sistema finanziario internazionale sono ovvie.

Nonostante l'importanza del voto parlamentare, nessuna anticipazione è stata data dai media internazionali, con l'eccezione di un articoletto del quotidiano finanziario tedesco Boersenzeitung. Si è deciso di far calare una cortina di silenzio su una decisione di enorme rilevanza sistemica.

Tuttavia, non è una novità che i media si comportino così. Se è vero che il voto elvetico non è ancora un atto legislativo, le banche si sono sentite minacciate anche nel breve periodo. Infatti è stata espressa direttamente l'intenzione di porre fine al sistema del Too Big to Fail e tale intenzione è sufficiente per sconquassare il castello di carte finanziario. Questo è ciò che l'oligarchia finanziaria teme; questo spiega sufficientemente il silenzio stampa sull'avvenimento.

Silenzio che ovviamente non ha retto in Svizzera. Il giorno successivo è esploso un intenso dibattito sui media, con la protesta della lobby bancaria, preoccupata a suo dire dalla "empia alleanza" di partiti di destra e sinistra che ha reso possibile il voto favorevole. Assolutamente imprevisto (perlomeno per i meno accorti) è stato l'accordo strategico tra il Partito Socialista (SP) e il Partito Popolare Svizzero (SVP), capaci di mettere da parte i temi sui quali essi hanno vedute notevolmente differenti. Un terzo partito, quello dei Verdi, si è unito alla coalizione per la separazione bancaria.

Il Governo (Consiglio Federale), nel quale ha prevalso una maggioranza formata da liberali, conservatori e cristiano-democratici, si è opposto, ma perdendo. Il voto del Parlamento vincola il Consiglio Federale a rispondere formalmente alla richiesta di esaminare la possibilità di adottare la separazione bancaria. Prevedibilmente, esso costituirà una "commissione di esperti" zeppa di rappresentanti di banche, che ripeteranno il "no" all'idea, come accadde già nel 2010.

Il socialdemocratico Corrado Pardini ha annunciato che in tutta risposta il suo gruppo sta preparando una richiesta di referendum nazionale da presentare presto al Cancelliere Federale per la sua vidimazione. In Svizzera il referendum è uno strumento potente. Può essere tenuto su qualunque tema e il suo risultato ha valore di legge.

Un referendum sulla separazione bancaria permetterebbe di superare l'opposizione governativa e anche i problemi incontrabili nella camera alta, il Consiglio dei Cantoni, nel quale socialdemocratici, popolari e verdi non avrebbero la maggioranza. Pardini crede che il referendum potrebbe raccogliere un 60% di voti favorevoli alla legge Glass-Steagall.

Al momento non è ancora chiaro se l'SVP aderirà alla campagna per il referendum.

Una svolta recente

Il primo tentativo di allenza favorevole alla separazione bancaria risale al 2009, quando l'industriale Nicolas Hayek (fondatore di Swatch) mise assieme il fondatore dell'SVP Cristoph Blocher e il segretario generale dei socialdemocratici Christian Levrat per annunciare una specifica iniziativa nel corso di una conferenza stampa. L'alleanza, tuttavia, fallì e, al momento del voto nel 2012, i due partiti andarono per la loro strada.

Recentemente, al tentativo è stato dato nuovo respiro dal gruppo dell'SP attorno a Pardini, nel contesto che un osservatore ha descritto all'EIR come un "sentimento di base" nella popolazione elvetica per difendere l'indipendenza svizzera dall'assalto della globalizzazione finanziaria, un'assalto il cui mandante viene visto a Washington. Certamente un elemento scatenante della reazione politica è stata la nuova regolamentazione bancaria, introdotta alla fine del 2012 dall'autorità finanziaria Finma, per rendere possibile in futuro il bail-in delle grosse banche, a spese dei risparmiatori e degli obbligazionisti. Le nuove regole, riflesso delle direttive globali del Financial Stability Board, sono state denunciate dall'EIR presso il pubblico svizzero, con l'effetto di generare un'ondata di indignazione. Insieme alla pressione esercitata sulla Svizzera affinché si arrenda ad una ulteriore deregolamentazione trans-frontaliera, allo scandalo dello spionaggio dell'NSA e alla politica guerrafondaia degli Stati Uniti, questo elemento ha determinato un sentimento irremovibile nell'opinione pubblica d'oltralpe.

Il primo frutto di questo mutamento è stata la sconfitta della cosiddetta "Lex USA", l'accordo per condividere con gli enti finanziari americani i dati delle banche svizzere, in un voto al Consiglio Nazionale il 16 giugno. La convergenza di SP e SVP nel voto contrario era un chiaro segno premonitore. Il giorno successivo, Pardini ha lanciato la sua "Iniziativa di Sicurezza Bancaria" durante un incontro pubblico a Berna, che egli ha così presentato:

"La separazione tra banche d'affari e banche commerciali allontana dai risparmi e dalle attività creditizie il rischio connesso al trading finanziario, riduce di dimensione le grandi banche e le priva delle indesiderate garanzie governative, che sono anti-mercato. Le banche separate rafforzano la protezione dei clienti e la propria efficienza. Esse sostengono le imprese con una maggior disponibilità di credito. Ciò assicura posti di lavoro nell'industria, nel commercio e nei settori dei servizi."

"Lo svincolare il Governo dalle banche d'affari elimina il pericolo di salvataggi rovinosi, poiché le banche d'affari possono fallire senza tirarsi dietro decine di migliaia di società, come fu ventilato nel 2008 con il caso UBS. Se il loro fallimento minaccia il sistema finanziario internazionale, sarà il FMI a doversene occupare".

Pardini ha detto di aver considerato tutte le proposte avanzate in Europa per una separazione "soft" tra banche, e di giudicarle di poco valore, facendo poi riferimento esplicito alla legge Glass-Steagall del 1933 come modello.

Nelle settimane successive si è svolto un negoziato dietro le quinte tra Pardini, sostenuto dalla dirigenza nazionale del suo partito, e lo stratega dell'SVP Cristoph Blocher. Non è un sorpresa per chi è di casa, che all'apertura dei lavori del Parlamento il 9 settembre, l'alleanza tra i due partiti, insieme ai Verdi, si sia concretizzata nel voto sulle tre mozioni.

La lobby bancaria ha subito sguinzagliato i suoi megafoni nei media e tra i rappresentanti politici per attaccare la proposta, ritenendo scandaloso che "politici e funzionari" ficchino il naso negli affari dei banchieri (Neue Zuericher Zeitung).

Ma non tutti i media hanno tenuto la linea, poiché alcuni sono stati costretti a dare voce al favore popolare. Uno degli articoli di maggior spicco è quello di Philipp Loepfe sul Tagesanzeiger del 10 settembre, dal titolo "Una separazione ragionevole". Dopo aver affermato che la separazione bancaria non è una "idea esotica" di qualche sparuto politico, il giornalista ha descritto la "storia di successo" della legge Glass-Steagall, durata sessanta anni, benché fosse "già piena di buchi" nel momento in cui Clinton l'abrogò.

La separazione bancaria farebbe bene alla Svizzera e alle due massime banche UBS e CS, Loepfe afferma. La prima banca ha detto di aver ridimensionato la sua attività d'affari, ma "non tutti sono convinti che UBS faccia quel che annuncia. Il fondo Knight Vinke accusa l'AD di UBS Ermotti di aver semplicemente relegato la maggior parte delle attività di investment banking in una Bad Bank, in modo da ingannare gli azionisti". Knight Vinke è convinto che UBS dovrebbe trasformarsi in una banca di gestione di patrimoni, poiché sarebbe "il modello più profittevole" per essa. Anche Crédit Suisse ha ridotto la sua attività di investment banking, in rapporto ai servizi bancari per privati, da un rapporto 40/60 a un rapporto 50/50.

"Conclusione: fondamentalmente un sistema di separazione tra banche in Svizzera è fattibile. Per UBS un ritorno alle attività di gestione di capitali sarebbe il miglior modello aziendale. Le conseguenze sull'occupazione sarebbero contenute, poiché entrambe le grandi banche operano a Londra e a New York. Con l'adozione della separazione bancaria essa diventerebbero più piccole, ma certamente molto più svizzere."

Anche il giornalista e ricercatore Gian Trepp, che ha fatto campagna per la separazione bancaria, ha scritto che il voto ha posto fine "alla fase di accettazione fatalista dello Status Quo nella questione irrisolta del Too Big to Fail. Il fatto è che UBS e CS destabilizzano l'intera economia svizzera. In merito all'economia reale, che produce il maggior numero di occupati in mille mestieri, entrambe le grandi banche sono ancora così piccole che una insolvenza altamente probabile possa portare al collasso dell'intera economia.

"V'è un sentimento di base nella popolazione", ci ha detto Trepp in una conversazione telefonica. Il voto parlamentare ne è stato un riflesso. Legato al carattere distintivo della "neutralità", che per lo svizzero significa "indipendenza", radicato nella storia secolare della "Willen-Nation", cioè della nazione costruita dalla volontà di unirsi di diversi popoli, che spiega come sia possibile che alcune fazioni politiche ideologicamente distanti convergano su un tema che riguarda l'interesse nazionale. Il riflesso di tale "neutralità" storicamente radicata ha conseguenze per quanto riguarda il "modello imprenditoriale" che gli svizzeri vogliono difendere.

Questo sentimento di indipendenza ("che, sì, potremmo chiamare un riflesso alla Guglielmo Tell, anche se Guglielmo Tell è un personaggio mitologico") si rivolta contro ciò che in Svizzera è percepito come un attacco "americano" al sistema finanziario nazionale, e il fatto che le due massime banche, UBS e Crédit Suisse, non siano più svizzere. "Gli Stati Uniti hanno umiliato la Svizzera", ha aggiunto Trepp.

Così, la Svizzera lancia un potente messaggio politico. È la reazione a un precipitare della situazione dal punto di vista strategico, economico e militare. L'assalto finanziario alla Svizzera, lo scandalo dell'NSA e l'orientamento di Obama verso altre guerre sono visti come elementi di un'unica immagine, che dimostrano a una nazione l'urgenza di assicurare la propria integrità. Questo è un messaggio che deve essere ben ricevuto e compreso, in giro per il mondo.

Estratto di un'intervista con Corrado Pardini
per il Basler Zeitung


"La nostra economia nazionale è sempre sotto la spada di Damocle, [sotto la minaccia] di dover rifinanziare le nostre tre banche sistemiche con il denaro dei cittadini in caso di crisi. In tal caso la Svizzera potrebbe sprofondare. È giunto il tempo di liberarsi di questa spada di Damocle"

"Oggi si discute con tutti coloro che sono interessati [...] Se il Sig. Blocher [SVP], anch'egli un finanziere negli anni Novanta e allora promotore delle banche d'affari, si trova a difendere una posizione in accordo con la tradizione socialdemocratica, ne sono contento. [...] Insieme e con altri, noi abbiamo non soltanto la maggioranza in Parlamento, ma anche presso il popolo."

I tre testi delle mozioni

(fonte: Sito del Parlamento svizzero)

11.3845 Mozione (SVP)
Separare le attività bancarie d'investimento dalle funzioni d'importanza sistemica.

Voti favorevoli: 107; contrari: 72;
non espressi per astensione: 6.

Testo depositato

Il Consiglio Federale è incaricato di proporre delle soluzioni in vista della separazione delle attività d'investimento delle grandi banche, in particolare di quelle che hanno luogo a Londra o negli Stati Uniti, dalla funzioni d'importanza sistemica, che riguardano la Svizzera; si tratta di evitare che i rischi per l'economia svizzera indotti dalle attività d'investimento siano mescolati alle funzioni d'importanza sistemica.

Sviluppo

Si è potuto chiaramente vedere a quale punto negli Stati Uniti e nel Regno Unito le attività bancarie d'investimento, assai rischiose, possano essere pericolose per le funzioni d'importanza sistemica e, in fin dei conti, per la Confederazione [Elvetica]. Al fine di evitare le ripercussioni negative legate alle attività d'investimento, l'SVP incarica il Consiglio Federale di elaborare delle soluzioni che permettano di separare le attività d'investimento dalle altre attività commerciali, si gran lunga meno rischiose, delle grandi banche.

11.3857 Mozione (Verdi)
Istituzione di un sistema bancario differenziato.

Voti favorevoli: 100; contrari: 74;
non espressi per astensione: 11.

Testo depositato

Il Consiglio Federale è incaricato di assumere le misure necessarie alla messa in atto di un sistema bancario differenziato. Esso codurrà uno studio che dovrà mettere in evidenza i vantaggi e gli svantaggi rispettivamente di un sistema bancario differenziato e di una struttura di holding, sul piano funzionale e territoriale, e con la prospettiva della loro messa in opera.

Sviluppo

I piccoli risparmiatori e lo Stato non devono essere più esposti ai rischi inerenti le attività bancarie. Tre anni dopo lo scoppio della crisi finanziaria si constata in effetti che l'interconnessione degli affari in seno alle banche svizzere costituisce ancora una minaccia per la stabilità economica e politica del paese, senza parlare della stabilità delle banche stesse, tanto che nessuno è in grado di misurare le ricadute dei rischi legati alle attività all'estero e presso la banca d'investimento, ciò che ha appena confermato UBS per via delle ultime perdite stimate a oltre 2 miliardi di dollari.

Gli esperti incaricati di stabilire il rapporto "Too Big to Fail" (banche troppo grandi per essere poste in fallimento) non hanno esplorato l'opzione di un sistema bancario differenziato poiché essi stimano che un tal sistema costituirebbe una intrusione eccessiva nella sfera bancaria. Essi si limitano a proporre una riduzione dei fondi propri e delle liquidità bancarie, cosa evidentemente insufficiente se si vuole contenere i rischi legati alle attività bancarie.

Nei riguardi degli interessi dello Stato e dell'economia, non ci si può accontentare di tali misure. Conviene dunque esaminare le condizioni della messa in atto di un sistema bancario differenziato come quello conosciuto dagli Stati Uniti fino al 1999. Si studierà i modelli differenti proponibili, che saranno in seguito l'oggetto di un progetto di legge.

11.4185 Postulato (SP)
Diminuire i rischi con l'istituzione di una partizione delle attività bancarie. Rapporto.


Voti favorevoli: 101; contrari: 74;
non espressi per astensione: 9.

Testo depositato

Il Consiglio Federale è incaricato di presentare al Parlamento un rapporto che esponga i motivi dell'istituzione di una partizione delle attività bancarie in Svizzera, insieme alle modalità praticabili. Esso esaminerà all'occorrenza in quali maniere possano essere ridotti i rischi macroeconomici legati alle attività delle banche d'importanza sistemica.

Sviluppo

Dopo il 2008, davanti al rischio sistemico presentato dalle grandi banche, la partizione delle attività bancarie istituita negli Stati Uniti nel 1932 [sic] tramite la legge Glass-Steagall ha ritrovato il favore degli ambienti internazionali specialisti. In Svizzera sono state formulate delle proposte simili alla presente nel corso della recente revisione della legge sulle banche (progetto "Too Big to Fail"). D'altra parte, ispirandosi alle proposte della Commissione Volcker (Independent Commission on Banking), la Gran Bretagna ha deciso di ristrutturare il proprio sistema bancario obbligando le banche a separare le proprie attività al dettaglio con i clienti e le PMI dalle attività d'investimento che presentassero un rischio accresciuto. Il fine è di poter preservare le attività essenziali al funzionamento dell'economia stessa, se il settore della banca d'investimento dovesse fallire.

fonte www.movisol.org/13news158.htm

Ecco un punto,la separazione della " banche d'affari" dalle "banche pubbliche",sulla quale ci siamo sempre battuti.Un ulteriore passa dovrebbe riguardare una nuova Bretton Woods

orso in piedi
 
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view post Posted on 5/6/2015, 16:54

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Il miracolo economico della Germania negli anni 30: Hitler si ispirò a Lincoln

L’economista inglese Henry C.K. Liu ha scritto sull’incredibile trasformazione tedesca: “I nazisti arrivarono al potere in Germania nel 1933, in un momento in cui l’economia era al collasso totale, con rovinosi obblighi di risarcimento postbellico e zero prospettive per il credito e gli investimenti stranieri. Eppure, attraverso una politica di sovranità monetaria indipendente e un programma di lavori pubblici che garantiva la piena occupazione, il Terzo Reich riuscì a trasformare una Germania in bancarotta, privata perfino di colonie da poter sfruttare, nell’economia più forte d’Europa, in soli quattro anni, ancor prima che iniziassero le spese per gli armamenti“.

moneta libera della Germania ai tempi di Hitler In Billions for the Bankers, Debts for the People (Miliardi per le Banche, Debito per i Popoli, 1984), Sheldon Hemry commenta: “Dal 1935 in poi, la Germania iniziò a stampare una moneta libera dal debito e dagli interessi, ed è questo che spiega la sua travolgente ascesa dalla depressione alla condizione di potenza mondiale in soli 5 anni. La Germania finanziò il proprio governo e tutte le operazioni belliche, dal 1935 al 1945, senza aver bisogno di oro né debito, e fu necessaria l’unione di tutto il mondo capitalista e comunista per distruggere il potere della Germania sull’Europa e riportare l’Europa sotto il tallone dei banchieri“.

Il Trattato di Versailles nel gennaio 1919 aveva imposto al popolo tedesco risarcimenti che lo avevano distrutto, con i quali si intendeva rimborsare i costi sostenuti nella partecipazione alla guerra per tutti i Paesi belligeranti. Costi che ammontavano al triplo del valore di tutte le proprietà esistenti nella Germania. La speculazione sul marco tedesco aveva provocato il suo crollo, affrettando l’evento di uno dei fenomeni d’inflazione più rovinosi della modernità. Al suo apice, una carriola piena di banconote, per l’equivalente di 100 miliardi di marchi, non bastava a comprare nemmeno un tozzo di pane. Le casse dello Stato erano vuote ed enormi quantità di case e di fattorie erano state sequestrate dalle banche e dagli speculatori. La gente viveva nelle baracche e moriva di fame.

Nulla di simile era mai accaduto in precedenza: la totale distruzione di una moneta nazionale, che aveva spazzato via i risparmi della gente, le loro attività e l’economia in generale. A peggiorare le cose arrivò, alla fine del decennio, la depressione globale. La Germania non poteva far altro che soccombere alla schiavitù del debito e agli strozzini internazionali. O almeno così sembrava.

Hitler e i Nazional-Socialisti, che arrivarono al potere nel 1933, si opposero al cartello delle banche internazionali iniziando a stampare la propria moneta.

In questo presero esempio da Abraham Lincoln, che aveva finanziato la Guerra Civile Americana con banconote stampate dallo Stato, che venivano chiamate “Greenbacks“. Hitler iniziò il suo programma di credito nazionale elaborando un piano di lavori pubblici. I progetti destinati a essere finanziati comprendevano le infrastrutture contro gli allagamenti, la ristrutturazione di edifici pubblici e case private e la costruzione di nuovi edifici, strade, ponti, canali e strutture portuali.

Il costo di tutti questi progetti fu fissato a un miliardo di unità della valuta nazionale. Un miliardo di biglietti di cambio non inflazionati, chiamati Certificati Lavorativi del Tesoro. Questa moneta stampata dal governo non aveva come riferimento l’oro, ma tutto ciò che possedeva un valore concreto. Essenzialmente si trattava di una ricevuta rilasciata in cambio del lavoro e delle opere che venivano consegnate al governo. Hitler diceva: “Per ogni marco che viene stampato, noi abbiamo richiesto l’equivalente di un marco di lavoro svolto o di beni prodotti“. I lavoratori spendevano poi i certificati in altri beni e servizi, creando lavoro per altre persone.

Nell’arco di due anni, il problema della disoccupazione era stato risolto e il Paese si era rimesso in piedi. Possedeva una valuta solida e stabile, niente debito, niente inflazione, in un momento in cui negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali erano ancora senza lavoro e vivevano di assistenza. La Germania riuscì anche a ripristinare i suoi commerci con l’estero, nonostante le banche estere negassero credito e dovesse fronteggiare un boicottaggio economico internazionale. Ci riuscì utilizzando il sistema del baratto: beni e servizi venivano scambiati direttamente con gli altri paesi, aggirando le banche internazionali. Questo sistema di scambio diretto avveniva senza creare debito né deficit commerciale.

L’esperimento economico della Germania lasciò alcuni durevoli monumenti al suo processo, come la famosa Autobahn, la prima rete del mondo di autostrade a larga estensione. Di Hjalmar Schacht, che era all’epoca a capo della banca centrale tedesca, viene spesso citato un motto che riassume la versione tedesca del miracolo del “Greenback”. Un banchiere americano gli aveva detto: “Dottor Schacht, lei dovrebbe venire in America. Lì abbiamo un sacco di denaro ed è questo il vero modo di gestire un sistema bancario“. Schacht replicò: “Lei dovrebbe venire a Berlino. Lì non abbiamo denaro. E’ questo il vero modo di gestire un sistema bancario” (John Weitz, Hitler’s Banker Warner Books, 1999).

Ellen Brown

informazioneconsapevole.blogspot.it

Ovviamente non sono qui per elogiare un sistema maledetto come il nazzismo,ma per far capire che ci sono altri metodi molto piu efficienti e democratici in economia di quelli che usiamo noi oggi.Poche persone oggi manovrano la finanza mondiale,pertanto controllano direttamente anche noi.Siamo il loro gregge,e ci possono macellare quando vogliono.
Cio che è postato sopra dimostra che la normalità non è quella del sistema in cui viviamo,ma che è un sistema imposto tramite politici,giornalisti,economisti pagati e comprati da questi poteri fininziari.
Come questi poteri gli sono stati accordati,questi stessi poteri gli possono essere tolti!Basta qualche leggina e si ritroverebbero in un mare di merda.
Ma forse siamo troppo pecore per agire(e votiamo sempre gli stessi.......)!

orso in piedi
 
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view post Posted on 2/5/2019, 10:31

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Quinta Burbank

DI LORENZO MERLO

Victoryproject

In una recente intervista Alain de Benoist risponde così all’ultima domanda, dedicata a come si potrà superare il liberalismo.

Breizh-info.com – Quali antidoti, quali alternative esistono, o restano da inventare, perché le nostre società trionfino su questo liberalismo?

Alain de Benoist – “Ovviamente non esiste una ricetta miracolosa. D’altra parte, c’è una situazione generale che evolve sempre più rapidamente e che ora mostra i limiti del sistema attuale, che si tratti del sistema politico della democrazia liberale o del sistema economico di una forma-capitale confrontata con l’immensa minaccia di una generale svalutazione del valore. Il futuro è locale, dei circuiti brevi, della rinascita delle comunità umane, della democrazia diretta, dell’abbandono dei valori esclusivamente mercantili. L’antidoto sarà stato scoperto quando i cittadini avranno scoperto che non sono solo dei consumatori, e che la vita può essere più bella quando si ripudia un mondo in cui nulla ha più valore, ma dove tutto ha un prezzo”.

[http://www.barbadillo.it/80596-lintervista-alain-de-benoist-ogni-forma-di-liberalismo-e-nemica-del-sovranismo/]
L’ultimo pensiero è sostanziale e fa al caso nostro. «L’antidoto sarà stato scoperto quando i cittadini avranno scoperto che non sono solo dei consumatori, e che la vita può essere più bella quando si ripudia un mondo in cui nulla ha più valore, ma dove tutto ha un prezzo»

Se politicamente, sociologicamente e psicologicamente sottoscrivo la condivisione a quel pensiero, ontologicamente la mia sicurezza vacilla pericolosamente.

Il perché dell’incertezza è di tipo semplice, anzi banale.

In quella frase è presente un’unità di misura che potremmo chiamare generazionale.

Affinché un cittadino scopra di essere solo consumatore, che il denaro brucia i valori, quindi le identità, le tradizioni, le comunità, la serenità, la salute, eccetera è necessaria una serie di prese di coscienza che non tutti compiono nel proprio arco di vita.

Oggi – ma il paragone con altre epoche sarebbe cosa elementare per storici e sociologi – godiamo pure della fortuna di essere in mezzo al guado, un notevole stimolo a porsi domande di implicazione evolutiva. Eppure, nonostante lo stimolo indotto dalle difficoltà e dall’incertezza, nonché da una speranza ridotta alla resilienza, non è difficile condividere che quella catena di prese di coscienza utili a riconoscere di essere merce da mercato, tarda a compiersi.

La mia affermazione, direbbe De Benoist, e non è difficile crederlo, si riferisce ed implica un processo che coinvolge più generazioni.

Anche su questo condivido. Ma, e questo è il punto, ogni generazione compare nella realtà come le oche di Konrad Lorenz. Ciò che i neonati vedono, tra starnazzi e vagiti, corrisponde al vero. Nel caso delle oche, alla madre, anche se era Lorenz stesso che avevano di fronte.

L’esperimento dell’etologo austriaco è utile per comprendere che l’affermazione di de Benoist, affinché prenda il suo pieno significato e diffonda la sua deflagrazione, necessita di un raggio d’azione plurigenerazionale. Un servizio che tende ad essere impossibile a causa del fatto che le generazioni ripartono da zero ogni volta. Anzi, anche da sottozero. La saggezza non si tramanda in un ambito senza confini certi, dai valori liquidi e l’esperienza non è mai trasmissibile.

Quindi, il diritto di bere qualunque realtà trovi il neonato è sacrosanto, ineludibile, incomprimibile, da rispettare.

Pensare a una evoluzione dell’umanità che non sia solo crassa, tecnologica e materiale, è cosa inopportuna. La storia si ripete e si ripeterà finché ci identificheremo con i nostri sentimenti, finché le emozioni ci trascineranno lontani da noi stessi nel profondo dell’orgoglio. La logica dello scontro e la scelta della sopraffazione si nutrono di quelle modalità.

L’affermazione di de Benoist diventa utopica se inserita in un contesto quale il nostro, diciamo, di perdizione, egoico, narcisistico, individualistico.

Certamente de Benoist è consapevole che la meta che indica necessita di una corsa di lunga durata, di un passaggio del testimone, di una squadra di generazioni unita, costituzionalmente invulnerabile.

Diversamente, come si potrebbe contrastare chi detiene la comunicazione e guida la realtà a proprio uso e consumo? Cioè i poteri finanziari, occulti e criminali, che per qualcuno corrispondono soltanto a espressioni di persone che meglio di altre hanno saputo cavalcare la realtà.

La partita è platealmente impari, tanto che citare Davide e Golia non può che evocare solo molto lontanamente le forze in campo, meglio visibili come la formica e l’elefante.

Ma anche il piccolo imenottero e il grande mammifero non risolvono del tutto la prospettiva della questione.

Combattere, reagire, ribellarsi hanno sempre le loro imenottere ragioni.

Per trovarle è necessario ritornare all’ambito utile affinché un progetto plurigenerazionale possa avviarsi e ultimarsi. Nessun elefante la farebbe più franca.

I terrazzamenti, opere dei montanari, delle Alpi e degli Appennini ben rappresentano la battaglia imenottera. Piena di fatica, ma ancor più piena della visione che ogni mano callosa che ci ha lavorato aveva davanti a sé.

Come ritornare a quel contesto di valori certi di consapevoli confini di sé, di identificazione con la comunità, di solidarietà immancabile, cioè a quanto de Benoist allude e dice per formulare un’idea sulla fine dell’alienazione liberalista partendo dal nostro contesto intriso di diritti individuali, ovvero di identificazione con l’avere, dell’incapacità di una conoscenza che non sia analitica, tecnica, misurabile e misurante, di possibilità aperte solo, sempre e necessariamente a chiunque ne abbia pagato il ticket.

Le oche che nascono oggi, hanno davanti a sé un mondo in cui Sanremo, il festival, occupa uno spazio sufficiente per fare da madre. Quanto impiegheranno a sospettare che dietro la quinta Burbank ci sia un’altra realtà, non artefatta, più a misura d’uomo e al suo equilibrio? Necessariamente molto verrebbe da dire. Ma non è vero o meglio, non è il modo opportuno per dare risposta alla domanda.

Sappiamo che per certi aspetti impieghiamo una vita a metterci in pari, e a volte non basta, a comprendere quali erano le forze che ci hanno battuto e quali ci servano per mantenersi sereni. L’impossibilità di una evoluzione sociale parrebbe già così argomentata. Ma non basta, c’è un’ulteriore complicazione affinché l’utopia si realizzi. Sempre che, distratti da qualche vizio o individualismo prezzolato, la sua immagine non ci esca dal campo visivo.

Si tratta dei Grandi Numeri.

Un ambito la cui principale caratteristica è data dal numero elevato dei suoi componenti. I grandi numeri degli imenotteri non sono soggetti a quanto invece è caratteristico in ambito umano. Lo scopo e il ruolo di ogni individuo formica non è un’opzione come nel nostro caso. Resta fisso per la durata della vita. Sanno che i loro progetti, come nel caso dei terrazzamenti non si esauriscono con la loro morte.

Nei grandi numeri di tipo umano, tende a esistere uno spazio per idee, scelte e comportamenti differenti e contraddittori tra loro. Anzi, pare ne siano l’identità costitutiva stessa.

Se si aggiunge il capillare accesso alla comunicazione, la sua conseguenza di relativizzazione di principi e valori, si giunge a dover ammettere che l’evoluzione necessaria al progetto enunciato da De Benoist – il liberismo cesserà quando potremo realizzare piccole comunità e rifiutare l’opulenza – subirà un ulteriore rallentamento.

Una visione forse pessimistica ma di fatto dettata da una certa osservazione delle forze e delle dinamiche sociali.

C’è però una speranza che nasce da un’altra osservazione. Come il neocapitalismo e neoliberismo hanno finora ritenuto d’aver dimostrato, il mondo è infinitamente sfruttabile e il progresso è lineare e crescente in funzione dei consumi, del pil, ecc.

Nei confronti di questa prospettiva, effettivamente sempre più persone stanno aprendo gli occhi e, meravigliate, si chiedono come abbiamo potuto arrivare dove siamo?

Dunque l’ottimismo sta in questa domanda, anzi nella sua risposta. Un passo alla volta.

Ovvero, indipendentemente dal grande mammifero che ci vuole annientare, abbiamo la certezza che un passo alla volta, secondo quanto dice de Benoist e quanto ci dicono i terrazzamenti, ogni visione contiene la garanzia della sua realizzazione.

Lorenzo Merlo

Fonte: comedonchisciotte.org

10.02.2019

orso in piedi
 
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