Movimento Indigeno

I DELINQUENTI DELLE INDUSTRIE FARMACEUTICHE, e i medici ignoranti

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view post Posted on 25/10/2011, 15:47

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ITALIA: 3.000.000 DI NUOVI MALATI DI MENTE CON IL DSM V.
E IL RITALIN IN USA SI PRESCRIVERA’ AI BAMBINI DAI 4 ANNI IN POI



La denuncia non è di qualche movimento anti-psichiatrico, ma dal Dott. Allen Frances, coordinatore della task-force del DSM IV, che sta per essere soppiantato dalla nuova edizione, la quale conterrà molte più malattie mentali classificate. Frances (team DSM) “Ormai i produttori di droghe legali sono più responsabili delle dipendenze dei produttori di droghe illegali”. + 40% per i disturbi bipolari, raddoppiate le diagnosi di iperattività infantile.

Poma (Giù le Mani dai Bambini): “In Italia siamo a rischio con 3 milioni di potenziali nuovi pazienti, non dobbiamo commettere gli errori fatti in USA”.

Costa (psichiatra La Sapienza): “Tra le nuove possibili sindromi, il lutto e la dipendenza da caffè: noi medici e specialisti siamo vittima delle mode diagnostiche lanciate dalle multinazionali, attenzione perchè è a rischio l’indipendenza della classe medica”

“La semplice tristezza e l’astinenza da caffeina stanno per diventare malattie mentali. La prossima edizione del manuale, il DSM-V, in uscita nel 2013, potrebbe far diagnosticare come malati mentali milioni di persone sane, affette da normalissimi problemi di tristezza o sofferenza”. La dichiarazione sarebbe normale se rilasciata da un fervente attivista di un movimento anti-psichiatrico, ma diventa eccezionale se consideriamo che è di un “big-boss” della psichiatria americana, Allen Frances, coordinatore del team di specialisti che ha curato l’edizione attualmente in uso del Manuale Diagnostico per le Malattie Mentali, utilizzato per perfezionare diagnosi da psichiatri di tutto il mondo, la cui 5^ revisione vedrà appunto la luce tra meno di 18 mesi. “Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria inflazione diagnostica - prosegue Frances, che è intervenuto al convegno “Pharmageddon” organizzato presso la Comunità di San Patrignano - e già oggi, ogni anno, il 25% della popolazione statunitense - circa 45 milioni di persone - si vede diagnosticare un disordine mentale, eventualità che sale al 50% degli abitanti se consideriamo le persone anziane. Nel DSM-IV (l’edizione attualmente in uso del Manuale, curata da Frances, ndr) abbiamo cercato di essere il più cauti possibile ma non abbiamo comunque evitato l’aumento delle patologie e la conseguente tendenza all’incremento delle diagnosi, a cause della quale i disordini bipolari sono ‘aumentati’ del 40% rispetto a quanto avveniva con la precedente edizione del Manuale (il DSM-III, ndr), quelle di autismo sono cresciute del 25%, e quelle di ADHD, la Sindrome da iperattività e deficit di attenzione dei bambini, sono addirittura raddoppiate, mentre gli antipsicotici sono venduti con un giro d’affari di 50 miliardi di dollari all’anno”. Quella di Frances è una vera confessione-shock, con anche il sapore di un “j’accuse” verso molti Suoi colleghi: “Ormai i produttori di droghe legali sono più responsabili delle dipendenze delle persone rispetto ai produttori di droghe illegali. Il problema non è nella malafede dei membri della Commissione del DSM - prosegue lo psichiatra - ma nella loro appartenenza all’élite del settore psichiatrico: non si rendono conto che le loro indicazioni, in mano a medici frettolosi e non sempre competenti e con la pressione irresponsabile delle industrie farmaceutiche, possono portare a gravi abusi. Le nostre attuali conoscenze fra l’altro non ci permettono la prescrizione preventiva degli psicofarmaci, e sarebbe quindi importante che i medici non eseguano le diagnosi con disinvoltura e valorizzino le terapie relazionali rispetto a quelle farmacologiche”, ha concluso l’esperto americano.

Sul punto è intervenuto Luca Poma, giornalista e portavoce di “Giù le Mani dai Bambini” (www.giulemanidaibambini.org), il più rappresentativo comitato indipendente per la farmacovigilanza pediatrica nel nostro paese: “La situazione è assai preoccupante, perchè come ha dichiarato sul Corriere della Sera il giornalista Mario Pappagallo ‘un mondo di pazzi sarebbe un gran bel mercato’, dal momento che solo in Italia ci sarebbero almeno 3 milioni di nuovi potenziali ‘pazienti’, e non pochi tra loro sono in fascia pediatrica. Ci renderemo conto a brevissimo - e a spese della salute nostra e dei nostri bambini - di quanto ciò sia assolutamente vero”, ha concluso Poma.

Anche Emilia Costa, decana di psichiatria, già titolare della 1^ Cattedra dell’Università “La Sapienza” di Roma e Primario di Psicofarmacologia all’Umberto I°, era nel panel dei relatori di “Pharmageddon”, e ha commentato ironicamente: “Dovrei fare istanza al team di colleghi del DSM V affinchè inseriscano una nuova patologia, la “bulimia da diagnosi”, perchè questo è quello che sta accadendo in America, con influssi concreti anche in Italia: una sistematica medicalizzazione del disagio ad opera di ‘inventori di categorie diagonistiche’ che sono tra l’altro in palese conflitto d’interessi. I miei corrispondenti oltreoceano mi dicono che persino un lutto, che è parte della vita di una persona, potrebbe essere diagnosticato come episodio depressivo sul nuovo Manuale, e che tra le patologie che stanno valutando di inserire c’è anche una non meglio precisata ‘astinenza da caffeina’. Tutto ciò è folle, noi medici e specialisti siamo vittime delle mode diagnostiche lanciate dalle multinazionali: attenzione - ha concluso l’esperta italiana - perchè è veramente a rischio l’indipendenza della classe medica”.

Intanto, il Wall Street Journal annuncia che l’American Academy of Pediatrics ha stilato le nuove linee guida per la diagnosi della contestata Sindrome da deficit di attenzione e iperattività (bambini agitati e distratti), che suggeriscono di consigliare la prescrizione di Ritalin (metilfenidato) anche a bambini in età prescolare, fin dai 4 anni. Le linee guida americane sono poi recepite in molti paesi del mondo.

tratto da www.nexusedizioni.it/apri/Argomenti...-CON-IL-DSM-V-/

orso in piedi
 
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view post Posted on 10/1/2012, 22:09

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view post Posted on 24/11/2012, 21:44

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I KILLER DI BIG PHARMA

Dopo 10 anni di processi ed indagini la BIG PHARMA,il cartello che riunisce in se tutte le più grandi multinazionali del farmaco, ovvero la potentissima lobby che detiene il monopolio delle cure sulla nostra salute,è stata condannata a pagare 3 miliardi di dollari usa,grazie a due dipendenti pentiti.....

Il resto lo leggete qui(se avete stomaco)

http://www.liberopensare.com/index.php/art...r-di-big-pharma

orso in piedi
 
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view post Posted on 18/11/2013, 18:13

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La trasparenza nelle sperimentazioni cliniche: il caso Tamiflu

Cristiano Alicino

Nel corso degli ultimi decenni non ci siamo limitati a tollerare un sistema in cui l’industria del farmaco occulta dati, inganna i medici e danneggia i pazienti, ma abbiamo completamente delegato a essa la ricerca in ambito farmacologico.






“I risultati di tutti gli studi clinici condotti sui farmaci devono essere messi a disposizione della comunità scientifica per una valutazione indipendente”. Si tratta dell’appello lanciato nelle scorse settimane da Fiona Godlee, capo redattore del British Medical Journal (BMJ), dalle pagine dell’autorevole rivista scientifica britannica[1].

Il caso del Tamiflu

A finire sotto i riflettori della campagna, intrapresa dal BMJ, per rendere completamente pubblici i dati delle sperimentazioni cliniche condotte su farmaci e vaccini è Oseltamivir (nome commerciale Tamiflu, Roche), un farmaco antivirale utilizzato per la prevenzione e il trattemento dell’influenza. L’intricata storia di questo farmaco si intreccia con la controversa vicenda della pandemia influenzale del 2009: numerosi governi, in previsione di un evento di questo tipo, avevano accumulato ingenti scorte di Oseltamivir. I soli Stati Uniti avevano acquistato confezioni di questo antivirale per circa 1 miliardo e mezzo di dollari. Queste misure erano adottate in pieno accordo con il piano pandemico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che ritiene Oseltamivir “intervento farmacologico chiave per la prevenzione dell’influenza nelle fasi precoci di un evento pandemico, quando non è ancora disponibile il vaccino”[2] e con il piano pandemico del Department of Health and Human Services (HHS) statunitense che dichiara il farmaco “efficace nel diminuire il rischio di polmonite, dimezzare le ospedalizzazioni e ridurre la mortalità per influenza”[3].

L’efficacia di Oseltamivir sembrava essere ulteriormente confermata da una revisione sistematica della letteratura condotta nel 2005 da un qualificato gruppo di ricercatori indipendenti, guidato da Tom Jefferson, afferenti alla Cochrane Collaboration(a).
I ricercatori giungevano alla conclusione che il farmaco fosse in grado di ridurre la durata dell’influenza di circa un giorno, limitarne la trasmissione, e diminuire la probabilità di complicanze quali le infezioni del tratto respiratorio inferiore[4,5]. Tuttavia, a luglio 2009, il governo britannico commissionava, a Jefferson e colleghi, una nuova revisione sistematica su Oseltamivir allo scopo di aggiornare le valutazioni sull’efficacia del farmaco[6].

A pochi giorni da questa richiesta, un pediatra giapponese inviava alla Cochrane Collaboration un commento relativo alle conclusioni della precedente revisione.

“Sostenete che Oseltamivir prevenga importanti complicanze dell’influenza quali le polmoniti” scrive Hayashi. “Le vostre valutazioni si basano, però, su un’altra revisione della letteratura [7], e non su una vostra analisi dei dati”[6].

La revisione citata dal pediatra era, a sua volta, una meta-analisi di 10 studi clinici finanziati dalla stessa industria farmaceutica che produceva il farmaco. Eppure, anche a cercarli, erano stati pubblicati su riviste scientifiche peer-reviewed i risultati di due soli trial clinici (b).

Il dubbio sollevato dal pediatra giapponese, infatti, è che i dati non pubblicati fossero determinanti per la dimostrazione dell’efficacia di Oseltamivir e, pertanto, chiedeva alla Cochrane Collaboration di esaminare rigorosamente i risultati degli 8 studi mancanti.

Ad alimentare ulteriormente le perplessità del pediatra contribuivano i conflitti d’interesse dichiarati dagli autori della meta-analisi. Quattro erano dipendenti della Roche, uno era un suo consulente (pagato); solo un autore sembrava non avere legami finanziari con l’azienda[6].

Tom Jefferson, spinto dalle osservazioni del pediatra giapponese e dovendo effettuare una nuova revisione per il governo inglese, nei primi giorni di settembre del 2009 prova a richiedere a Roche i dati grezzi dei 10 trial clinici condotti su Oseltamivir.

I suoi tentativi sono, però, destinati al fallimento. Roche dapprima pretende, senza successo, che il ricercatore firmi un accordo di confidenzialità che rende impossibile sia la completa pubblicazione dei dati sia rivelare l’esistenza stessa di tale accordo.
Successivamente l’azienda comunica che non può fornire i dati richiesti perché già trasmessi ad un altro gruppo di ricercatori per una valutazione analoga a quella della Cochrane. Poi, Roche invia a Jefferson alcuni estratti dalle relazioni finali di tutti gli studi clinici condotti sull’antivirale. Il gruppo di ricercatori analizza i dati, ma arriva alla conclusione che sono insufficienti a verificare l’efficacia di Oseltamivir nel prevenire le complicanze dell’influenza. Roche promette, quindi, di fornire ulteriori informazioni nella settimana successiva. Tuttavia, il termine per la presentazione della revisione richiesta dal governo inglese è ormai scaduto[6].

Nei primi giorni di dicembre del 2009, sul BMJ vedono la luce i risultati della meta-analisi effettuata da Jefferson e colleghi. Queste le conclusioni a cui giungono gli autori: “La scarsità di dati di buona qualità ha intaccato le precedenti conclusioni sull’efficacia di Oseltamivir nel prevenire le complicanze dell’influenza. Sono necessari studi randomizzati e indipendenti per dirimere l’attuale situazione d’incertezza”[8].

Immediatamente dopo la pubblicazione dei risultati della meta-analisi, Roche ha reso pubblici parte dei dati mancanti sul proprio sito internet, promettendo, entro breve tempo, di rendere completamente disponibili le relazioni conclusive dei 10 studi clinici condotti su Oseltamivir.

Roche ha, però, precisato che “le relazioni conclusive di tutti gli studi inclusi nella meta-analisi di Kaiser erano già state consegnate alle autorità regolatorie, fra cui la Food and Drug Administration (FDA) statunitense e l’European Medicine Agency (EMA), per la loro revisione (prima della commercializzazione del farmaco)”[9].

I due enti regolatori, dopo aver visionato queste relazioni, sono però giunti a conclusioni differenti. FDA non ritiene il farmaco in grado di ridurre le complicanze dell’influenza, come ambiziosamente affermato dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC), né di prevenire la trasmissione dell’influenza; assunto che, invece, rappresenta il fulcro della profilassi di massa proposta nel piano pandemico dell’OMS che, nel marzo 2011, ha addirittura inserito Oseltamivir nella lista dei farmaci essenziali[10]. Al contrario, l’EMA ha riconosciuto la capacità del farmaco di prevenire le complicanze dell’influenza a carico delle vie aree inferiori[10].

Jefferson ha provato, nei mesi scorsi, a chiedere delucidazioni a OMS e CDC circa le loro raccomandazioni all’utilizzo di Tamiflu – a fronte dell’assenza di solide prove sulla sua efficacia – ottenendo risposte fumose e spesso contradditorie(c) [10].

Nel 2010, il gruppo di ricercatori della Cochrane Collaboration ha cominciato un nuovo lavoro di revisione sull’efficacia e la sicurezza di Tamiflu basato unicamente sui dati grezzi ottenuti negli studi clinici.

Questa volta Jefferson e colleghi sono riusciti ad ottenere, attraverso cinque diverse richieste effettuate all’industria produttrice, decine di migliaia di pagine tratte dalle relazioni conclusive degli studi clinici condotti su Oseltamivir.“Quanto ottenuto da Roche” – hanno precisato i ricercatori – “per quanto ampio e dettagliato, è solo una piccolissima parte dei dati ancora in loro possesso”[10].

I risultati della nuova meta-analisi sono stati recentemente pubblicati dalla Cochrane Collaboration[11]. Ancora una volta gli autori si sono dichiarati “impossibilitati a trarre conclusioni sull’efficacia di Oseltamivir nel prevenire la trasmissione e le complicanze dell’influenza. Per chiarire definitivamente queste questioni sarebbero necessari i resoconti completi di tutti gli studi clinici, contenenti il protocollo dello studio e i dati dei singoli pazienti” [11]. Tuttavia, a distanza di 3 anni dalla promessa di Roche di rendere pubblici i dati nascosti di Oseltamivir, oltre il 60% dei dati grezzi ottenuti negli studi clinici sponsorizzati dall’azienda rimane segreto[1,11].

La vicenda del Tamiflu, per quanto emblematica, è tutt’altro che isolata

La storia di altri farmaci è segnata dall’occultamento dei risultati d’importanti sperimentazioni cliniche. Basti citare il recente caso dell’antidiabetico orale Rosiglitazone (nome commerciale: Avadia, GlaxoSmithKline) la cui controversa efficacia e l’aumento del rischio cardiovascolare sono stati accuratamente nascosti dall’industria produttrice.

Tom Jefferson, commentando la storia del Tamiflu, ha dichiarato: “per decenni l’industria farmaceutica e gli enti regolatori hanno indisturbatamente operato secondo l’accordo – talvolta rafforzato da leggi, altre volte con un tacito patto – che i dati fossero confidenziali e dovessero essere considerati alla stregua di un segreto commerciale. Da alcuni anni stiamo realizzando che le disastrose conseguenze di questo tipo di politica sarebbero state evitabili se i risultati di tutte le sperimentazioni cliniche fossero stati routinariamente disponibili per una valutazione indipendente” [12].

E allora perché questo non avviene?

Perché l’industria farmaceutica è autorizzata ad auto-valutare i propri prodotti e a tenere segreta una gran parte (spesso sconosciuta) dei risultati ottenuti? Perché a queste aziende viene concesso di decidere chi e con quali scopi può avere accesso a questi dati?[1]
Perché gli enti regolatori che approvano la commercializzazione dei farmaci, gli organismi che ne raccomandano l’utilizzo, i governi che ne dispongono l’acquisto non pretendono, prima di assumere qualsiasi decisione, la disponibilità di tutti i risultati ottenuti nelle fasi di sperimentazione clinica?

La risposta a questi interrogativi impone necessariamente una riflessione circa i complessi rapporti che attualmente intercorrono fra l’industria del farmaco, i decisori politici, le autorità regolatorie, l’intera comunità scientifica e sull’incapacità, ormai strutturale, di far prevalere il diritto alla salute sulle prepotenti regole del “mercato”. Anche le soluzioni individuate dai protagonisti del “caso” Oseltamivir per rendere pubblici i risultati della sperimentazione clinica, quali il rafforzamento e la centralizzazione delle procedure di registrazione delle sperimentazioni cliniche e la pubblicazione, sul sito internet degli enti regolatori, dei dati dei singoli pazienti inclusi nelle sperimentazioni cliniche, opportunamente anonimizzati, per consentire un’analisi indipendente dei risultati[6], per quanto condivisibili, rischiano di non essere sufficienti a risolvere il problema. L’occultamento dei dati delle sperimentazioni cliniche è, infatti, l’epifenomeno di una situazione ben più grave e radicata.

Nel corso degli ultimi decenni non ci siamo limitati a tollerare un sistema in cui “l’industria del farmaco occulta dati, inganna i medici e danneggia i pazienti”[13], ma abbiamo completamente delegato a essa la ricerca in ambito farmacologico, lasciando non solo che fosse “proprietaria” dei risultati e ne potesse disporre in totale libertà, ma che si appropriasse delle priorità della ricerca e dei suoi metodi. Abbiamo assistito all’indebolimento degli enti regolatori la cui opera di controllo è prevalentemente pagata con i soldi di coloro che dovrebbero essere controllati. Molte carriere accademiche sono state costruite su un’organizzazione della ricerca e dell’università largamente basata sui fondi dell’industria privata: il ricercatore contribuisce in maniera sempre più limitata alla definizione degli obiettivi della ricerca, dei metodi con cui sarà condotta, non ne analizza i dati ottenuti perché non ne è il proprietario, e, tuttavia, ne diffonde i risultati, attraverso una o più pubblicazioni scientifiche, come premio della sua totale complicità con tale sistema. Il ricercatore, che in questo contesto si è costruito una carriera solida e autorevole, è chiamato negli organismi nazionali e sovranazionali a decidere i contenuti di linee-guide, raccomandazioni, politiche di salute. I governi assistono impotentemente al consolidarsi di queste prassi o, addirittura, le favoriscono esplicitamente con politiche di riduzione dei fondi pubblici alla ricerca e leggi costruite a beneficio delle grandi multinazionali del farmaco piuttosto che a tutela della collettività.

In assenza di una riflessione più profonda sulle priorità e le modalità con cui la ricerca viene condotta, particolarmente in ambito biomedico, e senza l’onesta ammissione che molta di questa ricerca persegue obiettivi aziendali di mercato, spesso convergenti con obiettivi accademici di carriera, piuttosto che rappresentare uno spazio permanente di risposta a bisogni di salute inevasi, qualsiasi strategia per rendere più trasparenti i risultati della ricerca sarà vana perché vanificata da una logica, quella del profitto, che non ammette regole.

Cristiano Alicino, medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Genova



Bibliografia

Godlee F. Clinical trial data for all drugs in current use. BMJ 2012;345:e7304.
World Health Organization. WHO interim protocol: rapid operations to contain the initial emergence of pandemic influenza. 2007. [PDF: 293 Kb]
The White House. National Strategy for Pandemic Influenza: Implementation Plan
Jefferson TO, Demicheli V, Di Pietrantonj C, Jones M, Rivetti D. Neuraminidase inhibitors for preventing and treating influenza in healthy adults. Cochrane Database Syst Rev 2006;3:CD001265.
Jefferson T, Demicheli V, Rivetti D, Jones M, Di Pietrantonj C, Rivetti A. Antivirals for influenza in healthy adults: systematic review. Lancet 2006;367:303-13.
Doshi P. Neuraminidase inhibitors–the story behind the Cochrane review. BMJ 2009;339:b5164.
Kaiser L, Wat C, Mills T, Mahoney P, Ward P, Hayden F. Impact of oseltamivir treatment on influenza-related lower respiratory tract complications and hospitalizations. Arch Intern Med 2003;163:1667-72.
Jefferson T, Jones M, Doshi P, Del Mar C. Neuraminidase inhibitors for preventing and treating influenza in healthy adults: systematic review and meta-analysis. BMJ 2009;339:b5106.
Smith J, on behalf of Roche. Point-by-point response from Roche to BMJ questions. BMJ 2009;339:b5374.
Doshi P, Jefferson T, Del Mar C. The imperative to share clinical study reports: recommendations from the Tamiflu experience. PLoS Med 2012;9:e1001201.
Jefferson T, Jones MA, Doshi P, Del Mar CB, Heneghan CJ, Hama R, Thompson MJ. Neuraminidase inhibitors for preventing and treating influenza in healthy adults and children. Cochrane Database of Systematic Reviews 2012, Issue 1.
Payne D. Tamiflu: the battle for secret drug data. BMJ 2012;345:e7303.
Goldacre B. Bad Pharma. Fourth Estate, 2012.
Nota

a. La Cochrane Collaboration è un’iniziativa internazionale no-profit nata con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative all’efficacia e alla sicurezza degli interventi sanitari.

b. Nell’ambito della ricerca scientifica la valutazione tra pari, revisione dei pari, o revisione paritaria (meglio nota con il termine inglese di “peer review“) indica la procedura di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca proposti da membri della comunità scientifica, effettuata attraverso una valutazione esperta eseguita da specialisti del settore per verificarne l’idoneità alla pubblicazione scientifica su riviste specializzate o, nel caso di progetti, al finanziamento degli stessi.

c .La corrispondenza completa fra Tom Jefferson e OMS e CDC su Oseltamivir è disponibile sul sito del BMJ: tamiflu

fonte www.saluteinternazionale.info/2012/...l-caso-tamiflu/

Da molto lo affermo:Le industrie farmaceutiche sono un covo di delinquenti

orso in piedi
 
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view post Posted on 1/5/2014, 19:39

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Dichiarazioni shock del pentito di Big Pharma: “Ho ucciso con i farmaci e pagato tangenti. Per il Prozac.

In un’intervista esclusiva rilasciata al giornale francese Le Nouvel Observateur, e ripresa da Articolotre, John Virapen, ex dirigente della filiale svedese della Eli Lilly, importantissima multinazionale del farmaco che commercializza anche il Prozac, fa delle dichiarazioni shock sui meccanismi che regolano Big Pharma.

A 64 anni, l’uomo ha deciso di pubblicare le sue memorie, in un libro dal titolo “I rammarichi di Big Pharma”. In questo volume, Virapen ha trovato il modo perfetto per denunciare apertamente gli effetti nocivi e collaterali del Prozac, farmaco antidepressivo usato per curare la depressione, disturbi ossessivo-compulsivi e via dicendo.

“So di aver contribuito indirettamente, in tutti questi anni, alla morte di persone, le cui ombre, oggi, mi ossessionano”, ha confessato il manager al settimanale francese Le Nouvel Observateur.

Il settimanale ha contattato direttamente John Virapen, chiedendogli in cosa consistesse direttamente la minaccia del Prozac e l’uomo ha risposto: “Nei primi anni di lancio, il farmaco ha portato a una spirale preoccupante di suicidi: su 10 persone alle quali erano stati somministrati i principi attivi del Prozac, 5 hanno riportato allucinazioni e disturbi della personalità. Tra questi soggetti, 4 si sono tolti la vita”.

Nonostante i dati preoccupanti raccolti, i dirigenti della Eli, non hanno mai pensato, nemmeno per un attimo di non introdurre l’antidepressivo in tutto il mondo.
Introdurre e commercializzare il farmaco sul mercato non è stato per nulla difficile, grazie alla corruzione, denunciata da Virapen, dei supervisori preposti al controllo e alla sperimentazione del Prozac (sono bastati 20.000 dollari per ricevere senza problemi l’autorizzazione necessaria alla vendita), e soprattutto grazie alla collaborazione ben retribuita, con doni e un salario fisso mensile, di professori compiacenti che recensivano positivamente e promuovevano l’utilizzo dell’antidepressivo nelle maggiori riviste internazionali di medicina.

Fonte: http://www.infiltrato.it/inchieste/dichiar...i-per-il-prozac

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Industria farmaceutica – Il conflitto che nessuno vuole vedere


Il conflitto che nessuno vuole vedere (ma tutti conoscono). Come Big Pharma tiene in ostaggio la scienza, la salute pubblica e il progresso del mondo intero tramite il debito.

“La maggior parte della letteratura scientifica, forse la metà, potrebbe essere semplicemente falsa. Influenzata da studi con campionature esigue di poca efficacia, analisi esplorative invalide e conflitti di interesse evidenti, che insieme all’ossessione di perseguire mode di dubbia importanza hanno portato la scienza a prendere una direzione oscura.“

Questa è la recente (Apr 2015) dichiarazione del Dr. Richard Horton, direttore del Lancet, una delle riviste scientifiche in campo medico più prestigiose del mondo, fondata nel 1823.

Se realmente vivessimo in una società libera e democratica una simile affermazione avrebbe dovuto quantomeno scandalizzare tutto l’establishment medico e scientifico, fino ad arrivare agli organi di controllo e di ricerca per poi interessare media, politica e magistratura. Eppure siamo sicuri che questa devastante dichiarazione non verrà presa in seria considerazione da chi di dovere; non ci saranno inchieste giornalistiche dei vari Travagli, non ci saranno libri scandalo di Saviani, non ci sarà nessun Signor Mentina che darà questa notizia che riguarda la salute di tutti, al telegiornale in prima serata, non ci saranno inchieste e trasmissioni dei vari Santori o Firmigli. Solo Report, qualche anno fa si interessava a queste tematiche, poi liberamente lasciate al dimenticatoio. Queste notizie al giornalismo, alla politica e alla magistratura sembrano non interessare.

Dal nostro punto di vista, in un momento storico così fragile e angusto, dove la crisi economica stà erodendo diritti e servizi in tutto il mondo occidentale, riteniamo questa notizia di importanza primaria, perché oltre ad interessare il debito pubblico dei singoli Stati, riguarda da vicino la salute e la vita di centinaia di milioni di persone, se non miliardi, a meno che non si voglia riconoscere alla “scienza” il primato sulle decisioni che influenzano l’umanità tutta.

Infatti la spesa sanitaria è tra le fette più consistenti del debito pubblico di ogni singolo Stato Sovrano (In italia dovrebbe essere circa 110 miliardi l’anno, seconda solo alle spese per le pensioni). Eppure quando si parla di “tagli alla sanità“, le levate di scudi e il terrorismo che vuole far intendere questi tagli come minore assistenza, chiusura di ospedali, minor prevenzione, senza mai sfiorare l’immensa spesa farmaceutica, l’abuso di farmaci e interventi e i conflitti di interesse che questo settore ha da “offrire“. In realtà i primi ad alzare la voce quando si parla di tagli sono proprio i diretti interessati come si evince dal comunicato dai toni allarmistici di FEDAIISF (Federazione delle Associazioni italiane degli informatori Scientifici del Farmaco) recante data 07 maggio 2015 e dal titolo “Gli effetti collaterali della spesa farmaceutica, Chi più spende meno spende“. Evidentemente per loro le problematiche riportate ed esposte in questo collage di notizie non sono rilevanti, eppure anche qui, il conflitto d’interesse è sotto gli occhi di tutti.

Insomma, dai politici ai giornalisti, oltre a non aver l’interesse a vigilare o sondare quanto di sbagliato c’e’ in questo settore, fanno tutto ciò in loro potere affinché si mantenga lo “status quo“

Nella sua dichiarazione pubblica, il Dr. Richard Horton sottolinea il fatto che le ricerche vengano alterate da una serie di problematiche irrisolte, sia un problema ben noto e che “l’apparente diffusione dei cattivi comportamenti in ambito della ricerca siano allarmanti“, ma nessuno è ancora pronto ad effettuare il primo passo per risolvere il problema. La sua critica è incentrata sui metodi di pubblicazione degli studi e sui metodi con la quale le riviste fanno le loro valutazioni e offrono incentivi, che spesso non sono indice di “buona scienza” ma di marketing. In quest’ottica non va dimenticato che stiamo parlando della salute e della spesa pubblica e del dirottamento della scienza verso qualcosa di completamente diverso.

Nella sua dichiarazione il direttore del Lancet sostiene che la ricerca scientifica oggi non ha, di fatto, nessun sistema che incentivi la correttezza degli studi e delle pubblicazioni, mentre una serie infinita di incentivi va a foraggiare università, ricercatori, medici e perfino le “organizzazioni di pazienti” alterando il significato originale di scienza e ricerca. La sua proposta per riportare la scienza sulla retta via è quella che proviene dal professore di fisica particellare di Oxford, Tony Weidberg. I suoi collaboratori investono molto del loro lavoro nel controllo dei dati prima di ogni pubblicazione, filtrando i risultati attraverso diversi gruppi di lavoro indipendenti, dove i fisici vengono incoraggiati alla critica e dove le critiche efficaci e costruttive vengono ricompensate. L’obiettivo è ottenere risultati affidabili e gli unici incentivi vanno in questa direzione.

Eppure la dichiarazione del Dr. Horton, per quanto allarmante, non è la prima a lanciare il sasso nello stagno, ma la sua denuncia lascia intendere che niente è stato fatto per risolvere questa drammatica situazione.

Dello stesso tenore sono le dichiarazioni di Jerome Kassirer ex-direttore del prestigioso “New England Journal of Medicine” (1991-1999) e ora docente alla Tufts University di Boston, che ritroviamo in un articolo pubblicato dall’Espresso nel 2006, dal titolo eloquente “A cena con Big-Pharma“. Kassirer denuncia l’ormai dilagante abitudine dei medici di accettare denaro e favori dalle case farmaceutiche, avendo toccato con mano quanto le aziende siano in grado di pilotare scienza e mercato, sottolineando quanto la dilagante corruzione nella sanità non sia soltanto un errore etico ma sopratutto un attacco alla nostra salute. Il sistema delle regalie porta inevitabilmente le aziende a promuovere farmaci nuovi e sempre più costosi che non sono necessariamente i più efficaci. Nell’articolo Kassirer porta gli esempi di due farmaci, il Nesiritide e il Phen Fen, citati per i pesanti effetti collaterali e la messa in vendita prima di conoscere i rischi. Tutto questo porta a dei danni di salute nella popolazione e le conseguenze arrivano a pesare sul servizio sanitario nazionale, quindi sul debito. “Se i medici prescrivono troppi farmaci, e le aziende continuano a promuovere i prodotti sempre nuovi e più costosi, alla fine ci saranno pazienti privati delle terapie di cui hanno bisogno“, commenta Kassirer. L’articolo prosegue puntando il dito sulle organizzazioni, i sedicenti “esperti” al soldo dell’industria, la formazione medica per tornare infine alle pubblicazioni scientifiche che “insistono sui farmaci e glissano sul più economico dei rimedi: la prevenzione, arrivando a trasformare normali condizioni fisiologiche come la menopausa o la timidezza in patologie, per poi spingere i medici a intervenire con i farmaci“. (Desease Mongering)

E’ di dicembre 2013 l’articolo del premio nobel per la medicina Randy Schekman pubblicato dal Guardian e dal titolo “How Journals like Nature, Cell and Science are damaging science” dove l’autore denuncia a gran voce come gli incentivi elargiti dai giornali di lusso, così lui li definisce, distorcano la scienza alla stessa maniera di come i grandi bonus distorcono il sistema bancario.

Anche qui, come nelle dichiarazioni di Horton, si paragona il metodo di selezione delle pubblicazioni all’industria della moda, dove grandi quantità di soldi vanno ad incentivare lavori che “affascinano perchè di tendenza” ma che non sono i migliori. Queste riviste curano in maniera aggressiva i loro marchi con lo scopo di vendere più farmaci e non per stimolare le ricerche più importanti. Come gli stilisti che creano edizioni limitate di abiti e borse perché sanno che la scarsità aumenta la domanda, gli editori restringono in maniera artificiale il numero degli studi che accettano per aumentare di efficacia e dar prestigio al “fattore di impatto“, un parametro che misura la quantità di citazioni sulla quale gli articoli verranno poi valutati. Il problema è che questo “fattore d’impatto“, non è indice di serietà scientifica e qualità ma è più vicina ad una valutazione di marketing.

Ovviamente questi meccanismi oltre a favorire solo un certo tipo di ricerche sono causa inevitabile di censura per tutte quelle ricerche che non rispettano i prerequisiti artificiali che il sistema impone. In questa maniera, il progresso della scienza oltre ad essere deviato da interessi puramente economici viene impedito grazie alla mancata uscita di importanti revisioni e nuove scoperte.

Un altro articolo pubblicato nel Maggio 2015 dalla Adnkronos, dal titolo “La giungla delle società medico-scientifiche in Italia, nessun registro le certifica“, mette in evidenza come nel nostro paese non si conosca neanche il numero esatto delle organizzazioni che promuovono la ricerca e la divulgazione, organizzano congressi ed eventi, possono esprimere pareri o emanare linee guida nell’ambito delle loro competenze. Non se ne conosce il numero esatto ma soprattutto sono senza nessun tipo di regole.

Secondo Franco Vimercati, presidente della Fism, che raccoglie 154 società affiliate, per chiedere l’affiliazione alla sua federazione le società scientifiche devono possedere alcuni parametri che riguardano l’attività (congressi e pubblicazioni), il bilancio (trasparente e con tutte le voci), il numero di soci (congruo) e le quote pagate. Anche qui, la serie di requisiti richiesti sono ben lontani da garantire serietà e qualità scientifica, anche se stabilire delle regole e censire le società che si occupano di ricerca e divulgazione sarebbe già un primo passo in avanti. Eppure la legge della giungla sembra far da padrona.

Un importante editore scientifico BioMed Central, che pubblica più di 200 giornali scientifici ha recentemente ritrattato ben 43 studi scientifici perché falsi e che hanno a loro volta influenzato molte altre pubblicazioni. In un articolo pubblicato dal Washington Post (Mar 2015) dal titolo “Major Journal publisher admits to publishing fabricated peer reviews” l’editore sostiene che molti di questi studi sono stati scritti da studenti universitari cinesi, ma come sottolinea Jigisha Patel, direttore editoriale per l’integrità della ricerca presso la BioMed, “il problema non è la Cina, infatti riceviamo molti lavori interessanti dalla Cina. Il problema che va sempre più allargandosi riguarda come gli scienziati e il loro lavoro vengono giudicati“.

Nel frattempo la Commissione per le Pubblicazioni Etiche, un gruppo multidisciplinare che include più di 9000 editori, ha rilasciato una dichiarazione lasciando intendere che il problema potrebbe essere molto più vasto: “La nostra commissione è consapevole di un sistematico e inappropriato tentativo di manipolare i processi di revisione di molte riviste attraverso molti editori“. Nell’articolo vengono in fine analizzati i meccanismi che influenzano i processi di revisione degli studi e la loro pubblicazione, che oggi sono diventati consuetudine.

“Fidarsi di Big Pharma” è il titolo di un lungo editoriale a firma di Marco Cattaneo pubblicato da Le Scienze.

big pharma 2Questo articolo ci spiega il meccanismo con la quale l’industria costruisce i suoi “esperti” e come i medici e pazienti siano generalmente portati a fidarsi dalla mole di ricerche e studi che vengono pubblicate dalle riviste di settore, senza in realtà conoscere i meccanismi che le regolano e gli enormi conflitti d’interesse. Viene poi raccontata la storia della Wyeth e del ricercatore Robert Lindsay, divenuto poi direttore della rivista “Osteoporosis International” e presidente della “National Osteoporosis Foundation“.

L’ascesa di questo oscuro ricercatore dura appena un decennio e la costruzione del personaggio passa attraverso diverse pubblicazioni su importanti riviste scientifiche che in realtà non era lui a scrivere, ma si limitava ad apporre la sua firma (fenomeno conosciuto come ghostwriting). La sua carriera, oltre a meriti non suoi, è costellata da evidenti conflitti di interesse, mai evidenziati negli articoli pubblicati a suo nome.

Ma i ricercatori non sono i soli a ricevere denaro dalle case farmaceutiche per parlare a favore dei farmaci, ci sono anche coloro che all’interno delle istituzioni pubbliche, nelle commissioni consultive, decidono quali ricercatori finanziare. E il cerchio si chiude.

Un altro importante articolo è stato pubblicato dalla rivista Internazionale, dal titolo “Cattive medicine: Le case farmaceutiche ingannano medici e danneggiano i pazienti” pubblicato a Novembre del 2012, scritto dal medico britannico Ben Goldacre, autore del libro “Bad Pharma“. L’articolo sostiene che i medici quando prescrivono un farmaco, non sanno con esattezza quale effetto avrà sui pazienti perché la legge consente alle case farmaceutiche di pubblicare solo i risultati positivi dei test condotti sui medicinali e di omettere quelli indesiderati, portando come esempio il caso della reboxetina, un antidepressivo, regolarmente approvato dalla MHRA, l’agenzia che regolamenta la diffusione dei farmaci e dei prodotti sanitari nel Regno Unito. Come anticipato solo i test ritenuti positivi sono stati pubblicati mentre quelli i cui risultati mettevano in dubbio la sua efficacia e mettevano in risalto gli effetti collaterali sono stati omessi.

big pharma 3L’autore denuncia che “l’efficacia dei farmaci viene verificata da quelli che li producono, con test clinici mal progettati e condotti su un piccolo numero di pazienti poco rappresentativi, e analizzati con tecniche truccate che enfatizzano solo i benefici. Quando emergono dati non graditi, alle aziende è riconosciuto il diritto di tenerli nascosti a medici e pazienti, quindi a noi arriva un quadro falsato dei veri effetti di qualsiasi medicina. A peggiorare la situazione c’è il fatto che per quanto riguarda alcune delle questioni più importanti della medicina, non abbiamo idea di quale sia la cura migliore, perché nessuno ha interesse a condurre i test clinici.”

Quel che viene fuori è terrificante e richiama ancora una volta le recenti dichiarazioni del Dr. Horton, direttore del Lancet.

Ma quale sono le conseguenze di questo quadro e le sue ripercussioni sulla salute? Possiamo ancora credere in una scienza così fortemente influenzata dall’industria? Quali sono i costi, oltre che in termini di vite e di salute dei pazienti, alla quale gli Stati vengono sottoposti?

Nel 2003, The Indipendent, ripreso da un articolo del “Corriere della Sera“, pubblica una scioccante intervista del direttore della GlaxoSmithKline che dichiara che oltre il 90% dei farmaci funziona solo per un 30/50% dei pazienti.

Una volta compreso come funzionano certi meccanismi non è poi così difficile credere ad un’affermazione così forte.

Ma andiamo avanti.

Il Professor Peter Gøtzsche ha recentemente pubblicato sul British Medical Journal, ripreso dalla rivista online RT.com, uno studio dove sostiene che ogni anno muoiono circa 500mila persone a causa degli psicofarmaci.

Un vecchio studio pubblicato da JAMA, in una analisi del sistema sanitario americano sostiene che ci sono:

12,000 morti ogni anno causati da interventi chirurgici non necessari
7000 morti ogni anno causati da medicazioni errate negli ospedali
20,000 morti ogni anno a causa di altri errori negli ospedali
80,000 morti ogni anno a causa delle infezioni negli ospedali
106,000 morti ogni anno a causa degli effetti collaterali dei farmaci

Un vecchio articolo pubblicato dal Corriere della Sera, sostiene che in Italia ci sono 90 morti al giorno (!) dovuti a errori medici, scambi di farmaci, dosaggi errati e sviste in sala operatoria.

Basterebbe quanto citato sopra per far scattare l’allarme generale su di un sistema marcescente che drena risorse pubbliche e che invece di curare contribuisce alla perdita di salute di intere fasce di popolazione.
Potremmo citare la lunghissima sequela di scandali, dossier e inchieste della quale l’industria farmaceutica è protagonista.

Recentemente il senatore Robert Kennedy, nipote di JFK, ha definito la pratica vaccinale un olocausto medico indotto, eppure tutti i pareri discordanti in materia di vaccinazioni vengono immediatamente silenziati, si continua a sostenere in maniera criminale che non esistono studi che mettono in dubbio le pratiche vaccinali, quando la letteratura scientifica è abbondante. Ovviamente, questi studi, a diversità di quelli sponsorizzati dall’industria, sono privi di conflitti di interesse e sono spesso effettuati da ricercatori coscienziosi e gruppi di lavoro indipendenti.

Sono molti infatti gli scritti che dimostrano come gli organi di controllo, come l’FDA, EFSA, AIFA, fanno affidamento solo ad un certo tipo di studi e quelli scartati, sono spesso proprio gli studi indipendenti.

Un altro aspetto curioso delle vaccinazioni è osservare con quanta cura medici e politici, dopo aver pressato la popolazione alla vaccinazione, si sottraggono a tale pratica con discreta solerzia. Stessa cosa avviene per la chemioterapia. Tutto documentato.

E’ dell’Espresso una recente inchiesta intitolata “La cupola dei vaccini esiste” con tanto di indagini portate avanti dalla procura di Roma, dove viene denunciato il business della lotta ai “virus pericolosi” che ha garantito l’arricchimento e la carriera di funzionali pubblici.

Per dirla tutta l’articolo ha l’intenzione di mettere in evidenza l’attuale agonia di un sistema ormai allo sfascio, perché se si volesse entrare nello specifico dei singoli rami della scienza medica, il risultato sarebbe ancora più catastrofico, come normale conseguenza di un sistema che è marcescente fin dalle sue fondamenta e che si propaga a tutte le sue ramificazioni.

Inchieste di questo genere abbondano, ma non vengono mai prese in seria considerazione per le loro ripercussioni sulla società, la scienza e la salute pubblica.

Visti i costi in termini di vite e salute generale, visto il grave danno che la scienza e il progresso ne ricevono, visto l’enorme buco che la sanità contribuisce a creare nel debito pubblico dei singoli Stati sovrani, vista l’enorme corruzione e i conflitti di interessi di cui l’industria farmaceutica è portatrice le domande sorgono spontanee: arriverà il giorno in cui questa situazione drammatica verrà presa in seria considerazione da qualcuno?

Perché giornalisti, media e magistratura, interessati a scandali di minor entità non si occupano di questi argomenti?

Per quanto tempo ancora potranno negare l’evidenza o far finta di non vederla?

Se qualcuno crede che i “Poggiolini” e i “De Lorenzo” non esistano più commette un grave errore di valutazione. Oggi hanno solo affinato le tecniche e deregolamentato il sistema. Ma le pratiche criminali di questi individui vanno ben oltre il sottrarre denaro e risorse pubbliche: pensiamo al caso Di Bella e l’On Bindi; al caso Stamina e al ministro Lorenzin; o al processo contro l’Omeopatia della quale il caro Piero Angela si è tanto occupato. Non solo impongono dall’alto pratiche inefficaci, dannose e costose, ma bloccano sul nascere ogni terapia che potrebbe essere alternativa a quelle da loro proposte. Se l’efficacia e i controlli che effettuano contro le terapie scomode venissero applicati verso ciò che la farmaceutica propone forse oggi non ci troveremmo in questa situazione.

Infine il nostro pensiero viene rivolto alle vittime di questo sistema, a quanti vengono danneggiati seriamente dalle pratiche mediche, come le vaccinazioni e poi devono, oltre la beffa, dedicare tutta la loro vita per vedersi riconosciuto il danno. Insomma, lo Stato, complice di un’industria criminale, prima ti danneggia e poi fa di tutto per vederti negato il diritto di essere giustamente risarcito. Sono innumerevoli le storie di persone che hanno speso vite intere per storie simili.

Ivan Ingrillì

Fonte Associazione La Leva di Archimede http://www.laleva.org/it/2015/05/il_confli...edere.html#more

da http://www.altrogiornale.org/industria-far...o-vuole-vedere/

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view post Posted on 1/6/2015, 18:25

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La cupola dei vaccini esiste
La procura di Roma chiude le indagini e conferma le rivelazioni de “l'Espresso” sui trafficanti di virus. Chieste le dimissioni del segretario generale del ministero della Salute

Esiste una cupola dei vaccini, che ha trasformato in business la lotta a virus pericolosi, garantendo l'arricchimento e la carriera di funzionari pubblici. È la conclusione della procura di Roma, che ha chiuso l'istruttoria durata otto anni, confermando l'inchiesta pubblicata da “l'Espresso” nello scorso aprile. Nella lista dei 41 indagati, che ora rischiano il processo, ci sono nomi di primo piano che hanno gestito nell'ultimo decennio la sicurezza veterinaria. Tra loro, c'è la virologa Ilaria Capua, ora parlamentare di Scelta Civica, che ha sempre respinto le accuse. E c'è soprattutto Romano Mirabelli, promosso poche settimane fa dal ministro Beatrice Lorenzin all'incarico di segretario generale del ministero della Salute nonostante “l'Espresso” avesse rivelato il suo coinvolgimento nella vicenda.

I pm romani guidati dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo hanno diviso il procedimento in due filoni. Il primo riguarda i provvedimenti per combattere l'aviaria, l'epidemia dei polli che in alcune forme può contagiare anche l'uomo. Il secondo invece è relativo alla lingua blu, una malattia che colpisce soprattutto gli ovini e ha decimato gli allevamenti in Sardegna.

Proprio su questo fronte i pm ipotizzano che l'introduzione nel 2003 di un vaccino di produzione sudafricana mai sperimentato in Italia abbia contribuito a spargere l'epidemia nel nostro Paese “cagionando la diffusione in gran parte degli allevamenti italiani del virus provocando ingenti danni al patrimonio zootecnico nazionale”. Una decisione che sarebbe stata presa da Mirabelli, all'epoca direttore generale del dipartimento veterinario del ministero, e da Vincenzo Caporale, direttore dell'Istituto zooprofilattico dell'Abruzzo e del Molise.

Le contestazioni di corruzione, rivelazione di segreto d'ufficio e falsità ideologica sono invece legate alle campagne per combattere la “lingua blu” negli anni dal 2006 al 2009. Durante le quali secondo i pubblici ministeri sarebbe stata favorita l'azienda Merial Italia, anche con “false attestazioni” attraverso al vendita di “ingenti quantitativi di vaccino non necessari al fabbisogno nazionale, ed in particolare alla Regione Sardegna, causando un danno patrimoniale di due milioni e mezzo di euro».

Inquietante anche il capitolo sull'aviaria, in cui viene chiamata in causa la Capua e l'attività dell'Istituto zooprofilattico delle Venezie di Padova. I magistrati ritengono che ci fosse un'associazione per delinquere finalizzata all'uso di “virus altamente patogeni dell'influenza aviaria del tipo H9 e H7N3, di provenienza illecita, al fine di produrre in forma clandestina, senza la prescritta autorizzazione ministeriale, specialità medicinali ad uso veterinario procedendo successivamente, sempre in forma illecita, alla loro commercializzazione e somministrazione ad animali avicoli di allevamenti intensivi».

È proprio il traffico di virus, fatti arrivare di nascosto da altri paesi, che “l'Espresso” ha denunciato nella sua copertina.

L'indagine è nata da una segnalazione delle autorità americane, che avevano scoperto come dalla filiale italiana della multinazionale Merial venisse fatti arrivare negli Usa virus senza controllo raccolti anche in paesi arabi. L'obiettivo era quello di preparare vaccini da immettere sul mercato prima della concorrenza, in modo da moltiplicare i profitti. Di fronte agli investigatori il manager Paolo Candoli aveva ammesso il traffico, poi era rientrato in Italia proseguendo la sua attività. Ma il rapporto trasmesso dagli Usa nel 2005 ha fatto scattare gli accertamenti dei carabinieri del Nas, che grazie anche a lunghe intercettazioni telefoniche, hanno rivelato le attività nel nostro paese di questa “associazione per delinquere”. Per i carabinieri, da alcune intercettazioni “appare evidente come il contrabbando dei ceppi virali dell’influenza aviaria, posto in essere dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, nelle persone di Ilaria Capua, Stefano Marangon e Giovanni Cattoli, con il concorso del marito della dottoressa Capua, Richard William John Currie, costituisca di fatto un serio e concreto pericolo per la salute pubblica per il mancato rispetto delle norme di biosicurezza”.

Adesso dopo la decisione della procura di Roma si moltiplicano le richieste perché il ministro Lorenzin sospenda Mirabelli dall'incarico di segretario generale. La senatrice di Sel Loredana De Petris ha sottolineato come le indagini svelino l'esistenza di una cupola “che ha orientato le scelte nel campo dei vaccini a esclusivo vantaggio di un'azienda privata”. Sulla stessa linea Mauro Pili, deputato sardo ex Pdl e ora leader di Unidos, che parla di “scandalo di gravità inaudita perché costruito con il silenzio di molti, sia a livello nazionale che regionale”.

Pili con un'interrogazione urgente domanda il commissariamento della gestione delle misure contro la lingua blu.

«Ormai non si contano più le occasioni sprecate dal Ministro Lorenzin, e questa è solo l’ultima» insiste Claudio Giustozzi, segretario dell’associazione “Giuseppe Dossetti: «il suo silenzio sulle responsabilità in particolare del suo ministero, è sconcertante e preoccupante. Riteniamo che tutti coloro i quali dovessero ricevere avvisi di garanzia abbiano il senso civile e morale di autosospendersi dall’incarico».

fonte http://espresso.repubblica.it/inchieste/20...accini-1.173240

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view post Posted on 21/5/2016, 14:45

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ANGOSCIA ISTITUZIONALE PER IL CALO DELLE VACCINAZIONI

Pubblicato il: 01/03/2016


È tutto un susseguirsi di ansiosi, pressanti e preoccupati appelli a vaccinare tutti i bimbi e vaccinarci tutti per l’influenza, a vaccinare tutte le donne di ogni età per il papilloma virus. È commovente la preoccupazione dei nostri politici di governo, istituzioni sanitarie, dell’informazione radiotelevisiva e cartacea, ovviamente tutta libera e indipendente, attivamente, interamente mobilitata (con rarissime eccezioni) e partecipe con instancabile ed eroico impegno a questa crociata dei disinteressati benefattori del popolo, così attenti e sensibili al benessere e salute dei loro amati sudditi. Il mondo ci invidia un governo, una classe politica e istituzioni sanitarie così oneste, competenti, efficienti, colte, preparate, disinteressate. È un quadro edificante, merita il popolo italiano una così grande fortuna? Si rende conto di quanti inestimabili benefici in tutti i campi, non solo nella sanità, sia debitore a questa classe politica? Un esempio, la continua cura e il pressante interesse per la nostra salute. Qualche ingrato e incompetente, tra cui 120 pediatri, ha osato contestare l’affettuoso invito a scaricare di colpo sei vaccinazioni (vaccini esavalenti) a 3 mesi di età, seguite da una continua serie fino a 15 mesi, il resto dopo: www.quotidiano.net/vaccini-medici-contrari-1.1429559

Qualche bieco complottista ha ardito insinuare che è stato ampiamente e scientificamente documentato come i vaccini anti influenzali siano regolarmente non solo inutili per tutti, ma potenzialmente pericolosi per alcune persone, tossici, per altre (http://blog.ilgiornale.it/locati/2015/10/2...rve-vaccinarsi/).
Qualche irrispettoso e irriverente medico, ovviamente reo di lesa maestà, si è preso la libertà di documentare la scarsa e/o sostanziale inutilità per la grande maggioranza delle donne, e la potenziale pericolosità del tanto celebrato (istituzionalmente propagandato e pubblicizzato a spese del contribuente), vaccino del papilloma virus (www.lafucina.it/2015/07/30/papilloma-virus/)
L’ingratitudine per le immacolate vestali della sanità e quelle della cosiddetta “comunità scientifica” si spinge al punto tale da richiamare alla memoria per l’angoscia istituzionale da calo dei vaccini il sonetto di Trilussa “un ragno umanitario” http://poesieromanesche.altervista.org/ind...agno-umanitario

Una celebre frase di Joseph Pulitzer mi ha indotto a commentare oltre alla campagna e al terrorismo di regime per le vaccinazioni, i recenti episodi di corruzione nella sanità pubblica, egli ha scritto:

“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
In questi giorni è emersa in tutta la sua gravità l’estensione della corruzione di istituzioni sanitarie prevalentemente oncologiche da nord a sud, con il coinvolgimento di ospedali, centri di ricerca, policlinici, fondazioni, IRCS, ASL. Tra i 22 indagati oltre a quattro manager di aziende, big dell’Oncologia e delle istituzioni sanitarie da nord a Sud, da Milano a Lecce, da Pavia a Terni. Il fenomeno ha numerosi precedenti risoltisi generalmente senza sensibili mutamenti né draconiane condanne. Non è l’oncologia l’unico settore coinvolto, ma l’intera gestione della sanità, ridotta ad una serie di “Aziende” con consigli di amministrazione di nomina politica, assunzioni e carriere ospedaliere e universitarie rigorosamente controllate da ben definiti circoli di potere politico-industriali-economici. La lottizzazione politica si estende dal portantino al primario, essendo ogni ASL, Ospedale, IRCS, Policlinico, un centro di potere, una riserva di voti di scambio, clientelari, di consistenti fatturati. Una delle più gravi conseguenze delle assunzioni e delle carriere secondo criteri clientelari, è il progressivo degrado della ricerca e dell’efficienza delle strutture sanitarie in mano troppe volte a mediocri, incolti, più esperti e abili come faccendieri che come medici e ricercatori.

I rapporti con le multinazionali sono sempre più stretti e i condizionamenti sempre più evidenti. Uno degli aspetti globali più gravi è l’ormai noto e da più parti denunciato meccanismo con cui viene chiaramente manipolato dalle multinazionali l’Impact Factor (criterio di valutazione di una rivista scientifica, paragonabile al rating in finanza). Con queste stesse finalità è stata creata un’entità dogmatica sovranazionale, la cosiddetta “Comunità scientifica”. È sufficiente leggere le dichiarazioni del Nobel per la medicina Randy Scheckman, su riviste scientifiche ai primissimi posti dall’Impact Factor, come Science, Cell, ecc egli… dichiara “che la ricerca in campo scientifico non è affatto libera ma in mano ad una cerchia ristretta (c.d. comunità scientifica). Dunque la ricerca scientifica, per il premio Nobel, sarebbe “tutt’altro che indipendente”, accusa che Randy Sheckman ribadisce, sostenendo che

“ormai le riviste scientifiche non pubblicano contenuti in base alle ricerche ma in base all’interesse legato alle vendite,l’Impact Factor è manipolato”.
Il riferimento continuamente citato dalle istituzionali sanitarie, da politici e ministri, la dogmatica, tanto celebrata “Comunità scientifica” pontifica con giudizio infallibile su ogni terapia e ogni ricerca, ma è ormai talmente inquinata dall’asservimento alle multinazionali, da aver falsificato per interesse almeno il 50% del dato scientifico. Questa realtà, oltre che da autorevoli quanto inascoltate denunce è stata documentata il 26 maggio 2015 dal Prof. Richard Horton, caporedattore del Lancet, una delle più prestigiose, storiche riviste scientifiche mondiali, che ha dichiarato:

“moltissime delle ricerche pubblicate sono, nella migliore delle ipotesi, inaffidabili, se non completamente false”. [fonte: http://www.collective-evolution.com/2015/0...ature-is-false/]
Anche la dottoressa Marcia Angell, per 20 anni caporedattore di un'altra delle massime testate scientifiche internazionali, New England Medical Journal (NEMJ), ha dichiarato:

“Semplicemente, non è più possibile credere a gran parte della ricerca clinica che viene pubblicata, o fare affidamento sul giudizio di medici "fidati" o linee guida mediche autorevoli. Questa conclusione, a cui sono giunta lentamente e con riluttanza in due decenni come redattore del New England Journal of Medicine, non mi da alcun piacere.” [http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2964337].
Una dichiarazione da valutare con la massima attenzione, per la competenza, l’esperienza e la cultura, il livello scientifico della Prof.ssa Angel, che come il Prof. Horton per anni ha revisionato la letteratura scientifica internazionale. Premi Nobel e caporedattori delle massime testate medico scientifiche mondiali non sono complottisti, ma le rare, forse ultime, voci che all’onestà intellettuale associano una grande cultura, esperienza, rilevanti meriti scientifici. La gestione del mercato del farmaco è perfezionata attraverso la creazione, all’interno della mitica “Comunità scientifica”, di icone, mostri sacri, battezzati KOLS (Key Opinion Leaders) di cui in Italia abbiamo alcuni noti, celebrati, luminosi esemplari, divinità dell’Olimpo, del Gotha medico-scientifico. “La comunità scientifica” cui accedono esclusivamente quanti entrano a vario titolo e grado in queste lobby.

Solo questi centri di potere possono dare l’investitura di membri della “comunità scientifica”, conferire patenti di scientificità, infallibilità, arrogandosi il diritto di scomunicare, censurare, diffamare gli eretici come il Prof. Di Bella, che ha rivendicato una ricerca scientifica realmente e unicamente finalizzata alla salvaguardia della salute e della vita, all’accertamento della verità, della realtà, del progresso della medicina e una pratica medica libera e autonoma, affrancate dalla logica speculativa e commerciale. Questi signori non hanno considerato quanto sia reale e mai smentito l’aforisma di Aulo Gellio “Veritas Filia Temporis:

"la verità, anche se lentamente emerge sempre".
Ben definite lobby globali mediante i loro referenti e agenti politico-istituzionali, tendono in ogni stato (probabilmente ad eccezione di Russia, Cina, India e qualche altre nazione) ad un controllo sempre più serrato e capillare di ogni settore della sanità, azzerando in pratica non solo la libertà del medico di prescrivere secondo scienza e coscienza, ma anche la libertà di ricerca. Ogni sorta di abusi e ruberie grava ovviamente sul bilancio della sanità, vanificata nei risultati da “linee guida” e scelte terapeutiche speculativo-commerciali, in gran parte estranee o antitetiche alle evidenze scientifiche, alla razionalità, all’etica. Queste le cause di una spesa sanitaria fuori controllo, con relativo incremento della pressione fiscale a livelli intollerabili. Per questo reale motivo una rilevante quantità di evidenze scientifiche, cioè di dati scientifici definitivamente acquisiti, certificati, incontestabili, non sono trasferiti nella clinica, non sono inseriti nei “prontuari”, nelle “linee guida”, nei “protocolli”. Per questo, malgrado una vastissima e autorevole letteratura dimostri quanto la proliferazione cellulare tumorale sia strettamente dipendente dall’interazione tra PRL (Prolattina) e GH (ormone della crescita), e da fattori di crescita GH dipendenti, né il suo antidoto naturale, la Somatostatina, né gli inibitori prolattinici, sono inseriti come antitumorali nei prontuari, in quanto produrrebbero se non un crollo, un grave ridimensionamento del fatturato di chemioterapici, di farmaci (impropriamente definiti) biologici, di anticorpi monoclonali, e di tutto l’enorme indotto che comportano (cortisonici, antibiotici, antivirali, antimicotici, gastroprotettori, antiemetici, antidiarroici, antinfiammatori, fattori di crescita dei globuli rossi e bianchi, ecc…).

L’impiego della somatostatina e analoghi, a costi minimi in rapporto a quelli delle terapie oncologiche, inibendo con meccanismi molteplici il GH, la massima spinta alla crescita tumorale (denominatore comune a ogni tumore), dovrebbe trovare indicazione razionale e scientifica in ogni neoplasia. Numerosi e documentati studi, certificano sulla massima banca dati medico scientifica ufficiale www.pubmed.gov l’efficacia antitumorale della somatostatina, in sinergismo con inibitori prolattinici, e altri componenti del Metodo Di Bella come Melatonina, soluzione di Retinoidi in Vitamina E, e vitamina D3, che hanno un ruolo ed un’efficacia determinante e documentata nella terapia e in quella prevenzione dei tumori che non sanno e/o non vogliono attuare. Questi “Signori”, i KOLS, i luminari, non vogliono ancora prendere in considerazione e trasferire in clinica queste documentate evidenze scientifiche. Tra tanti fari del sapere, alcuni detrattori del Metodo Di Bella hanno come unica attenuante l’aforisma di S.Tommaso :

“L’idiota considera falso tutto quello che non è in grado di comprendere”.
Il dato di fatto documentato e verificabile, la verità oggettiva, l’osservazione e lo studio, la verifica della verità, della realtà, da sempre mezzo insostituibile ed essenza della ricerca, sono stati sostituiti da funambolismi statistici, da pseudoverità virtuali di trials clinici (sperimentazioni) commissionati e finanziati da multinazionali e impostati condotti e conclusi per portare a successi preconfezionati e relativi fatturati. Il programma di azzeramento della libertà del medico di prescrivere secondo le evidenze scientifiche sta ormai rapidamente concludendosi, come chiaramente evidenziato dal nuovo codice deontologico che blocca definitivamente la libertà di prescrivere secondo scienza e coscienza, penalizza gravemente ogni medico che non si attenga scrupolosamente ai loro dictat terapeutici, indipendentemente dai risultati ottenuti sul paziente, dando ampie coperture medico legali ai medici responsabili di eventi anche gravi, fino alla morte, se questi medici si sono attenuti al prontuario. Essendo ormai evidente questo disegno, stanno manifestandosi le prime reazioni: alcuni ordini dei medici, tra cui quello di Bologna, hanno respinto e contestato questa umiliazione della dignità del medico, e il sovvertimento del millenario codice etico di comportamento del medico.

www.odmbologna.it/CodiceDeontologico (codice applicato a Bologna)
http://www.fnomceo.it/fnomceo/Codice+di+De...l?t=a&id=115184 (codice della Federazione nazionale, che sembra direttamente scritto dalle multinazionali)
Questo disegno è completato dalla fine programmata della libertà di ricerca scientifica, codificata nel decreto legge N° 158 del 13 sett. 2012 e nella legge N° 189 del 8 nov. 2012.
Sono previste gravissime sanzioni disciplinari e pecuniarie ai ricercatori che, come il Prof Di Bella, senza il benestare di comitati etici, intraprendano studi clinici e ricerche scientifiche, anche se in autonomia e autofinanziati. In pratica con questi decreti è finita la libertà non solo di cura ma di ricerca. Hanno creato le condizioni per cui solo le multinazionali saranno autorizzare a finanziare studi clinici finalizzati alla registrazione di farmaci con procedure di cui si conoscono e sono stati denunciati gli espedienti e trucchi statistici per arrivare comunque alla registrazione e relativo fatturato (vedi denunce dei Proff. Angell, Horton, e del Nobel Scheckmann). I “comitati etici” sono eletti dagli stessi circoli di potere politico-economici, che gestendo le commissioni ministeriali, e le carriere, decidono linee guida e prontuari coercitivi e vincolanti. I progressi ottenuti dal Prof. Di Bella nella cura dei tumori conosciuti dal pubblico, avevano portato nel 1997 e 98, ad una mobilitazione della gente. Sotto la pressione dell'opinione pubblica nel 1998, fu approvata la cosiddetta “legge Di Bella” (articolo 3, comma 2 D.L. n. 17 del 23 febbraio 98, conv. con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94), che consentiva al medico di prescrivere al di fuori dei vincoli burocratici ministeriali secondo scienza e coscienza, in base alle evidenze scientifiche. Anche per questo è stata grossolanamente falsificata la sperimentazione del Suo metodo nel 1998. La Legge Finanziaria 2007 (al comma796, lettera Z), ha abrogato questa disposizione di legge in base alla quale per 9 anni i medici hanno potuto prescrivere farmaci di cui esisteva un razionale d’impiego scientificamente testato, ma ignorato dalle commissioni ministeriali. Il Prof. Di Bella che era stato emarginato dai circoli di potere politico accademici, oltre che per i risultati ottenuti, è stato tanto odiato e vilipeso da questi signori anche perché è stato in grado di bloccare per 9 anni, il programma di asservimento della terapia e della ricerca alle logiche di potere e del fatturato e di recuperare la dignità e autonomia del medico da condizionamenti commerciali.

Particolarmente appropriato al Prof. Di Bella l’aforisma di Terenzio:

“Obsequium amicos, veritas odium parit,” che tradotta letteralmente, significa:

"L'adulazione procaccia amici, la verità attira l'odio" (Terenzio, Andria, a. I, sc. I, verso 68).
Chiarificatrice e rilevante sul piano umano e scientifico la biografia del Prof. Di Bella “Il poeta della scienza”, Casa editrice Mattioli (tel 0524 530383), così come lo scritto sull’etica medica del Prof. Di Bella (http://www.metododibella.org/it/notizie/20...ml#.VknOSfBd5D8).

Se la gente non si rende conto, se non si mobilita, e non si crea un movimento di opinione, non violento ma attivo e deciso a rivendicare diritti fondamentali e valori irrinunciabili, come nel 1998, si assisterà ad una continua progressione della speculazione indiscriminata sulla sanità, con totale assoluto disprezzo della verità, della salute e della vita. Quanto mai attuale l’affermazione di George Orwell:

“Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”. (G. Orwell, La Fattoria degli Animali).


Per i tanti genuflessi in zelante e servile adorazione di ogni moda, prodotto pseudoculturale e scientifico proveniente dal mondo anglosassone, era inconcepibile, irritante, provocatorio, che un italiano, emarginato dal mondo accademico e dai circoli di potere, in piena autonomia, senza finanziamenti statali, senza i milioni delle vendite nelle piazze di azalee, arance, ortaggi e verdure varie, questue televisive e “giornate della vita” malgrado l’atteggiamento sempre più minaccioso e intimidatorio del potere, abbia osato sfidare colossi e santuari mondiali della ricerca oncologica, gigantesche e inutili cattedrali, generose e instancabili dispensatrici di illusioni e di morte (basta considerare la fine di tre componenti della più nota famiglia di imprenditori italiani, di Pavarotti, di Raissa Gorbaciova, di re Hussein, ecc...), e abbia intuito, concepito, formulato e praticato, in piena autonomia, la prima terapia veramente causale, razionale, scientifica, efficace, tollerata, nella patologia neoplastica.

Prof.Giuseppe Di Bella

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La lobby dei malati di cancro. Il paziente come stakeholder

Negli Stati Uniti non è raro il ricorso a stereotipi etnici negativi per sminuire e deridere. Gli irlandesi sono ubriaconi, i polacchi stupidi, gli italiani imbroglioni, se non mafiosi. Renzo Tomatis ha raccontato come in alcuni ricercatori italiani che lavorano negli Stati Uniti possa svilupparsi per reazione un “nazionalismo di ritorno” (1). E’ successo anche a me, quando ero resident clinico in anatomia patologica a Boston. Ai tempi di Tangentopoli il direttore mi disse, con un tono lievemente beffardo, di avere visto in tv che in un ministero Italiano era stata trovata una stanza piena di valigette vuote, usate per consegnare mazzette. Insultando mentalmente i corrotti nostrani, risposi che l’Italia si sarebbe dotata anch’essa del sistema delle lobby, e non ci sarebbe stato più bisogno di valigette, perché la corruzione sarebbe divenuta legale come negli States.

In USA l’industria farmaceutica dal 1998 al 2014 ha speso 2.9 miliardi di dollari in “lobbying expenses” (2). Più di qualsiasi altra industria (questa non è l’unica voce nel capitolo di spesa sull’acquisto di appoggi, né è la maggiore (3)). Il deputato USA Sherrod Brown ha commentato: “Con tutto il dovuto rispetto, quando l’industria farmaceutica dice “salta” questa commissione e questo Congresso saltano: quando l’industria medica vuole che passi una certa legislazione si precipitano ad approvarla”. (4). Mentre scrivo è emerso che Tim Kaine, appena nominato da Hillary Clinton suo vice in caso di elezione alla presidenza, quando era governatore della Virginia ricevette 160 000 $ in regali da tre lobby, tra le quali quella della Barr Pharmaceuticals, controllata dalla Teva; donazioni legali in quanto dichiarate (5). Trump dice che è corruzione.

Il lobbismo è elemento portante di un particolare genere di corruzione, funzionale al liberismo, del quale in Italia non si parla, la “corruzione istituzionale” dove i politici e gli altri poteri dello Stato non prendono mazzette sottobanco ma ottengono benefici in forma legale, come regalie, vantaggi di carriera, cariche, sinecure in grandi aziende, in cambio del legalizzare e favorire interessi di parte. L’industria biomedica è stata presa a paradigma di tale tipo di corruzione (6,7). La corruzione istituzionale è anche istituzionalizzazione della corruzione; necessita di figure istituzionali modeste, incolori e modellabili come manichini dietro all’aspetto e alla parlantina mediaticamente efficaci.

Il processo di americanizzazione dell’Italia sta includendo anche l’introduzione del lobbismo. Giorni fa Di Maio, figura di punta dei 5 Stelle, l’ha perorata, fingendo di volerla contrastare: “Io non ce l’ho con le lobby” ma “il rapporto tra portatori di interessi e politica va regolato per legge”. Ha aggiunto che “Esiste la lobby dei petrolieri e quella degli ambientalisti, quella dei malati di cancro e quella degli inceneritori. Il problema è la politica senza spina dorsale, che si presta sempre alle solite logiche dei potentati economici decotti”. Il considerare i malati di cancro come una lobby ha sollevato indignazione (distraendo dall’osservazione che l’influenza dei potentati economici è pure un grosso problema, che può essere aggravato dal legalizzarla). E’ stata diffusa la versione che si è trattato di una gaffe e Di Maio si è scusato; il pubblico è stato rassicurato. Ma non è stata una gaffe, se non nel senso di avere suscitato nel pubblico una reazione di rigetto al primo impatto di un ideologismo liberista che è comunque nell’agenda non dichiarata che i politici devono eseguire.

Di Maio o chi gli scrive i testi è slittato dal concetto di lobby a quello contiguo di “stakeholder”, “azionista” e per estensione “portatore di interessi”. Per il liberismo es. la proprietà di un’azienda che inquina è uno stakeholder insieme ai cittadini esposti, allo Stato e le amministrazioni locali, ai dipendenti, etc. Questo ambiguo porre sullo stesso piano, come partizioni di una stessa torta, interessi eterogenei, compresi tornaconti privati contingenti e diritti sanciti, viene applicato anche in medicina. Gli stakeholder del cancro sarebbero il malato, i curanti, le ditte farmaceutiche e gli altri fornitori, i ricercatori etc. L’interesse del malato ai migliori trattamenti possibili non è più privilegiato, non è una costante garantita e intangibile, ma compete con altri interessi. Gli stakeholder forti, lobby autentiche e potenti che manovrano miliardi di dollari e ungono abbondantemente i vari decisori, possono aumentare il rendimento delle loro “quote” facendo prescrivere cure inutili o cure dannose che richiederanno altre cure, facendo sovradiagnosticare e cronicizzare, ottenendo dallo Stato l’abbassamento dei criteri di approvazione di nuovi farmaci etc. In pratica un grave un “furto di utilità” a danno del paziente. In USA gli stakeholder deboli, i malati, sono incoraggiati a organizzarsi in gruppi di interesse, con tutti i limiti che si possono immaginare data la loro condizione; e con il rischio concreto di strumentalizzazioni (v. sotto). Se occorre vengono considerati anch’essi lobby; a volte con una forzatura, altre con fondamento, perché quando si alleano all’industria (v. sotto) possono movimentare grosse somme e giocare ruoli rilevanti (8).

L’ideologia dei “portatori di interesse” considera, detto con una battuta, che la lepre che fugge dalla volpe e la volpe che vuole la lepre per cena siano entrambe stakeholders; e che volpi e lepri rappresentino quindi gruppi di interesse, cioè lobby, attorno a una stessa questione. Di Maio ha accomunato le volpi del lobbismo affaristico ai malati-lepre. Trascurando inoltre che la lobby dei petrolieri o dell’industria farmaceutica esistono eccome, mentre i malati non fanno saltare molti parlamentari dicendo “salta”. In Italia l’accostamento suona ancora strampalato al grande pubblico, ma è routine nella malsana politica sanitaria USA. Il possibile futuro PdC ha fatto marcia indietro perché il pubblico non ha gradito. Occorrerà del lavoro e del tempo per introdurre anche da noi il lobbismo di chi sta morendo di cancro.

Appare che il ruolo del M5S sia analogo a quello dei “di sinistra”, e dei radicali pannelliani, descritto da Jean-Claud Michea: promuovere elementi del liberismo sotto mentite spoglie progressiste. I 5 Stelle contendono ai DS e ai berlusconiani i favori dei poteri liberisti; praticando in forme nuove e eterodirette la tecnica collaudata di arringare gli elettori come dei Don Chisciotte, farsi eleggere e poi muoversi nel Palazzo come dei Sancho Panza.



Breve approfondimento sugli stakeholder in medicina

La teoria generale degli stakeholder venne introdotta nella sua forma astratta da Freeman, professore di business administration, nel 1984. Vuole essere una teoria etica della corporation (9). J. Abraham, studioso della sociologia dei farmaci, spiega che nello stesso decennio da un lato si negò il concetto di “interessi” (intesi come gli interessi legittimi della gente comune), come ovvio e quindi superfluo, o come autoritario; e nel caso dei pazienti anche come insignificante, non potendo gli interessi degli scienziati, dell’industria farmaceutica e dei clinici che coincidere con quelli dei malati. Dall’altro lato “emerse una simpatia” per gli scritti di Hajek sul potere regolatore del mercato nel distribuire risorse entro la società. Questa “mercatizzazione della società fu elevata a una tale importanza sul presupposto che le persone non abbiano altri interessi oltre a quelli che possono esprimere nel mercato. L’applicazione del discorso degli “stakeholder” riflette l’applicazione di questa filosofia al processo politico. Come per gli altri consumatori [, anche in campo medico] si è assunto che l’analisi si possa fermare alle preferenze politiche espresse dagli “stakeholders” ” (10).

La teoria degli stakeholder si presenta come un’impostazione progressista e socialmente responsabile, che considera oltre agli interessi degli investitori anche quelli degli altri soggetti interessati (in contrapposizione alla “shareholder theory”). Naturalmente è possibile trovare del buono nella tesi che occorre coinvolgere tutte le parti. Ma nella pratica la teoria degli stakeholder – che pone al centro l’impresa e in particolare le corporation – sostituisce a una concezione di limiti fissi all’attività economica, costituiti da diritti e doveri, il conflitto e la composizione “spontanea”, caso per caso, di interessi particolari e di diritti di soggetti diversi. E’ espressione della “cultura dell’egoismo” (11), che incoraggia anche i singoli cittadini ad avanzare rivendicazioni non in nome di principi universali, se non sul piano retorico, ma in nome dei propri interessi particolari, rappresentandoli in gruppo; “definendo i propri interessi nella maniera più ristretta possibile e astenendosi scientemente da qualunque rivendicazione più ampia o dallo stesso tentativo di formulare le proprie rivendicazioni in termini universali.” (11). Una sorta di corporativismo, ciò che voleva il fascismo ma col mercato al posto dello Stato come regolatore principale. Un’altra di quelle razionalizzazioni degli economisti, che vede chi è affetto da malattia e chi dalla malattia trae profitto galleggiare nella stessa acqua secondo la stessa indiscutibile legge fisica. Gli uni su materassini gonfiabili, gli altri su una portaerei.

Gli economisti hanno prodotto anche un modello di quello che dovrebbe essere il corretto rapporto tra paziente e curante: il modello principale-agente. Il medico e gli altri operatori operano, adeguatamente remunerati, come agenti del principale, il paziente, nel suo esclusivo interesse. Sul piano politico, in una visione non antica e ormai passata il paziente viene curato secondo il principio che la società non può abbandonare chi soffre; va curato senza approfittare del suo stato di debolezza, es. evitando di propinargli rimedi inutili o nocivi, perché non si può praticare lo sciacallaggio dei monatti manzoniani; coloro che forniscono cure rendono un servizio professionale o tecnico, scevro da “missioni” pelose ma sensibile alla dimensione etica e categorico nell’escludere ciò che non sia ragionevolmente nel miglior interesse dei malati. Nel nuovo corso il paziente viene ben curato nella misura in cui lo richiede per il suo interesse personale e lo ottiene in base a rapporti di forza; inclusa, in misura crescente, la capacità di pagare per le cure, sempre più costose; ma non più efficaci, in molti casi. Là dove il paziente non arriva a tutelarsi, situazione comune, gli altri stakeholders possono trarne profitto. Anche evitando di risolvere condizioni patologiche reali per trasformarle in rendite; moltiplicando i pazienti attirandoli col pretesto di una “prevenzione” clinica, e creandoli inventando malattie. Una medicina volta all’ottimizzazione del profitto, che evita l’ottimizzazione delle cure quando questa non coincida con la prima. Es. alcuni affetti avversi delle terapie sono utili per gli stakeholder proprietari di ospedali, generando ulteriori cure e quindi profitti, mentre la loro riduzione avrebbe conseguenze finanziarie negative (12).

Il discorso in termini di stakeholders ha favorito altri aspetti dell’applicazione dell’ideologia liberista in medicina, come la “medicina partecipativa”, un altro degli strumenti impiegati dal grande business biomedico per ridisegnare il paziente come consumatore rendendolo in realtà ancor più passivo e menomato nei diritti (13). L’argomento richiederebbe una trattazione a parte. In breve, il paziente dovrebbe considerarsi come possessore di una partecipazione, di una quota, in società con chi lo cura; entrambi stakeholder in un’impresa che sarebbe un’impresa comune. Viene così recuperata, sfruttando le richieste di aiuto e di solidarietà umana del paziente, la favola della coincidenza dei fini; ma fatto salvo il principio che chi apporta le cure ha i suoi propri interessi. Per il paziente la condizione è simile a quella di chi si metta in società con un altro molto più forte e dal quale in realtà dipende. Si vuole che abbiano una partecipazione dei malati e del pubblico come stakeholders anche le scelte di politica sanitaria. Si stanno istituendo a tale scopo “giurie di cittadini” (14); l’AIFA ha organizzato la sezione italiana della “Accademia dei pazienti” (sic) per formare pazienti-regolamentatori (15); ovviamente sotto il patrocinio e la guida di stakeholders esperti e forti, che includono Farmindustria e Assogenerici nel caso della “Accademia”. Si richiede la partecipazione dei malati-stakeholder perfino nella ricerca biomedica (16). In realtà, in USA ma ormai anche da noi la politica sanitaria e la ricerca sono entrambe saldamente e indebitamente in mano alle multinazionali (7). Fingendo di ignorare l’enorme sproporzione dei rapporti di forza e l’enorme asimmetria informativa, si allestisce una partecipazione fantoccio, una parodia del controllo democratico. Al fine di evitare il controllo democratico autentico, che dovrebbe tornare ad essere esercitato con mezzi appropriati da uno Stato che rappresenti i cittadini. Al contrario, mentre si introducono questi ideologismi vagamente allucinatori, studiati per fare presa sull’inclita e sulle persone comuni, si sta provvedendo a depotenziare i già deboli controlli formali istituzionali sui prodotti medici.

Callahan e Wasunna osservano come nella medicina liberista il concetto di stakeholder torni al significato originale di “azionista”: mentre nel rapporto tradizionale il medico ha obblighi morali e professionali ben stabiliti, per l’industria farmaceutica i primi obblighi sono verso gli stakeholders intesi letteralmente, cioè i detentori di azioni, obbligazioni, etc. e non verso il malato che l’industria tratta coi farmaci che vende (17).

Inoltre, le associazioni o “lobby” di malati sono spesso controllate dalle industrie stesse, tramite infiltrati e finanziamenti, quando non create appositamente; divenendo così, a discapito degli aderenti, gruppi di pressione a favore degli stakeholder che considerano le malattie e la paura delle malattie come risorse economiche. Una tecnica di pubbliche relazioni detta “astroturf” (18). I gruppi di persone seriamente malate, come quelli delle persone malate di cancro “non commerciale” cioè autentico e non sovradignosticato (19), dovrebbero chiedere in primo luogo ciò che uno Stato civile dovrebbe assicurare senza farsi pregare, un’ottima assistenza; sia l’assistenza medica realmente possibile, sia quella più ampia che tutela la dignità della persona in condizione di debolezza. Un’assistenza depurata e protetta dagli interessi in conflitto degli altri “stakeholder”. Le “lobby” di malati dovrebbero supportare lo sviluppo di nuove terapie solo una volta ottenuto ciò. Invece spesso le associazioni di pazienti, rappresentando persone che sono vulnerabili alle offerte di speranza, e che vengono irretite con la favola di essere inserite nell’organigramma di una società di stakeholders che ha finalità coincidenti con le loro speranze, chiedono le chimere di terapie miracolose allestite dall’industria tramite la ricerca. Spingendo così per un’allocazione delle risorse che va contro l’interesse e i diritti dei malati che dicono di rappresentare. Di recente in USA c’è stata una rivolta interna in una importante associazione pro malati di demenza senile. La dirigenza è stata accusata di alleanze, lucrose, con le industrie, che portano l’associazione a “vendere malattia” (“selling sickness”), spingendo con la paura a dubbie “diagnosi precoci”, e ad aiutare a vendere farmaci sollevando false speranze di future cure; a scapito delle necessità di assistenza quotidiane di questo genere di malati (8). Ci sono stati gruppi di advocacy di malati di cancro che si opposti all’essere usati per sostituire con appelli alla misericordia la mancanza di valide prove di efficacia dei farmaci “innovativi” che l’industria vuole sfornare a getto continuo (20).

In USA in questi mesi la Serepta Therapeutics sta facendo di tutto per ottenere dai funzionari della FDA (che dipendono dal governo e ricevono parte del loro stipendio dalle ditte che devono controllare (4)) l’approvazione di un farmaco per la distrofia muscolare di Duchenne, l’eteplirsen; dopo avere presentato evidenze di efficacia non valide. Il comitato consultivo scientifico ha negato il parere positivo, e i vertici della pur compiacente FDA appaiono recalcitranti. La Serepta ha adottato una manovra a tenaglia, usando sia la lobby politica che le associazioni dei malati. Da un lato facendo firmare a 109 parlamentari USA una lettera di pressione alla FDA (21). Dall’altro mostrando scene di bambini affetti in sedia a rotelle e i gridi di dolore coi quali i genitori chiedono l’approvazione (22), in una campagna mediatica che aizza l’opinione pubblica (23). La resistenza, inusuale, della FDA agli attacchi congiunti politici/pazienti ha provocato un intensificarsi di previsioni degli analisti della Borsa di New York su questo farmaco (24). Da noi la UILDM insieme a Telethon fa parte del DMD Italian Network, che ha supportato alcuni degli studi clinici che mostrerebbero l’efficacia dell’eteplirsen. E’ interessante osservare che la UILDM, mentre invita a considerare la distrofia muscolare in termini di stakeholder (v. grafico all’inizio), specificando anche distinzioni tra vari tipi, omette di citare gli stakeholder giganti, gli stessi all’opera anche nel caso eteplirsen, cioè le industrie farmaceutiche e gli investitori finanziari; e altri commensali, come i politici, i ricercatori, le agenzie di pubbliche relazioni, i media e gli opinionisti. Per non parlare di quelli che si occupano di reprimere il dissenso. Il concetto di stakeholder è utile a comprendere come sulla malattia vengano allestite delle macchine sociali generatrici di profitto, delle quali gli stakeholder sono le componenti e i beneficiari, di varie dimensioni. C’è una tendenza crescente a remunerare anche il paziente (25, 26) perché giochi la sua parte.



Note
1. Nazionalismo di ritorno. In: Tomatis R. Storia naturale del ricercatore. Garzanti, 1985.
2. Big Pharma. Sito Drugwatch. Luglio 2016.
3. Silverman E. Drug and device makers paid 6.5 billion dollars to docs and teaching hospitals last year. Pharmalot, 30 giugno 2016.
4. Kaufman M. Deal to boost drug approval, oversight; industries agree to higher fees so FDA can hire more employees. The Washington Post, 7 marzo 2002.
5. Lipton E. As pick no.2, Tim Kaine sees gifts come under scrutiny. NY Times, 24 luglio 2016.
6. Light DW et al. Institutional Corruption of Pharmaceuticals and the Myth of Safe and Effective Drugs. J Law Med Ethics, 2013. 14:590.
7. Rodwin MA. Five Un-Easy Pieces of Pharmaceutical Policy Reform. J Law Med Ethics, 2013. 41: 581. Symposium “Institutional corruption and the pharmaceutical industry”.
8. Shipman A. Investigation of Alzheimer’s Association in-fighting didn’t address the role of corporate sponsorships. Health News review, 8 marzo 2016.
9. Freeman RE. A stakeholder theory of the modern corporation. Perspectives in business ethics, 2001. 3: 144.
10. Abraham J. Sociology of pharmaceuticals development and regulation: a realist empirical programme. In: Pharmaceuticals and society. Critical discourses and debates. Williams SJ et al editors. Wiley-Blackwell, 2009.
11. Lasch C. In: Castoriadis C Lasch C. La cultura dell’egoismo. L’anima umana sotto il capitalismo. Eleuthera, 2012.
12. Eappen S. et al. Relationship between occurence of surgical complications and hospital finances. JAMA, 2013. 309: 1599.
13. Tritter J et al. Globalisation, Markets and Healthcare Policy. Redrawing the patient as consumer. Routledge, 2010.
14. Mosconi P et al. Giurie dei cittadini: coinvolgere e deliberare nell’interesse pubblico. Anche l’Italia è un paese di Giurie dei cittadini. R&P, 2015. 31: 149.
15. Accademia dei pazienti Eupati-Italia e AIFA: al via i primi corsi di formazione per pazienti in Italia. Panorama della sanità, 21 gennaio 2016.
16. Selby JV et al. Stakeholder-driven comparative effectiveness research. JAMA, 2015. 314: 2235.
17. Callahan D Wasunna AA. Medicine and the market. Equity and choice. The Johns Hopkins University Press, 2006.
18. Lieberman T. Groups push pharma agenda under the guise of patient advocacy. Health News Review, 10 febbraio 2016.
19. I cancri che non sono cancro. Nel sito menici60d15.wordpress.com
20. Mayer M. Listen to all the voices: an advocate’s perspective on early access to investigational therapies. Clinical Trials, 2006. 3: 149
21. 109 Congressional Representatives Stand with Duchenne. The Jett Foundation – Fighting Muscular distrophy. 18 febbraio 2016.
22. Molchan S. What’s at stake in the FDA’s decision on eteplirsen, an experimental muscular dystrophy drug. Health News Review. 22 giugno 2016.
23. Gortler D. Science, not public opinion, should rule FDA drug approvals. Statnews, 2 giugno 2016.
24. Silverman E. Wall Street betting intensifies over Sarepta’s muscular dystrophy drug. Pharmalot, 5 maggio 2016.
25. Asch DA et al. Effect of financial incentives to physicians, patients, or both on lipid levels. JAMA, 2015. 314: 1926.
26. Kucab P et al. Direct-to-consumer Marketing to People with Hemophilia. PLoS Med, 2016. 13: e1001996.

Fonte https://menici60d15.wordpress.com/2016/07/...me-stakeholder/

Come vedete il mondo è basato solo sul denero che si può fare,senza alcuna morale o etica.IL NUOVO DIO E' IL DENARO,iLA NUOVA RELIGIONE E' DIVENTARE SEMPRE PIU' RICCHI.COSTI QUEL CHE COSTI.

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CANCRO: LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA E IL CAMBIO DI PARADIGMA

A livello globale sta succedendo qualcosa di molto particolare: le più importanti riviste scientifiche accreditate (quelle col più alto Impact Factor, fattore d’impatto), stanno pubblicando studi e ricerche che minano alla base l’attuale paradigma.
La verità come si sa è figlia del tempo e stiamo assistendo ad un grande, strutturale e dirompente cambiamento scientifico. Il vecchio verrà spazzato via dal nuovo, che ci piaccia o no.
Gli accanimenti vergognosi che si stanno scatenando su tutti quei medici che in Scienza e Coscienza seguono le volontà dei propri assistiti e tralasciano i diktat delle industrie del farmaco vengono sistematicamente tacciati di ciarlataneria e pesantemente minacciati; gli attacchi mediatici dei media mainstream sulle persone che decidono di intraprendere altre strade aldilà della mortiferia chemio indicano esattamente questo.

Le persone stanno prendendo sempre più coscienza su vari fronti: i rischi delle vaccinazioni pediatriche, i grossissimi pericoli di chemio e radio, l’importanza di uno stile di vita sano in primis l’alimentazione, e questo sta facendo tremare il terreno sotto i piedi dell’Industria della malattia, che non guadagna se le persone rimangono sane!
Ricordiamo sempre che il pericolo più grande per il Sistema è il risveglio delle coscienze.

Gli studi qui sotto elencati rappresentano solo una piccolissima parte della mole di lavoro che è stata pubblicata ufficialmente.

Contributo della chemioterapia alla sopravvivenza a 5 anni
Clinical Oncology, dicembre 2004

Nel 2004 una delle più prestigiose riviste di oncologia del mondo, Clinical Oncology pubblica a firma di Grame Morgan (professore di radiologia al Royal North Shore Hospital di Sidney), Robyn Ward (professore oncologo dell’University of New South Wales) e Michael Barton (radiologo e membro del Collaboration for Cancer Outcome Research and Evaluation del Liverpool Health Service d Sidney), un imponente studio osservazionale della durata di ben 14 anni su 227.874 pazienti (72.903 australiani e 154.971 americani) sui 22 tipi di tumori più diffusi.
Il titolo è il “Contributo della chemioterapia citotossica alla sopravvivenza a 5 anni dei tumori in adulti”.
Quando i dati erano incerti gli autori hanno deliberatamente stimato in eccesso i benefici della chemioterapia. Nonostante questo lo studio ha concluso che la chemioterapia non contribuisce più del 2% alla sopravvivenza (Australia 2,3%, Stati Uniti 2,1%).

“Molti medici continuano a pensare ottimisticamente che la chemioterapia citotossica possa aumentare significativamente la sopravvivenza dal cancro”,

scrivono nell’introduzione gli autori.

“In realtà - continua il professor Grame Morgan - malgrado l’uso di nuove e costosissime combinazioni di cocktails chimici… non c’è stato alcun beneficio nell’uso di nuovi protocolli”.

La domanda che sorgere spontanea è: se la chemioterapia citotossica contribuisce nella sopravvivenza a 5 anni per un misero 2%, cos’è accaduto al rimanente 98% delle persone? Sono morti prematuramente? Sono morti per cancro o per la chemio?

Stimare la sovradiagnosi di tumore al seno negli screening
British Medical Journal, 9 luglio 2009

Il BJM pubblica una revisione sistematica a firma di Peter Gøtzsche il direttore del Cochrane Center di Copenhagen sullo screening mammografico.
Lo scopo era quello di stimare l’entità delle diagnosi di tumori innocui (in situ) che non provocano non solo la morte del paziente ma che non danno alcun sintomo, nei programmi di screening di massa.
La meta-analisi che ha revisionato i dati di Regno Unito, Canada, Australia, Svezia e Norvegia, ha stimato una sovradiagnosi del 52%.
Quindi la conclusione dei ricercatori è che

“l'aumento di incidenza di cancro al seno è strettamente connessa con l'introduzione degli screening”.

Della serie: più screening facciamo e più tumori trovano.
Ma di quali tumori stiamo parlando? Piccoli tumori in situ che non creano nessun problema alla salute, possono rimanere nel seno per tutta la vita o addirittura venir riassorbiti, oppure si tratta di un cancro pericoloso? La diagnosi precoce non fa alcuna distinzione.
Per fortuna

“1 su 3 dei tumori al seno rilevati è sovradiagnosi”,

cioè non rappresenta un problema per la salute…

I trattamenti chemioterapici nel cancro alla prostata inducono chemio-resistenza
Nature, 5 agosto 2012

La rivista con uno dei più alti Impact Factor (Fattore di impatto) al mondo pubblica uno studio dal titolo: “Treatment-induced damage to the tumor microenvironment promotes prostate cancer therapy resistance through WNT16B” .
Questo studio evidenzia che la chemioterapia usata per combattere il cancro in realtà può stimolare nelle cellule sane circostanti la secrezione di una proteina (WNT16B) che sostiene la crescita e rende 'immune' il tumore a ulteriori trattamenti.
Analizzando gli effetti di un tipo di chemioterapia su tessuti raccolti da pazienti affetti da tumore alla prostata, sono state scoperte "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La scoperta che

"l'aumento della WNT16B...interagisce con le vicine cellule tumorali facendole crescere, propagare e, più importante di tutto, resistere ai successivi trattamenti anti-tumorali...era del tutto inattesa",

ha spiegato il co-autore della ricerca Peter Nelson del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle nello stato di Washington.

"I nostri risultati - hanno spiegato i ricercatori - indicano che il danno nelle cellule benigne può direttamente contribuire a rafforzare la crescita 'cinetica' del cancro", e questo ha trovato conferma anche nei tumori al seno e alle ovaie.
In pratica questo studio dimostra che la chemioterapia è in grado di “rafforzare la crescita del cancro”.

La mammografia non salva la vita
British Medical Journal, 11 febbraio 2014

Il BJM pubblica uno studio canadese eseguito su 90.000 donne durato 25 anni per verificare se la mammografia è in grado di salvare vite umane.
Questo studio afferma innanzitutto che “la mammografia non salva la vita”, e che “almeno per 1 paziente su 5 la diagnosi di tumore è sbagliata”.
La diagnosi precoce, cioè la mammografia, al contrario di quello che si aspettavano i medici, al confronto della semplice palpazione, non riduce la mortalità, anzi porterebbe a sovrastimare e quindi a sovradiagnosticare spingendo a cure invasive e tossiche assolutamente non necessarie.

Metà della ricerca medica è falsa!
The Lancet, 11 aprile 2015

"Gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, potrebbe essere semplicemente falsa. Le problematiche sono molteplici: studi con campioni di piccole dimensioni, effetti molto piccoli, analisi esplorative non valide e palesi conflitti di interesse, insieme a un'ossessione per il perseguimento di tendenze (mode) di dubbia importanza. La scienza ha preso una piega verso il buio”.

Così scrive Richard Horton, caporedattore del Lancet.
Il dottor Horton ha recentemente dichiarato che moltissime delle ricerche pubblicate sono, nella migliore delle ipotesi, inaffidabili, se non completamente false.
Quindi le cosiddette riviste mediche credibili stanno sempre più perdendo credibilità agli occhi degli esperti, e perfino dei collaboratori delle riviste stesse.
La colpa è di molti attori in gioco: da una parte i redattori delle riviste che aiutano ed incoraggiano i peggiori comportamenti, dall’altra c’è una enorme quantità di ricerca spazzatura che fa comodo alle lobbies per sostenere le teorie ufficiali e andare contro al nuovo che si sta facendo breccia nella scienza.

Errori medici la terza causa di morte negli Stati Uniti d’America
Medical Journal, 16 maggio 2016

Un recentissimo studio pubblicato dal British Medical Journal ha dell’incredibile: l’errore medico non è incluso nei certificati medici e nelle statistiche riguardanti le cause di morte.
Un report del 2004 riguardante i decessi di pazienti ricoverati negli ospedali riferita alla popolazione con assistenza sanitaria stimò che 575.000 decessi sono stati causati da errori medici tra il 2000 e il 2002.
Se tale media venisse applicata a tutte le ammissioni registrate negli ospedali statunitensi nel 2013 il numero delle morti diventerebbe più di 400.000 all’anno!
Questo studio dimostra che le morti per cause iatrogene sono molto sottostimate e quindi gli errori medici sono una delle prime tre cause di morte (le altre sono cancro, malattie cardiovascolari) a livello mondiale.

Dal 50 al 90% dei tumori alla tiroide sono sovradiagnosi
New England Journal of Medicine, 18 agosto 2016

Una ricerca sul cancro alla tiroide arriva dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) di Lione e dall’Istituto Nazionale Tumori CRO di Aviano.
Lo studio - assai poco pubblicizzato - è stato pubblicato sul NEJM.
La diagnosi di tumori alla tiroide negli ultimi 20 anni ha visto una impennata del 200%, ma - precisano gli esperti che hanno firmato lo studio – non si tratta di una epidemia.
I casi sono in crescita ma si tratta di sovradiagnosi.
Una quota elevatissima che varia tra il 50 e il 90% è infatti sovradiagnosi!
Si tratta di carcinomi in situ del tutto innocui che non creano nessun problema alla salute e soprattutto non vanno assolutamente curati, non necessitano di alcun trattamento.
Gli studiosi hanno usato nella loro analisi i dati dei registri tumori di 12 Paesi: Australia, Danimarca, Inghilterra, Finlandia, Francia, Italia, Giappone, Norvegia, Corea, Scozia, Svezia e Stati Uniti.

«Paesi come Usa, Italia e Francia hanno tassi maggiori di sovradiagnosi dovuti all’introduzione e all’ampia diffusione, dagli anni Ottanta in poi, dell’ecografia - spiega Salvatore Vaccarella, autore principale dello studio. E lo stesso è avvenuto recentemente nella Repubblica Coreana, dove il carcinoma tiroideo è diventato il cancro più frequente nel sesso femminile, ma nel 90% dei casi identificati tra il 2003 e il 2007 si tratta di sovradiagnosi».

Questo studio dimostra inequivocabilmente che più esami diagnostici si eseguono e più aumenta il numero delle diagnosi di tumore. Questo discorso non è valido solo per la tiroide ma per qualsiasi altro organo: seno, prostata, intestino, polmone, ecc.
Sapere questo è di vitale importanza perché la stragrande maggioranza dei casi di diagnosi di tumore si tratta di sovradiagnosi, cioè di situazioni innocue per la salute, ma il paziente e il medico ovviamente non lo sanno. Cosa fare allora?

La chemio uccide oltre il 50% dei paziente entro un mese dalla cura
Lancet Oncology, settembre 2016

Il famoso Lancet Oncology se ne esce con uno studio estremamente interessante che lancia un allarme sulla nocività della chemio.
Il trattamento principe del cancro è imputato di uccidere oltre il 50% dei pazienti entro il primo mese dall’inizio della cura.
Lo studio ha preso in considerazione 23.000 donne e 10.000 uomini con carcinoma polmonare. Di questi 9.634 sono stati sottoposti a chemio nel 2014 ed entro 30 giorni ne sono morti 1.383
L'indagine ha rilevato che in Inghilterra circa l’8,4% dei pazienti con cancro del polmone e il 2,4% di quelli con tumore al seno sono deceduti entro un mese dall’avvio del trattamento. Ma in alcuni ospedali il tasso di mortalità per chemioterapia contro il carcinoma polmonare è risultato addirittura del 50,9%.
Se un paziente muore nelle prime settimane dall’inizio della cura non è stato certo il cancro ad ucciderlo, e se quindi non è stata la malattia è stata la “cura”

Fine del paradigma

Secondo lo storico e filosofo della scienza Thomas Samuel Kuhn le rivoluzioni scientifiche segnano i diversi momenti della storia della scienza.
La prevalenza di un dato paradigma segna una fase di “scienza normale” e in questa fase il paradigma dominante non viene mai messo in discussione.
In questa fase i protocolli e le cure ufficiali non si toccano.
Quando invece sorgono quelle che lui chiamava “anomalie” (noi le possiamo identificarle con studi ufficiali che vanno in direzione contraria a quella della visione odierna, e anche con l’aumento delle persone che prendono coscienza in ambito salutistico e terapeutico) si formano delle situazioni di crisi.
L’accumulo di queste ‘anomalie’ sfociano in una vera e propria “rivoluzione scientifica” contraddistinta dall’adozione di un nuovo paradigma.
Tale adozione di fatto istituisce una nuova comunità scientifica, ed è forse quello che stiamo vedendo accadere nella nostra società…

Fonte: http://disinformazione.it/Cancro_cambio_paradigma.htm

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view post Posted on 20/10/2016, 16:11

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IL VACCINO PUÒ CAUSARE AUTISMO. LO DICE IL BUGIARDINO.

parte di bugiardino di un vacino
www.luogocomune.net/LC/images/tripedia.jpg

Una delle reazioni avverse ai vaccini può essere l'autismo. Non lo dice Giorgio Tremante, non lo dice il complottista di turno, lo dice direttamente il bugiardino di un vaccino trivalente prodotto dalla Sanofi-Pasteur. Sta lì, nella lista delle reazioni avverse, infilato distrattamente fra le convulsioni e la cellulite.

Dal bugiardino del vaccino Tripedia, che potete scaricare direttamente dal sito della FDA -http://www.fda.gov/downloads/BiologicsBloodVaccines/Vaccines/ApprovedProducts/UCM101580.pd - americana, leggiamo:

"Adverse events reported during post-approval use of Tripedia vaccine include idiopathic thrombocytopenic purpura, SIDS, anaphylactic reaction, cellulitis, autism, convulsion/grand mal convulsion, encephalopathy, hypotonia, neuropathy, somnolence and apnea."

Traduzione: "Reazioni avverse denunciate durante l'utilizzo post-approvazione del vaccino Tripedia includono: purpura trombocitopenica idiopatica, sindrome da morte improvvisa del lattante, reazione anafilattica, cellulite, autismo, convulsioni/epilessia, encefalopatia, ipotonicità, neuropatie, sonnolenza, interruzione del respiro." [...]

Il bugiardino fa poi seguire una frase molto ambigua:

"Events were included in this list because of the seriousness or frequency of reporting. Because these events are reported voluntarily from a population of uncertain size, it is not always possible to reliably estimate their frequencies or to establish a causal relationship to components of Tripedia vaccine."

Traduzione: "Questi casi sono stati inclusi nella lista per la loro gravità o per la frequenza delle denunce. Poiché questi episodi sono stati riferiti volontariamente da un numero imprecisato di persone, non è sempre possibile stimare in modo affidabile la loro frequenza o stabilire una relazione causale con i componenti del vaccino Tripedia."

In altre parole: arrivano queste denunce, ma noi le mettiamo semplicemente in un cassetto, senza contarle nè verificarle. Inoltre, anche se questi disturbi sono elencati fra le "reazioni avverse" al nostro vaccino, non è possibile dimostrare che il vaccino ne sia la causa. Quindi noi continueremo a produrlo. Però intanto ci pariamo il culo, e se per caso vuoi denunciarci per aver causato l'autismo a tuo figlio, noi potremo sempre dire che ti avevamo avvisato.

PS: Il bugiardino dice anche: "The vaccine is formulated without preservatives, but contains a trace amount of thimerosal." Traduz.: "Il vaccino è preparato senza conservanti, ma contiene quantità tracciabili di Thimerosal." Ricordate, i famosi "trace amounts" del Thimerosal "scomparso"?

[Grazie a Davide Gramiccioli per la segnalazione].

Fonte: luogocomune.net
Autore: Massimo Mazzucco

Quello che mi fa più schifo è la posizione dei mass media che non fanno altro che gridare "al lupo al lupo"contro il calo delle vacinazioni e delle relative
giuste motivazioni di chi si oppone a farsi vacinare.Quando una sola voce si alza contro le vacinazioni,portando valide motivazioni,ecco che, come in una tana di vipere,,e tramite gli schermi televisivi, si alzano le voci irritate dei procacciatori d'affari(anche medici)delle fameliche industrie farmaceutiche.

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view post Posted on 9/3/2017, 18:02

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VERSO UNA MEDICINA DI REGIME?

L'articolo in questione del Dott. Domenico Mastrangelo, tratta di un argomento delicato,ma che chiarisce molto bene l'enorme potere delle industrie farmaceutiche e della loro totale mancaza di morale ed etica.

Una sintesi sufficientemente descrittiva di quanto emerge da questo trattato, si può trovare nelle parole che vengono attribuite ad un ex vicepresidente della Pfizer e che Richard Smith, già editore capo del British Medical Journal, riporta nella prefazione al libro di Gøtzsche:

“Fa paura pensare a tutte le analogie che ci sono tra queste aziende e la criminalità organizzata. La criminalità organizzata guadagna oscene montagne di denaro dalle sue attività, esattamente come queste aziende. Gli effetti collaterali del crimine organizzato, sono gli omicidi e le morti di molti, esattamente come per queste aziende. La criminalità organizzata corrompe gli uomini politici e molti altri, esattamente come fanno queste stesse aziende”…

Buona lettura

https://autismoevaccini.files.wordpress.co...-di-regime_.pdf

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view post Posted on 23/3/2018, 16:55

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Tanto per ribadire che delle industrie farmaceutiche,e i dottori che le fiancheggiano, non c'è da fidarsi(men che meno nel caso dei vacini).


L’inventore dell’ADHD: “L’ADHD è una malattia fittizia”

Confessione shock sul ‘letto di morte’ dell’inventore dell’ADHD: “L’ADHD è una malattia fittizia”.

Da un articolo di Moritz Nestor – currentconcerns.ch

Nota: Alcuni sedicenti siti antibufala sostengono, in maniera apparentemente convincente, che Eisenberg non avrebbe mai detto o inteso le cose qui descritte. Abbiamo quindi incaricato due traduttori – indipendenti l’uno dall’altro, di madrelingua italiana e tedesca – di verificare la traduzione dell’articolo originale di “Der Spiegel”. Risultato: non solo confermiamo tutto, ma arricchiamo la pagina con ulteriori dettagli. A quanto pare, i bufalari non siamo noi.

La Commissione consultiva nazionale svizzera sull’etica biomedica (NEK, Presidente: Otfried Höffe) ha aspramente commentato l’uso del Ritalin , il farmaco per l’ADHD, nel suo scritto del 22 novembre 2011 intitolato “Il miglioramento dell’uomo mediante agenti farmacologici”, in cui afferma che il consumo di agenti farmacologici altera il comportamento del bambino senza alcun contributo da parte sua: si ottiene, così, una interferenza nella libertà e nei diritti del bambino perché gli agenti farmacologici inducono cambiamenti comportamentali, ma non arrivano ad educare il bambino su come realizzare questi cambiamenti in modo autonomo.

Il bambino viene così privato dell’essenziale esperienza di apprendimento su come agire autonomamente, con conseguente notevole limitazione della sua libertà e alterazione del proprio sviluppo della personalità.

I critici allarmati per il disastro Ritalin ricevono ora supporto da una fonte del tutto inaspettata: il settimanale tedesco “Der Spiegel” ha pubblicato un lungo reportage sull’ADHD nel numero del 2 febbraio 2012. Nella prima parte dell’articolo cita Leon Eisenberg come il padre scientifico dell’ADHD e puntualizza come in America un bambino su dieci sia in trattamento con farmaci anti ADHD (psicostimolanti anfetaminici).

Più avanti riferisce di un’intervista rilasciata dallo stesso Eisenberg a “Der Spiegel” pochi mesi prima di morire, intervista in cui egli manifesta orrore per questo boom di prescrizioni, e prende le distanze da quello che definisce un errore di gioventù, dicendosi convinto che si tratti di problemi psicosociali – non medici:



“L’ADHD è un tipico esempio di malattia fabbricata; la predisposizione genetica è stata sopravvalutata.

Gli psichiatri infantili dovrebbero approfondire meglio i motivi che possono portare a problemi psicosociali: I genitori litigano? Vivono insieme? Ci sono problemi in famiglia?

Queste domande sono importanti ma richiedono molto tempo – mentre prescrivere una pillola è molto più veloce.”


Dal 40 anni, però, la “malattia” di Leon Eisenberg infesta i manuali diagnostici e statistici, prima come “reazione ipercinetica dell’infanzia”, ora come “ADHD”. L’uso di farmaci per l’ADHD in Germania è aumentato in soli diciotto anni da 34 kg (nel 1993) a un record di non meno di 1760 kg (nel 2011) – che è un aumento di 51 volte tanto nelle vendite! Negli Stati Uniti un ragazzo di dieci anni su 10 già ingoia un farmaco per l’ADHD su una base quotidiana. Con una tendenza crescente.

– Cosa dire del “padre scientifico dell’ADHD”?

La sua carriera fu notevolmente ripida, e la sua malattia “fabbricata” ha portato a un vertiginoso aumento delle vendite. Eisenberg ha servito nel “Comitato per il DSM V e per l’ICD XII, e nell’American Psychiatric Association” dal 2006 al 2009, e ha ricevuto il “premio Ruane per la ricerca psichiatrica su bambini e adolescenti”. E’ stato un leader in psichiatria infantile per più di 40 anni per il suo lavoro in studi farmacologici, ricerca, insegnamento e politica sociale e per le sue teorie sull’autismo e la medicina sociale…

E’ stato un membro del “Organizing Committee for Women and Medicine Conference”, alle Bahamas, dal 29 novembre al 3 dicembre 2006, per la Josiah Macy Foundation (2006)”. La Josiah Macy Foundation ha organizzato conferenze con agenti dell’intelligence dell’OSS, e della CIA più tardi, come Gregory Bateson e Heinz von Foerster durante e molto tempo dopo la seconda guerra mondiale.

Tali gruppi hanno commercializzato la diagnosi di ADHD al servizio del mercato farmaceutico e fabbricato su misura per lui un sacco di propaganda e pubbliche relazioni. È questo ciò che lo psicologo americano Lisa Cosgrove e altri investigatori hanno trovato nel loro studio sui legami finanziari tra i membri del gruppo del DSM-IV e l’Industria farmaceutica.

Hanno trovato che dei 170 membri del pannello del DSM, 95 (il 56%) avevano una o più associazioni finanziarie con le aziende dell’ industria farmaceutica. Il 100% dei membri dei pannelli sui ‘Disturbi dell’umore’, la ‘schizofrenia e altri disturbi psicotici’ avevano legami finanziari con le aziende farmaceutiche. I collegamenti sono particolarmente forti in quelle aree diagnostiche dove i farmaci sono la prima linea di trattamento per i disturbi mentali”. E per la prossima edizione del manuale, la situazione è invariata. “Lo stesso vocabolario della psichiatria è ora definito a tutti i livelli dall’industria farmaceutica” ha detto il dottor Irwin Savodnik, assistente professore clinico di psichiatria presso l’Università della California di Los Angeles.

Questo è ben pagato. Un solo esempio: il vicedirettore dell’unità di psicofarmacologia pediatrica al Massachusetts General Hospital e professore associato di psichiatria presso la Harvard Medical School ha ricevuto “1 milione di dollari in guadagni dalle aziende di farmaci tra il 2000 e il 2007″. In ogni caso, nessuno può facilmente aggirare la testimonianza del padre scientifico dell’ADHD: “L’ADHD è un tipico esempio di malattia fabbricata”.

Il compito di psicologi, educatori e medici non è quello di mettere i bambini sotto farmaci solo perché l’intera società non può gestire i prodotti delle teorie sbagliate di qualcuno, dandoli così in pasto alle società farmaceutiche. Ritorniamo piuttosto al principio di base che è quello di far acquisire al bambino responsabilità personale sotto una guida esperta – come la famiglia e la scuola: In questi campi, il bambino dovrebbe essere in grado di crescere, anche mentalmente.

Articolo originale: currentconcerns.ch (versione pdf) https://www.ccdu.org/sites/default/files/m...ous-disease.pdf
Articolo di Der Spiegel: spiegel.de (versione pdf) https://www.ccdu.org/sites/default/files/m...06_83865282.pdf

Citazione da Der Spiegel:



“ADHS ist ein Paradebeispiel für eine fabrizierte Erkrankung”, sagte Eisenberg. “Die genetische Veranlagung für ADHS wird vollkommen überschätzt.”
Stattdessen sollten Kinderpsychiater viel gründlicher die psychosozialen Gründe ermitteln, die zu Verhaltensauffälligkeiten führen können, sagte Eisenberg.

Gibt es Kämpfe mit den Eltern, leben Mutter und Vater zusammen, gibt es Probleme in der Familie? Solche Fragen seien wichtig, aber sie nähmen viel Zeit in Anspruch, sagte Eisenberg und fügte seufzend hinzu: “Eine Pille verschreibt sich dagegen ganz schnell.”

fonte www.ccdu.org/comunicati/inventore-adhd-malattia-fittizia

orso in piedi

P.s con questo si evidenzia la malafede delle industrie farmaceutiche,veri e propri criminali.In secondo luogo,come i debunkers siano una razza in via di estizione,viste le bufale enormi e continue che vogliono propinarci,e di cui la gente, oramai, si è accorta.
Meglio tardi che mai.
 
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view post Posted on 13/11/2020, 14:04

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Cancro,le cure proibite
 
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view post Posted on 17/11/2020, 13:27

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Boom di vaccini, calo della popolazione: legame tra il vaccino HPV e l’incremento dell’infertilità?


Le giovani generazioni di America, nel Regno Unito, in Francia, Italia, Giappone, Australia – praticamente ogni paese occidentale – sono afflitte da un rapido aumento del tasso d’infertilità.

Una piaga sta dilagando in silenzio a livello globale. Le giovani generazioni di America, nel Regno Unito, in Francia, Italia, Giappone, Australia – praticamente ogni paese occidentale – sono afflitte da un rapido aumento del tasso d’infertilità.



Questa primavera, gli Stati Uniti hanno riportato il più basso tasso di natalità degli ultimi 30 anni, nonostante la crescita economica. Il tasso di nascite della Finlandia è precipitato a un minimo mai visto in 150 anni. Il Presidente Russo Vladimir Putin ha recentemente introdotto una serie di riforme mirate ad arginare il «profondo declino demografico». Il governo danese ha introdotto una campagna pubblicitaria per incoraggiare le coppie a «farlo per la Danimarca» e concepire in vacanza, e la Polonia ha prodotto una campagna esortando i suoi cittadini a «riprodursi come conigli».

Qualcosa sta privando giovani donne e uomini della loro capacità di procreare e la sanità pubblica ammette che non ha la più pallida idea da dove iniziare per rimediare all’emergente priorità.



La «bomba demografica» alla quale tutti noi eravamo stati avvisati dagli ambientalisti, ha mancato l’esplosione, e invece, i demografi hanno cercato di accrescere l’allarme riguardo la crisi dell’implosione demografica che si sta dispiegando in tutto l’Occidente – la società sta affrontando un invecchiamento demografico senza precedenti, e in futuro ci saranno troppo pochi giovani a dare supporto agli anziani.



Molto spesso, incolpano i fattori sociali: giovani donne che abbracciano la carriera piuttosto che la maternità, uomini che evitano il matrimonio o la paternità, incrementando il consumismo o le coppie che scelgono di ritardare la formazione della famiglia fino al raggiungimento di una stabilità economica.



Ma c’è un altro fenomeno che viene citato di rado – l’aumento del numero di giovani che non ha figli, non per scelta, ma per l’incapacità di concepirne.

I Centres for Disease Control riferiscono che più del 12% delle donne Americane – una su otto – ha difficoltà a concepire un figlio



I Centres for Disease Control (Centri per la Prevenzione delle Malattie, NdT) riferiscono che più del 12% delle donne Americane – una su otto – ha difficoltà a concepire un figlio. Anche la fertilità maschile sta precipitando, e l’andamento è globale. Qualcosa – od alcune cose – stanno privando giovani donne e uomini della loro capacità di procreare e la sanità pubblica ammette di non avere la più pallida idea di dove iniziare per rimediare all’emergente priorità. Aldilà delle chiacchiere sull’estendere l’accesso alle costose e rischiose tecnologie riproduttive artificiali, è stato fatto molto poco per discernere le cause della crescente crisi dell’infertilità.



Così, all’inizio di questo mese, quando uno studio inedito, reso pubblico, che ha esaminato un database di più di otto milioni di donne americane e ha evidenziato un sonoro aumento del 25 per cento di sterilità associato ad una diffusa medicina che le giovani donne hanno assunto per solo un decennio – in tandem con un marcato declino nella fecondità – avreste pensato che ci sarebbe stato un interesse significativo da parte della sanità pubblica, dei professionisti medici e dei media, no?

È stato fatto molto poco per discernere le cause della crescente crisi dell’infertilità



Un Denominatore Comune Dietro i Tassi di Crescita dell’Infertilità
Invece, tutti e tre questi colossi rimangono silenti come una pietra.

Il motivo? Uno studio, pubblicato nel corrente numero del Journal of Toxicology and Environmental Health, esamina la capacità di procreare da parte di donne che sono state vaccinate contro lo Human Papilloma Virus (HPV) – rispetto a coloro che non lo sono state – e i risultati sono agghiaccianti.

Uno studio esamina la capacità di procreare da parte di donne che sono state vaccinate contro l’HPV e i risultati sono agghiaccianti



Nessuno nella sanità pubblica, media medici o principali, i quali sono invischiati nel business lucrativo di questo vaccino, osa porre in dubbio il mantra sulla «sicurezza ed efficacia» che hanno promulgato riguardo i prodotti farmaceutici «di gran successo» della Merck e GSK che valgono miliardi.



Lo studio è a cura di Gayle DeLong, docente di economia e finanza al Baruch College, University of New York. La DeLong ha osservato che il declino del tasso di natalità in America è precipitato in anni recenti – dal 118 per 1.000 nel 2007, al 105 nel 2015 per il gruppo di età tra i 25 e i 29 anni.



Il vaccino HPV fu approvato dalla Food and Drug Administration per essere usato negli USA dal 2006 per prevenire il cancro alla cervice uterina – una malattia per la quale le donne hanno un rischio di diagnosi dello 0,6%. Benché negli Stati Uniti venga più frequentemente diagnosticata all’età di 47 anni, è stata divulgata in massa, inizialmente mirando alle ragazze dagli 11 ai 26 anni (e da allora commercializzato ai ragazzi sin dai 9 anni per prevenire rari cancri anali e del pene – una malattia che colpisce lo 0,2% degli uomini nel corso della vita).

Hanno sollevato domande preoccupanti sugli impatti documentati che hanno alcuni componenti contenuti nei vaccini, sulla riproduzione (qualcuno direbbe negligenza criminale) nei test preliminari sui vaccini e hanno concluso che fosse urgentemente necessaria un’ulteriore ricerca… ai fini della salute della popolazione e della sicurezza vaccinale pubblica.



La dottoressa DeLong aveva letto di un caso di studio nel British Medical Journal a cura di Deirdre Little, una dottoressa australiana e Harvey Ward, che descrisse di una ragazza di 16 anni alla quale si era interrotto il ciclo mestruale dopo aver ricevuto il vaccino HPV e le fu diagnosticata l’insufficienza ovarica prematura.



Nel 2014, i dottori pubblicarono una serie di casi di più adolescenti che erano entrate in menopausa prematura – un fenomeno descritto da Little e Ward come solitamente «così rara da essere sconosciuta». Hanno sollevato domande preoccupanti sugli impatti documentati che hanno alcuni componenti contenuti nei vaccini, sulla riproduzione (qualcuno direbbe negligenza criminale) nei test preliminari sui vaccini e hanno concluso che fosse «urgentemente necessaria un’ulteriore ricerca… ai fini della salute della popolazione e della sicurezza vaccinale pubblica».



Inoltre, tra il 2006 e il 2014, il Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) (Sistema di Segnalazione di Reazione Avversa da Vaccino, NdT) cita 48 casi di danno ovarico associato a reazioni autoimmuni agli ingredienti presenti nel vaccino HPV. Tra il 2006 e il Maggio 2018, VAERS ha catalogato altre questioni sulla riproduzione: aborto spontaneo (256 casi), amenorrea (172 casi), mestruazioni irregolari (172 casi), dei quali tutti rientrano probabilmente nei sintomi riportati.



Tutto ciò ha intrigato DeLong, che ha seguito per anni il dibattito sui vaccini e non fa mistero del fatto che ha due figlie, 18 e 21 anni, entrambe diagnosticate con spettro autistico, delle quali ha visto il regredire del loro sviluppo e isolamento dopo essere state vaccinate nei primi anni di vita.



«Sono scettica riguardo la scienza dei vaccini e gli studi fatti o non fatti, sulla loro sicurezza», dice.



Ha iniziato ad analizzare le informazioni raccolte dal National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES), il quale ha rappresentato 8 milioni di donne tra i 25 e i 29 anni che vivevano negli Stati Uniti tra il 2007 e il 2014.



Utilizzando la regressione logistica, ha abbinato le donne giovani ad altre variabili, compresa l’età, e ha confrontato la gravidanza come un esito in quelle che avevano ricevuto il vaccino HPV paragonate a coloro che non avevano ricevuto nessuna iniezione.

Circa il 60% delle donne che non aveva ricevuto il vaccino HPV era stata incinta almeno una volta rispetto al solo 35% di donne che avevano avuto un’iniezione del vaccino HPV che non aveva mai concepito.



«Volevo solo vedere se c’era un problema», dice DeLong. «Certamente non mi aspettavo di trovare una tale forte associazione». Circa il 60% delle donne che non aveva ricevuto il vaccino HPV era stata incinta almeno una volta rispetto al solo 35% di donne che avevano avuto un’iniezione del vaccino HPV che non aveva mai concepito.



Anche per le donne sposate, il gap era circa del 25%: il 75% di quelle che non avevano ricevuto il vaccino HPV avevano concepito, mentre solo il 50% di quelle vaccinate erano state gravide.



«I risultati suggeriscono che le femmine vaccinate con HPV avevano meno probabilità di rimanere gravide di quelle che, nel gruppo con la stessa età, non erano state vaccinate», dice lo studio. Si conclude, come fanno tutti gli studi come questo, che i dati indicano un’associazione, non una casualità, tra il nuovo vaccino e la fertilità ridotta, ma che un ulteriore studio è legittimo.



Se l’associazione è la causa, in ogni caso, la matematica di DeLong suggerisce che se tutte le femmine coinvolte in questo studio avevano ricevuto il vaccino HPV, il numero delle donne che ha mai concepito sarebbe sceso a due milioni.



Sono due milioni di donne che non possono concepire uno, due, o più bambini

Questo non significa due milioni di bambini non nati. Sono due milioni di donne che non possono concepire uno, due, o più bambini. Sono milioni di bambini Americani che mancano da un’unica coorte. La conseguenza, considerando la vastità della campagna sul vaccino HPV a livello globale mirata ad entrambi maschi e femmine dai nove anni in su, è sconcertante.



La Risposta Scettica
Gli scettici sono difensori affidabili dell’industria del vaccino. Gli scienziati «da poltrona» che spesso si nascondono dietro pseudonimi, hanno una sorta di schizofrenia riguardo ai vaccini. Insistono che i vaccini sono farmaci potentemente immunomodulanti in grado di modificare la risposta del sistema immunitario verso l’esposizione alle infezioni.



Ma non possono accettare che, come tutti i farmaci, i vaccini possono e causano migliaia di reazioni avverse a lungo termine documentate – in particolar modo perché sono stati concepiti per indurre una produzione ritardata di anticorpi a cura del sistema immunitario che è adattabile. Siccome queste reazioni sono mediate dal sistema immunitario, sono differenti, imprevedibili e profonde.

«I risultati suggeriscono che le femmine vaccinate con HPV avevano meno probabilità di rimanere gravide di quelle che, nel gruppo con la stessa età, non erano state vaccinate»



Come ci si aspettava, gli scettici hanno accolto la ricerca di DeLong con attacchi beffardi e personali (se pure non scientifici). Hanno criticato duramente la sua mancanza nell’includere informazioni sull’uso dei contraccettivi. Di conseguenza, DeLong intende aggiungere quelle informazioni in un addendum sullo studio, ma ciò che ha trovato e riportato sul sito web Age of Autism dà solo supporto alle scoperte dello studio.



Tra le donne sposate del sondaggio, il 36,6% di quelle che aveva fatto il vaccino HPV disse al NHANES che stavano usando la contraccezione (almeno la metà delle volte il preservativo, contraccettivi o in alternativa iniettabili), paragonate a più della metà (51,5%) di quelle che non avevano fatto il vaccino – una differenza quasi del 15%.



Un minor utilizzo di contraccettivi dovrebbe tradursi in una maggiore nascita di bambini tra le vaccinate. Ma, in questo studio, pare che le donne vaccinate in realtà stavano cercando più seriamente di concepire (o almeno non troppo preoccupate a riguardo) ma comunque avendo meno fortuna – cosa a sfavore della disputa degli Scettici.



DeLong «non è nemmeno un’epidemiologa» ribattevano gli scettici (in altre parole, spara al messaggero se non ti piace il messaggio). Ai quali lei risponde «No. Non lo sono. Sono una statista, comunque. Sarei grata se gli epidemiologi facessero il loro lavoro e conducessero questa ricerca pienamente». Questo è esattamente ciò che il suo studio ha richiesto. Se l’avessero fatto, le madri dei bambini danneggiati dal vaccino non sarebbero state necessarie.



Donne Sterili Escluse dallo Studio sulla Sterilità

DeLong cita un altro studio, dalla Scuola della Sanità Pubblica dell’Università di Boston e dall’Institute Research Triangle (RTI) nel Nord Carolina, il quale non ha trovato un’associazione tra la vaccinazione HPV e la fertilità danneggiata. Curiosamente, l’Università di Boston è stata il contenitore di decine di milioni di promotori a livello globale della Fondazione Bill and Melinda Gates, così come per RTI, un’organizzazione che ha ricevuto più di 47 milioni di dollari in sovvenzioni in anni recenti.



RTI ha pubblicato un numero di studi recenti sul vaccino HPV, includendone uno fondato dall’unione con GlaxoSmithKline (un produttore di vaccini) sulla sicurezza del vaccino HPV della compagnia stessa, e un altro, mettendo in guardia le agenzie della sanità pubblica di «prendere misure speciali per assicurare che il loro messaggio non fosse percepito come sponsorizzato dalle compagnie farmaceutiche» per timore che incitasse «ridotta approvazione e fiducia» da parte dei genitori che saranno meno inclini a far somministrare il vaccino HPV ai loro figli.

«Queste potrebbero essere le donne con “seri” problemi di fecondità – dice DeLong –ma sono proprio quelle che dovrebbero essere incluse».



Lo studio dell’RTI riguardo gli impatti del vaccino HPV sulla fecondità era basato su ciò che le pazienti ricordavano riguardo l’essere state vaccinate (ricordate prima quanto gli scettici avessero da ridire sulle informazioni date da se stessi?). Ma lo studio non controllò un ulteriore fattore importante sulla fertilità – l’età. In questo contesto l’età non riguarda solo i possibili effetti del vaccino stesso sulla fertilità, ma la fertilità è drammaticamente alterata in favore dei giovani e lo studio mette insieme le diciottenni con le trentenni.



Inoltre, all’inizio, escludeva 881 donne su un gruppo di 5.020 perché stavano già tentando – senza fortuna – di concepire un bambino da più di sei mesi. Questo ha l’effetto di ridurre nel complesso le scoperte sulla sterilità. «Queste potrebbero essere le donne con “seri” problemi di fecondità – dice DeLong –ma sono proprio quelle che dovrebbero essere incluse».



Il numero degli spermatozoi maschili, nelle ultime decadi è sceso rapidamente – l’anno scorso gli scienziati hanno pubblicato dei dati che mostrano che globalmente, sono scesi del 50 percento solo negli ultimi 40 anni

Problemi ambientali
Certamente, molti fattori ambientali potrebbero influire sulla fertilità femminile. Il crollo della fertilità maschile è uno di questi. Il numero degli spermatozoi maschili, nelle ultime decadi è sceso rapidamente – l’anno scorso gli scienziati hanno pubblicato dei dati che mostrano che globalmente, sono scesi del 50 percento solo negli ultimi 40 anni – indicando seri rischi ambientali non identificati.



Gli scienziati ambientali hanno indicato tutto, dagli OGM e alluminio tossico (di più su questo argomento più avanti) al Wi-Fi, ai contraccettivi espulsi dalle donne nell’acqua potabile, come cause possibili di scomparsa degli spermatozoi e abbassamento della fertilità in generale.



Ma negli studi della DeLong, questi fattori ambientali influenzano in ugual modo l’intero gruppo di donne. Non c’è motivo per cui le donne che si vaccinano sceglierebbero uomini con un basso numero di spermatozoi, per esempio.

Gli scienziati ambientali hanno indicato tutto, dagli OGM all’alluminio tossico al Wi-Fi, ai contraccettivi espulsi dalle donne nell’acqua potabile, come cause possibili di scomparsa degli spermatozoi e abbassamento della fertilità in generale.



Che cosa c’è nel vaccino HPV?
Dunque, che cos’è che potrebbe non funzionare in un vaccino che ha come bersaglio un virus associato al cancro del tratto riproduttivo? DeLong nota che entrambi i vaccini HPV contengono l’alluminio, un metallo tossico con documentato potenziale di indurre un attacco immunitario verso sé stessi, inclusi gli organi riproduttivi.



I vaccini HPV sono carichi di alluminio: l’originale vaccino Gardasil della Merck conteneva 225 microgrammi di nanoparticelle di alluminio in ognuna delle tre iniezioni, per un totale di 675 microgrammi; il «nuovo migliorato» Gardasil da 9 inienzioni contiene un totale di 1500 microgrammi – un colpo pesante di stimolanti per il sistema immunitario che DeLong pensa potrebbe proprio essere «un punto critico» per i giovani che precedentemente hanno avuto così tante iniezioni di alluminio nel programma delle 50 vaccinazioni prima dell’età scolare.



Entrambi i vaccini HPV contengono l’alluminio, un metallo tossico con documentato potenziale di indurre un attacco immunitario verso sé stessi, inclusi gli organi riproduttivi

Forse è per questo che le iniezioni HPV hanno un numero così alto di denunce di reazioni avverse: 45.277 dalla sua introduzione nel 2006 al maggio 2018 (e queste sono considerate essere ampiamente non denunciate).

La certezza della CDC è basata su informazioni incomplete.



«Alcuni effetti avversi del vaccino contro l’HPV non sono stati ben studiati poiché non sono ben definiti» aggiungono i ricercatori che descrivono un mucchio di malattie, documentate, varie autoimmuni, neurologiche e cardiovascolari subito dopo aver ricevuto il vaccino.

Il CDC dichiara che tutte queste reazioni sono normali e che i vaccini HPV sono sicuri senza impatto avverso sulla maternità o formazione fetale durante la gravidanza.



I sintomi riportati più frequentemente dopo essersi vaccinati sono mal comprese – svenimento, dolore cronico con formicolio o sensazioni di bruciore, mal di testa, fatica, capogiro, nausea e altri sintomi che peggiorano quando si sta in piedi, per esempio.



Il vaccino HPV – così come quello del tetano – in letteratura medica è stato collegato a una condizione chiamata sindrome da anticorpi antifosfolipidi che è una malattia mal definita che si manifesta quando il sistema immunitario produce erroneamente anticorpi contro certe proteine lipidiche che si trovano nelle membrane di un sacco di tessuti – occhi, cuore, cervello, nervi, pelle – e nel sistema riproduttivo.



Uno studio del 2012 a cura di ricercatori serbi all’Institute for Virology, Vaccines and Ser «Torlak», ha trovato che l’«iperimmunizzazione» del sistema immunitario con diversi adiuvanti, incluso l’alluminio, nei topi, è risultato indurre la sindrome da anticorpi antifosfolipidi ed anche l’abbassamento della fertilità.



Vennero trovate alte concentrazioni del metallo, «prova inequivocabile», specialmente nel seme di uomini con basso numero di spermatozoi.

Un’altra ricerca trova implicato l’alluminio nei problemi di concepimento. Un ricercatore sull’infertilità, il francese Jean Philippe Klein e i suoi colleghi all’University of Lyon hanno pubblicato gli esiti del loro studio, svolto nel 2014, sullo sperma di uomini in cerca di assistenza in una clinica francese.



Hanno inviato al laboratorio di ricerca di alluminio di Christopher Exley, alla Keele University in Inghilterra, campioni di liquido seminale di 62 uomini che stavano incontrando problemi d’infertilità, che sono stati macchiati con una sostanza fluorescente di un luminescente blu per mostrare la presenza di alluminio. Vennero trovate alte concentrazioni del metallo, «prova inequivocabile», specialmente nello sperma di uomini con basso numero di spermatozoi.

Vennero trovate alte concentrazioni di alluminio, «prova inequivocabile», specialmente nello sperma di uomini con basso numero di spermatozoi



Evidente fluorescenza e alluminio concentrato nelle teste ricche di DNA dello spermatozoo, ha condotto i ricercatori a riflettere su quale impatto ciò potrebbe avere sull’abilità di procreare e sullo sviluppo di embrioni appena formati.



Deidre Little, il medico di base australiano che ha documentato l’insufficienza ovarica prematura a seguito della vaccinazione HPV, ha criticato anche il fatto che il prodotto della Merck era ingannevole circa il tipo di placebo «salino» usato durante i test del vaccino Gardasil – ha mancato di dire che i «placebo» contenevano sia alte dosi di alluminio che un altro ingrediente terrificante, il polisorbato 80.



Questo ingrediente chimico ha mostrato una tossicità ovarica differita nelle ovaie dei topi su tutte le dosi iniettate testate su una gamma decupla.



Nessuno degli esperimenti valutava accuratamente l’impatto a lungo termine del vaccino sulla salute riproduttiva delle ragazze, dissero Deidre e Ward, aggiungendo che il danno da farmaco alla salute riproduttiva potrebbe richiedere anni o decenni per manifestarsi.

Quale genere di agenzia per la sanità pubblica ignora 45.277 rapporti su eventi avversi – inclusi sintomi neurologici e riproduttivi – tra giovani donne in età fertile?

Domande Urgenti e Senza Risposta
Il problema che tutti vedono ma di cui non vogliono parlare, è, tanto per cominciare, perché il vaccino HPV è così fortemente commercializzato?

Perché produrre un vaccino contro una malattia che colpisce meno dello 0,3% delle persone in tutta la vita?

E perché aggiungere componenti che sono tossici, specialmente alte dosi di componenti che gli scienziati hanno disapprovato, con tossicità documentata, verso gli organi della riproduzione?

Perché non usare un vero controllo negli test sperimentali? Quale tipo di scienziato opererebbe quella tale scienza?

Quale genere di agenzia per la sanità pubblica ignora 45.277 rapporti su eventi avversi – inclusi sintomi neurologici e riproduttivi – tra giovani donne in età fertile?



Rispondere a queste domande risulta molto più arduo di quello che appare. Esistono dei fatti agghiaccianti che sono difficili da mettere da parte. In tempi recenti, nel 2015, vescovi cattolici e attivisti dei diritti umani, hanno accusato le agenzie della sanità pubblica di aver contaminato deliberatamente i vaccini antitetanici somministrati solo alle donne in età riproduttiva in Kenya.

In tempi recenti, nel 2015, vescovi cattolici e attivisti dei diritti umani, hanno accusato le agenzie della sanità pubblica di aver contaminato deliberatamente i vaccini antitetanici somministrati solo a donne in età riproduttiva in Kenya.



Le organizzazioni della sanità pubblica hanno negato di aver avvelenato i vaccini antitetanici con l’ormone Beta gonadotropina corionica umana (Beta-hCG), che induce l’aborto spontaneo – un componente sterilizzante descritto nell’ampia letteratura medica riguardo la ricerca di un vaccino contraccettivo per controllare l’aumento della popolazione. I vescovi kenioti hanno insistito che avevano la prova di laboratorio che era stata ignorata così come erano stati ignorati la questione e lo studio della DeLong.



Un’altra verità sconveniente è che coloro che hanno finanziato il devastante vaccino HPV sono gli stessi che hanno maggior interesse a ridurre i tassi di nascita. Quando Melinda Gates lanciò il suo Family Planning Summit nel 2012 con l’obiettivo di portare i contraccettivi ai poveri del mondo, era chiaro che aveva in mente un’idea su quel goal: «se vedi quello che è successo in altre nazioni ove hanno avuto a disposizione i contraccettivi, li hanno usati loro prima di tutto e i tassi di nascita sono scesi» disse allora.

«La domanda è, avrebbe potuto scendere persino più velocemente?»

Finché non ci sono risposte soddisfacenti al perché l’Occidente stia affrontando una crisi di infertilità, le domande sull’impatto a lungo termine del vaccino HPV sulla sterilità umana, non solo sono lecite e ragionevoli, ma se non rispondiamo ad esse, il futuro è molto tetro.



Benché Gates giurò che la sua campagna «non riguardava il controllo della popolazione», i suoi goal sono gli stessi di coloro che condussero la sterilizzazione di massa degli uomini indiani sulle banchine ferroviarie negli anni ‘70 e che oggigiorno continuano a sterilizzare in massa le donne indiane affinché i tassi di nascita diminuiscano.



Per Gates, il successo non si misura con l’accesso all’acqua pulita o energia o nello sviluppo delle infrastrutture o libertà politica, ma è misurato con l’accesso ai farmaci, farmaci dei quali lei e suo marito hanno delle azioni in borsa: contraccettivi e vaccini.



Il loro successo è misurato con l’esportazione di ciò che la maggior parte dei paesi occidentali stanno affrontando come catastrofe sociale: declino demografico.

Il successo dei Gates è misurato con l’esportazione di ciò che la maggior parte dei paesi occidentali stanno affrontando come catastrofe sociale: declino demografico.



Finché non ci sono risposte soddisfacenti al perché l’Occidente stia affrontando una crisi di infertilità, le domande sull’impatto a lungo termine del vaccino HPV sulla sterilità umana, non solo sono lecite e ragionevoli, ma se non rispondiamo ad esse, il futuro è molto tetro.





Celeste MCGovern

per il Children’s Medical Safety Research Institute



© 29 novembre 2019, Children’s Health Defense, Inc. Questo lavoro è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
 
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